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Bollette e materie prime: sette imprese su dieci si sono “giocate” la ripresa e il 7% paventa fermo attività 

Ci siamo già “giocati” gran parte della cosiddetta ripresa. Il caro bollette e il caro materie prime stanno gravando fortemente sul settore dell’artigianato e della micro impresa piemontese. Secondo i dati di un’indagine di CNA: 

  • Gli incrementi risultano infatti compresi tra il +18,6% nella filiera del turismo e il +33,1% nel settore delle costruzioni 
  • Le imprese che intendono ritoccare i listini al rialzo sono, infatti, il 62,8% nella manifattura e il 54,4% nelle costruzioni 
  • Il 77,5% ritiene invece che l’aumento del costo dell’energia possa determinare una riduzione dei margini di guadagno. Il resto si divide tra quanti pensano di dovere ridurre la produzione (10,6%) e quanti paventano addirittura il fermo dell’attività (6,8%) 
  • Il 37% delle imprese che intende rinviare gli investimenti programmati 

Sul fronte del caro materie prime, i numeri arrivano suddivisi per provincia all’interno della Regione Piemonte grazie a una sezione dedicata del rapporto Monitor Piccole Imprese 2021, presentato il 26 gennaio scorso e curato dal prof Daniele Marini, docente di sociologia dei processi economici all’Università di Padova, direttore scientifico di Research&Analysis di Community e responsabile scientifico del progetto Monitor Piccole Imprese di CNA Piemonte in collaborazione con UniCredit. 

  • In Piemonte i costi di approvvigionamento di materie prime sono aumentati in modo significativo per 81,3% delle imprese 
  • La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara aumentato il livello di prezzo dei prodotti finiti. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%) 
  • In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato.  
  •  Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

“Il panorama che avevamo davanti qualche mese fa all’insegna dell’ottimismo e della crescita, oggi si porta dietro il tema del rallentamento. Elemento significativo ed estremamente preoccupante sono il calo dei consumi e l’aumento dell’inflazione che stiamo registrando nelle ultime settimane. Sono elementi che fotografiamo nei timori della popolazione e nella parallela risposta dei mercati. Per questo abbiamo chiesto e chiediamo che i decisori politici nazionali e regionali si impegnino prioritariamente su questo fronte” ha dichiarato il segretario regionale di CNA Piemonte Delio Zanzottera. “Dobbiamo lavorare insieme alla Regione Piemonte e alle altre istituzioni alla creazione di politiche pubbliche a favore delle nostre imprese in un momento delicato come quello che stiamo vivendo. Siamo infatti ben lontani dalla fine dell’emergenza. Qualora questo momento rappresentasse la fine della pandemia come l’abbiamo vissuta, l’emergenza per le nostre imprese permarrà ancora per un tempo che non siamo in grado di circoscrivere”, ha aggiunto il presidente regionale di CNA Piemonte Bruno Scanferla. 

 

Bollette – Caro Energia: le imprese si riducono i guadagni o aumentano i prezzi finali, col rischio del blocco della produzione 

 Per le imprese che hanno partecipato all’indagine CNA nella media dei dodici mesi 2021 gli aumenti delle bollette risultano molto più marcati: rispetto al 2019 gli incrementi risultano infatti compresi tra il +18,6% nella filiera del turismo e il +33,1% nel settore delle costruzioni.  

La portata degli aumenti del prezzo dell’energia pagato dalle imprese potrebbe concorrere ad alimentare le pressioni inflazionistiche in maniera significativa nel 2022. Il 53% delle imprese crede infatti di trasferire i rincari sui prezzi dei loro prodotti. Di queste, il 44,7% intende farlo in misura parziale, l’8,4% interamente. 

 L’aumento dei prezzi di vendita nei prossimi mesi appare più probabile nei settori dell’industria: le imprese che intendono ritoccare i listini al rialzo sono, infatti, il 62,8% nella manifattura e il 54,4% nelle costruzioni. Si tratta di settori che, se da un lato presentano processi produttivi con consumi energetici in media più elevati, dall’altro subiscono un effetto a cascata poiché operano in filiere nelle quali già i fornitori di beni intermedi e di semilavorati hanno aumentato i prezzi di vendita in risposta al caro-energia. 

