L’avvio della cosiddetta “Fase 2” dallo scorso 4 maggio ha generato come conseguenza diretta una necessità sempre maggiore di test molecolari, i cosiddetti tamponi, soprattutto per alcune specifiche categorie di lavoratori. In Piemonte, in particolare, sarà necessario incrementare notevolmente il numero di test dagli attuali 8/9.000 fino a circa 20.000 tamponi al giorno.

I laboratori attualmente attivi in Piemonte hanno realizzato al massimo 8.760 tamponi, ma si tratta comunque di un livello che non può essere garantito giornalmente. Infatti, la maggior parte delle strumentazioni usate per estrarre e amplificare l’RNA virale dai tamponi utilizzano reagenti e kit specifici – cosiddetti proprietari – la cui fornitura è limitata e non garantita.

Per sopperire a questa situazione la Regione ha prospettato due linee di azione: la prima mira a superare le criticità determinate dalla scarsità dei reagenti proprietari mediante il ricorso alla termolisi per l’estrazione dell’RNA virale e all’assemblaggio in house di un kit per la sua amplificazione.

La seconda linea prevista dalla Regione mira invece a incrementare la possibilità di eseguire test aumentando la dotazione di strumentazioni, creando nello specifico 3 nuovi laboratori dotati di macchinari che possano operare indipendentemente dal tipo di reagente utilizzato.

In particolare, la Regione ha fatto una richiesta specifica di spazi per ospitare queste strumentazioni e di personale qualificato per utilizzarle. Per ospitare i tre nuovi laboratori che saranno allestiti sono stati scelti il CAAD – Centro di Ricerca Traslazionale sulle Malattie Autoimmuni e Allergiche dell’Università del Piemonte Orientale, l’ASL di Biella e l’ARPA.
La Regione Piemonte sta perfezionando in queste settimane l’acquisto delle strumentazioni, che dovrebbe concludersi entro la fine del mese di giugno; dal canto suo il CAAD sta cercando di sottoscrivere una convenzione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità” di Novara per individuare la figura professionale del microbiologo che avrà il ruolo di supervisore.

La scelta del CAAD, e soprattutto la sua disponibilità immediata, derivano da diversi fattori; innanzi tutto, come spiega il professor Claudio Santoro, Direttore del Centro: «Il CAAD non solo ha gli spazi “fisici” per allestire i laboratori, ma ha anche la possibilità di integrarsi facilmente con la rete ospedaliera per tracciare il numero di tamponi effettuati e soprattutto di soggetti postivi.

La nostra disponibilità, inoltre, si coniuga perfettamente con le tre missioni dell’Ateneo; non solo terza missione, per le evidenti ricadute “sociali”, ma anche formazione e ricerca. Non c’è attualmente una struttura in grado di rispondere in modo efficiente e rapido all’emergenza; questa situazione ci ha fatto capire che è necessario formare del personale con nuove competenze, che sarà in grado, in uno scenario futuro di questo tipo, di far fronte a criticità simili in tempi di risposta minori. Allo stesso tempo, potremo valutare in futuro migliorie e alternative al processo di analisi, grazie a una nuova capacità di ricerca».

image_pdfStampa il PDFimage_printStampa l'articolo