Le gallerie d’arte private, che a Torino vantano una feconda tradizione a partire dal secondo dopoguerra, guardano al futuro dopo il lungo lockdown.

Giuseppe Filippo Biasutti, delegato territoriale dell’ANGAMC (Associazione nazionale gallerie arte moderna e contemporanea) e direttore, con il padre e la sorella, della galleria Biasutti & Biasutti di Torino, risponde a qualche domanda sul “sistema arte” e sul ruolo che hanno svolto-svolgeranno le gallerie private.

1. Non molto tempo fa l’assessore regionale alla Cultura, Turismo, Commercio, Vittoria Poggio, ha definito la cultura “portatrice sana di ricchezza”, quindi bene di assoluta importanza, da tutelare. A Torino, dove l’offerta d’iniziative artistico-culturali non è mai stata carente, le gallerie d’arte (private) hanno ancora una missione culturale, come era stato in passato (penso a gallerie storiche come Notizie, La Bussola, Galatea, etc…) o predominano maggiormente logiche commerciali? La cultura, riferita al nostro ambito, equivale ad una struttura della quale fanno parte artisti, curatori, musei, fiere e gallerie. Queste ultime sono un tassello importante all’interno di un sistema in cui cultura ed economia vanno di pari passo. Quelle sopra riportate rappresentano momenti significativi dell’arte a Torino, potremmo citarne altre come Martano e Narciso ma tutte, con scelte diverse, hanno fatto conoscere gli artisti e creato interesse educativo. Basti pensare a quando, tra gli anni ’80 e il 1993 la GAM, Galleria d’Arte Moderna, era chiusa; le gallerie non volevano sostituirsi ad un importante museo, ma erano il luogo dove si respirava cultura.

2. Com’è cambiato il mercato dell’arte torinese da quando dirige la galleria sino ai giorni prima del lockdown?
Il mercato dell’arte è cambiato, così come i suoi protagonisti, non solo a Torino, ma in tutto il mondo. Più recentemente, dal mio punto di vista, anche l’affluenza in galleria si era ridotta. Penso che la causa sia da attribuire alle troppe trasformazioni che ha subito il nostro settore in un breve arco di tempo: momenti storici difficili, crisi economiche e più interpreti nello stesso ambiente.

3. Se il modello tradizionale di galleria d’arte da tempo è messo in discussione a favore di attività commerciali “nomadi” tra fiere, aste e vendite online, sino al lockdown c’era ancora chi frequentava le gallerie d’arte e andava ai vernissage?
La galleria d’arte come era concepita fino a vent’anni fa e ancor prima, forse, è una rarità. A me piace pensarla così, con una visione romantica, ma con la consapevolezza che ci sono altre situazioni da considerare. La tecnologia, l’on – line, nel nostro lavoro sono utili e in questo momento un valido aiuto, ma ci va sempre equilibrio. Non posso credere che le gallerie vengano meno ad essere il luogo di incontro di artisti, critici, collezionisti come nel recente passato. Il virtuale non può sostituire un rapporto umano. Forse ognuno di noi è un po’ prigioniero del proprio trascorso e io anche.

4. Il Presidente di ANGAMC, Mauro Stefanini, qualche tempo fa ha scritto un appello al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, Dario Franceschini. Nella lettera si legge di quanto le gallerie abbiano risentito duramente della recente situazione. Nel richiedere quindi una qualche azione a supporto di queste attività, pena la loro definitiva chiusura con tutti gli annessi e connessi in termini di perdita culturale, sociale ed economica, viene sottolineata la crisi in cui si trova l’intera filiera lavorativa del settore.

Cosa mi dice in qualità di delegato territoriale dell’ANGAMC?
La nostra associazione, unica di categoria, ha inviato una lettera al ministro Franceschini per richiedere un provvedimento indispensabile per far fronte ad una criticità straordinaria. Un sostegno per i sacrifici che dovranno fare in molti, me compreso.

5. Sempre nella lettera di Stefanini si riprendono i temi dell’Art Bonus, dell’IVA primo mercato, dell’IVA importazioni, della SIAE/diritto di seguito, ritenuti fondamentali per porre le basi per il rilancio futuro del sistema Arte. Se dovesse scegliere una di queste voci, quale pensa debba essere di imminente revisione e perché? Ognuna è importante.

6. In uno scenario ancora così incerto per la salute pubblica, anche Torino dal 19 maggio stanno gradualmente riaprendo le istituzioni museali. Quale, secondo lei, la risposta dei suoi concittadini? Difficile fare previsioni. La riapertura di musei e gallerie è necessaria e fondamentale. Bisogna ripartire creando i presupposti per tutelare la salute e la sicurezza di tutti.

7. Stessa domanda ma riferita alle gallerie: quale immagina possa essere la risposta del pubblico alla vostra riapertura? E’ un momento senza precedenti ed è inevitabile pensare a cosa si facesse prima (le inaugurazioni, la condivisione di emozioni…). Tutto ciò che era semplice poco tempo fa è difficile oggi. Dobbiamo fare tesoro delle esperienze passate, essere consapevoli che il momento attuale va vissuto cercando di arginare la tensione e stare uniti per affrontare un futuro, adesso, incerto.

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