 La più alta incidenza della spesa per le materie energetiche sui costi totali riguarda in particolare le imprese manifatturiere, mentre il rincaro dei beni intermedi sta interessando soprattutto il settore delle costruzioni alle prese anche con la scarsità dei prodotti intermedi e dei semilavorati. A questo proposito è probabile che nel settore delle costruzioni, che ha registrato una forte espansione nel 2021, il 17,6% delle imprese che dichiara di volere traslare interamente i rincari sui prezzi di vendita sia costretta a farlo anche a causa delle difficoltà di approvvigionamento. 

La preoccupazione manifestata dal sistema produttivo nei riguardi dei rincari energetici, che molto spazio ha trovato nei media, è confermata dalle indicazioni delle imprese intervistate. Tra queste, infatti, solo il 5% immagina che l’impennata dei prezzi dell’energia non avrà effetti significativi sulla loro attività. 

 Il 77,5% ritiene invece che l’aumento del costo dell’energia possa determinare una riduzione dei margini di guadagno. Si tratta di un dato preoccupante considerando che la ripresa registrata nel 2021, pur significativa, non è stata sufficiente in molti settori a ripianare le perdite determinate dalla recessione innescata dalla pandemia. 

Il resto del campione si divide tra quanti pensano di dovere ridurre la produzione (10,6%) e quanti paventano addirittura il fermo dell’attività (6,8%). 

Rispetto alla media del campione, il timore di una diminuzione dei profitti appare più diffusa nel commercio (85,9%) e nei servizi per la persona (79,2%). Si tratta di quei settori che più di altri hanno subito le restrizioni sociali necessarie per contrastare la pandemia (le attività commerciali sono state spiazzate dalla forte diffusione delle vendite on-line mentre i servizi per la persona, che comprendono estetisti e parrucchieri, sono stati i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire). 

 La possibilità di dovere ridurre la produzione è paventata invece soprattutto dalle imprese manifatturiere (13,4%) che, come detto, sono quelle con consumi energetici mediamente più alti. Il fermo dell’attività è infine una eventualità considerata soprattutto dalle imprese operanti nella filiera del turismo (24%). 

Le imprese sono intenzionate a intraprendere iniziative per mitigare gli effetti negativi derivanti dal caro-bollette. 

La riduzione delle spese correnti, diverse da quelle attinenti all’acquisto dei prodotti energetici, è l’azione di contrasto maggiormente richiamata dagli intervistati (43,6%) insieme ad un più frequente aggiornamento dei listini (42%). Rilevante appare poi la quota di imprese che intende rinviare gli investimenti programmati (37%). Le azioni appena citate rappresentano evidentemente interventi di rapida attuazione, posti in essere per tamponare immediatamente l’emergenza. 

 Meno diffuse appaiono invece le azioni di natura strutturale. Le imprese che dichiarano di volere investire in tecnologie di efficientamento energetico sono infatti il 19,2% del totale, quelle che invece pensano di dovere ridurre gli organici e/o il monte salari sono rispettivamente il 10,8% e il 7,6% del campione. 

Questo il quadro generale. A livello settoriale però le risposte delle imprese risultano piuttosto eterogenee. 

 

La riduzione delle spese correnti diverse dall’energia è una strategia che risulta diffusa soprattutto nel settore dei trasporti (53,6%). Si tratta di un dato non sorprendente considerando il forte peso dell’energia stessa (in questo caso i combustibili per autotrazione) sul totale dei costi aziendali. 

La manifattura è invece il settore dove si intende contrastare il caro-energia con un mix di interventi. Da un lato, infatti, circa la metà delle imprese (il 50,8%) contempla la possibilità di aggiornare frequentemente i listini. Dall’altro, data la consapevolezza di operare in condizioni di forte concorrenza (molte imprese manifatturiere rivolgono la loro offerta anche oltre confine), appare molto consistente la quota di rispondenti che pensa di reagire al caro-bolletta rinviando al futuro investimenti già programmati (41%). 

Le scelte più drastiche, che implicano un ridimensionamento strutturale delle attività svolte, sono segnalate con maggiore frequenza nei settori che hanno riportato le maggiori perdite durante la recessione. Tra questi spicca la filiera del turismo dove molto consistente è la quota di imprenditori che crede di dovere licenziare (24%) e/o ridurre il costo complessivo delle retribuzioni/compensi (19,8%). 

 

I costi delle materie prime: Asti e Cuneo le più colpite 

 I costi di approvvigionamento di materie prime per le imprese sono aumentati in modo significativo per una parte cospicua (81,3%) delle interpellate, in una misura eccezionale rispetto a tutte le rilevazioni precedenti. Mentre solo per il 17,4% sono rimasti stabili nell’ultimo periodo e per una quota marginale (1,3%) sono diminuiti. Il saldo sale a +80,0, nettamente più elevato rispetto agli anni precedenti. 

Primo semestre 2021: i costi delle materie prime (rispetto al secondo semestre 2020; val. %) 

Costi materie prime  Aumento  Stabile  Diminuzione  Saldo 
2021  81,3  17,4  1,3  +80,0 
2020*  37,0  57,2  5,8  +31,2 
2019**  55,2  43,4  1,4  +53,8 
2018***  61,1  37,1  1,8  +59,3 
Province         
Alessandria  87,1  12,0  0,9  +86,2 
Asti  82,8  16,1  1,1  +81,7 
Biella  72,8  27,2  0,0  +72,8 
Cuneo  85,4  14,6  0,0  +85,4 
Piemonte Nord  80,5  17,8  1,7  +78,8 
Novara  80,9  19,1  0,0  +80,9 
Verbania-Cusio-Ossola  76,5  22,3  1,2  +75,3 
Vercelli  80,0  13,3  6,7  +73,3 
Torino  81,4  16,9  1,7  +79,7 
Dimensione         
1 addetto (titolare)  76,3  21,3  2,4  +73,9 
2-4 addetti  81,4  17,1  1,5  +79,9 
5-9 addetti  85,7  13,7  0,6  +85,1 
Oltre 10 addetti  83,2  16,8  0,0  +83,2 
Settore         
Manifatturiero  85,6  13,3  1,1  +84,5 
Edilizia  90,0  9,4  0,6  +89,4 
Commercio e servizi  71,0  26,8  2,2  +68,8 
Fatturato         
Fino a 50mila€  78,8  19,0  2,2  +76,6 
50-100mila€  79,9  19,4  0,7  +79,2 
101-500mila€  81,7  17,5  0,8  +80,9 
Oltre 501mila€  85,8  13,5  0,7  +85,1 
Apertura mercati         
Diretta  83,4  14,8  1,8  +81,6 
Indiretta  79,8  19,0  1,2  +78,6 
Domestico  81,9  17,0  1,1  +80,8 

 

All’interno dell’universo degli interpellati non si rilevano fratture di rilievo, a mettere in luce come il tema dei costi accomuni l’intero sistema produttivo. A voler individuare le realtà più problematiche possiamo sottolineare come le imprese alessandrine (87,1%) e cuneesi (85,4%) denuncino le maggiorazioni di costi più elevate, e così pure le ditte dell’edilizia (90,0%), quelle che presentano i fatturati più elevati (85,8%, oltre 500 mila €) o che hanno sbocchi diretti su mercati esteri (83,4%). In ogni caso, il tema dell’aumento dei costi coinvolge indifferentemente l’intero sistema produttivo. 

 

Primo semestre 2021: il prezzo dei prodotti finiti (rispetto al secondo semestre 2020; val. %) 

Prezzo prodotti finiti  Aumento  Stabile  Diminuzione  Saldo 
2021  55,6  41,2  3,2  +52,4 
2020*  21,3  69,1  9,6  +11,7 
2019**  26,2  66,7  7,1  +19,1 
2018***  31,0  62,8  6,2  +24,8 
Province         
Alessandria  63,8  33,6  2,6  +61,2 
Asti  48,9  47,7  3,4  +45,5 
Biella  47,8  46,8  5,4  +42,4 
Cuneo  62,2  36,8  1,0  +61,2 
Piemonte Nord  53,8  43,8  2,4  +51,4 
Novara  55,8  42,4  1,8  +54,0 
Verbania-Cusio-Ossola  47,1  51,7  1,2  +45,9 
Vercelli  57,1  35,8  7,1  +50,0 
Torino  56,1  40,3  3,6  +52,5 
Dimensione         
1 addetto (titolare)  51,4  43,8  4,8  +46,6 
2-4 addetti  53,6  42,8  3,6  +50,0 
5-9 addetti  63,8  33,9  2,3  +61,5 
Oltre 10 addetti  54,3  44,2  1,5  +52,8 
Settore         
Manifatturiero  46,8  49,7  3,5  +43,3 
Edilizia  71,2  27,8  1,0  +70,2 
Commercio e servizi  46,0  49,2  4,8  +41,2 
Fatturato         
Fino a 50mila€  48,7  47,0  4,3  +44,4 
50-100mila€  55,4  41,2  3,4  +52,0 
101-500mila€  59,1  38,3  2,6  +56,5 
Oltre 501mila€  63,7  34,9  1,4  +62,3 
Apertura mercati         
Diretta  61,3  35,6  3,1  +58,2 
Indiretta  53,2  41,6  5,2  +48,0 
Domestico  55,9  41,9  2,2  +53,7 

 

Parzialmente diversa è la questione dei prezzi dei prodotti finiti. Nonostante il costo dell’approvvigionamento sia aumentato per una quota importante, tale incremento si scarica solo parzialmente sul prezzo finale. La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara di avere realizzato un aumento, in decisa crescita rispetto alle precedenti rilevazioni. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%). 

In questo caso, possiamo osservare alcune articolazioni interessanti: 

In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato. 

Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

Infine, sono state costrette a comprimere maggiormente i prezzi quelle imprese che hanno sbocchi diretti sui mercati internazionali (+58,2). 

Come si è potuto osservare, nel rapporto fra costi di approvvigionamento e definizione dei prezzi finali non esiste una correlazione simmetrica. Le ditte artigiane e le piccole imprese hanno conosciuto un aumento rilevante nel 2021 dei costi delle materie prime e dei servizi, ma cercano di contenere il rincaro dei prezzi finali, limando così i margini al fine di rimanere competitive sui mercati. Tuttavia, una simile strategia è plausibile per chi ha strutture dimensionali che consentano di distribuire all’interno dell’impresa il minor introito, chi realizza prodotti o servizi particolarmente richiesti dal mercato o è presente su mercati più ampi di quello domestico. Viceversa, le aziende con più difficoltà (le ditte edili o quelle con pochissimi addetti) cercano più di altre di scaricare il costo sul prezzo finale, ma con esiti che non sembrano sortire effetti particolarmente positivi

41,6  5,2  +48,0 
Domestico  55,9  41,9  2,2  +53,7 

 

Parzialmente diversa è la questione dei prezzi dei prodotti finiti. Nonostante il costo dell’approvvigionamento sia aumentato per una quota importante, tale incremento si scarica solo parzialmente sul prezzo finale. La metà fra gli interpellati (55,6%) dichiara di avere realizzato un aumento, in decisa crescita rispetto alle precedenti rilevazioni. Mentre il 41,2% ha ritenuto più utile mantenere i livelli di prezzo, assorbendo così la maggiorazione dei costi e limando i propri margini. Molto poche sono le ditte che hanno potuto abbassare i prezzi ai clienti (3,2%). 

In questo caso, possiamo osservare alcune articolazioni interessanti: 

In ambito provinciale, sono le ditte cuneesi (+61,2) e alessandrine (+61,2) ad avere incrementato maggiormente i prezzi finali, mentre verbanesi (+45,9), astigiane (+45,5) e biellesi (+42,4) sono fra quelle che più di altre l’hanno mantenuto invariato. 

Chi in misura maggiore ha cercato un aumento dei prezzi finali sono state le ditte più strutturate (+61,5, 5-9 addetti). Soprattutto sono le ditte dell’edilizia (+70,2) ad aver incrementato i prezzi finali. 

Infine, sono state costrette a comprimere maggiormente i prezzi quelle imprese che hanno sbocchi diretti sui mercati internazionali (+58,2). 

Come si è potuto osservare, nel rapporto fra costi di approvvigionamento e definizione dei prezzi finali non esiste una correlazione simmetrica. Le ditte artigiane e le piccole imprese hanno conosciuto un aumento rilevante nel 2021 dei costi delle materie prime e dei servizi, ma cercano di contenere il rincaro dei prezzi finali, limando così i margini al fine di rimanere competitive sui mercati. Tuttavia, una simile strategia è plausibile per chi ha strutture dimensionali che consentano di distribuire all’interno dell’impresa il minor introito, chi realizza prodotti o servizi particolarmente richiesti dal mercato o è presente su mercati più ampi di quello domestico. Viceversa, le aziende con più difficoltà (le ditte edili o quelle con pochissimi addetti) cercano più di altre di scaricare il costo sul prezzo finale, ma con esiti che non sembrano sortire effetti particolarmente positivi. 




Rincari da record, CNA chiede di intervenire a tutela di produttori e consumatori

Col calo della coltivazione e l’incetta fatta da Pechino, il costo medio del frumento è salito del 35%. Senza provvedimenti si rischiano la crisi del settore dei pastifici (da cinque miliardi), e rincari al consumo fino a un euro al kg.

 Le indicazioni più aggiornate circa la produzione mondiale di frumento duro nel 2021, ancora del tutto provvisorie, evidenziano un calo annuo (-2,1% a 33,1 milioni di tonnellate). Questo esito produttivo è influenzato in gran parte dai raccolti del Nord America, fortemente penalizzati dalla persistente siccità che si sta verificando in quei territori. In particolare, per il Canada si stima una contrazione dell’offerta del 27%, scendendo a 4,8 milioni di tonnellate, corrispondente al livello più basso degli ultimi otto anni. In flessione risultano anche i raccolti degli USA che risulterebbero quasi dimezzati (-46% sul 2020) scendendo a 1 milione di tonnellate, probabilmente il livello più basso di sempre. Al contrario, i raccolti della UE dovrebbero aumentare dell’8,4% su base annua attestandosi a 7,8 milioni di tonnellate, livelli comunque più bassi rispetto a quelli medi dell’ultimo decennio pari a 8,3 milioni di tonnellate la riduzione dei raccolti mondiali del 2,1% nel 2021, determinerà una contrazione delle scorte globali (-15,6% sul 2020 a 6,8 milioni di tonnellate); tale dinamica è da attribuire ai consumi, in sostanziale stabilità, che permarrebbero su livelli superiori all’offerta.

La pasta rischia aumenti che potrebbero arrivare a 50 centesimi al chilo per quella industriale, oltre l’euro per l’altissima gamma. L’ impatto sull’ inflazione sarà pesante. Gli aumenti medi del grano sono attualmente intorno al 35% rispetto allo scorso anno, il grano canadese è rincarato di 123 euro a tonnellata.

Questo il grido di allarme lanciato da CNA Agroalimentare che alla minore produzione e all’aumento esponenziale della domanda, aggiunge tra le cause:

•             la Cina che ha fatto incetta sul mercato mondiale,

•             la Turchia che inizia a farci concorrenza sulla pasta (ha aumentato in 5 anni la sua produzione del 77%) e compra sempre più semola,

•             il Magreb devastato dalle crisi politiche è ormai un compratore e non un produttore di cuscus;

•             la Russia per via dell’embargo, preferendo venderlo alla Cina.

Inoltre in Italia la superficie coltivata a grano si è erosa passando da 1,4 milioni di ettari del 2016 a 1,22 del 2019.

Questa situazione ha di fatto prosciugato le scorte mondiali: ridotte sotto i 7 milioni di tonnellate, un livello mai raggiunto negli ultimi vent’ anni con un consumo mondiale che è schizzato sopra i 37 milioni di tonnellate.

In questo scenario l’Italia potrebbe e dovrebbe giocare un ruolo fondamentale ma stenta a farlo quando invece bisognerebbe aumentare la produzione su scala nazionale. Anche perché il mondo si sfama ancora con i grani di Nazzareno Strampelli, il genio della genetica cerealicola vissuto a cavallo tra 800 e 900 che dalle montagne marchigiane, era di Crispiero, fornì spighe a mezzo pianeta.

Fabio Fontaneto, presidente dei Pastai di CNA Piemonte:

“Lo scorso anno i consumi di pasta hanno registrato un aumento da record. Siamo saliti oltre i 23,5 chili pro capite. Ma siamo anche i primi produttori. Su 15 milioni di tonnellate di pasta confezionata nel mondo noi ne facciamo 4 milioni, un piatto su 3 consumato in America è italiano, 2 su tre di quelli che si mangia l’Europa è tricolore per un fatturato di quasi 5,3 miliardi di cui il 56% viene dall’ export.

A testimoniare il fatto che dovremmo avere maggiore attenzione alla nostra cerealicoltura è che oggi i consumatori scelgono la pasta 100 per cento italiana, cioè prodotta con i nostri grani. Lo scorso anno vendita e incasso di questo tipo di pasta sono aumentati del 18% (il fatturato degli spaghetti nella Gdo è di circa 760 milioni).

Il prezzo medio è stato 1,39 euro al chilo, ma quest’ inverno si arriverà vicino ai 2 euro. Una soluzione è aumentare la produzione nazionale, rilanciando i grani italiani.

Quest’ anno abbiamo prodotto secondo le ultime stime 3,9 milioni di tonnellate di grano duro e ne servono altri 1,6 milioni che compreremo a caro prezzo. Il future sul grano canadese a tre mesi sta a 873 punti, record assoluto con aumenti di 48 punti a settimana.

I pastai vorrebbe invece utilizzare grano nazionale perché è il solo modo per controllare qualità e approvvigionamento. Diversamente si è esposti alle tempeste del mercato, con il rischio di speculazioni. A Bari sono state sequestrate tre navi con grano contaminato!!.

Per questo chiediamo al Ministro Patuanelli di ricostituire il Tavolo filiera del grano e del pane.”

A far temere un autunno molto complicato concorrono poi tutti gli altri costi che si stanno sommando, oltre all’energia: mancano i bancali in legno per spedire le merci (il loro costo è aumentato del 50%), i costi e la reperibilità del cartone per le confezioni ed imballi (anche qui tempi lunghi di consegna dei materiali e aumenti fino al 50%), aumento delle materie plastiche di confezionamento.

SITUAZIONE PANE

Il prezzo del pane resta uno dei misteri più oscuri della storia del commercio, con rincari inspiegabili tra il costo della materia prima, il grano, e il valore affisso sul cartellino al negozio o al supermercato. Cinque-sei-sette volte tanto, ma si arriva anche a toccare nuovi picchi, con l’importo del frumento raccolto nei campi che va moltiplicato addirittura per dodici. Il dato più importante, quello di base, è il valore del grano tenero che è venduto a circa 26 centesimi

Il problema è che in media poi un chilo di pane dal fornaio costa 3,1 euro. Cartellini schizofrenici che partono dai 4,2 euro del pane a Milano e passano per i 2,63 euro di Roma e i 2,95 euro di Palermo. Incidono ovviamente tanti fattori – poco gli altri ingredienti come lievito, sale e acqua, molto di più il costo del personale, dell’energia, dell’ammortamento degli impianti e del trasporto. Ma c’è una costante che fa riflettere: nonostante la forte variabilità del valore del frumento, negli ultimi anni i prezzi al consumo del pane non sono mai calati. Questo vuol dire che vista l’impennata del costo delle materie prime la situazione non può che peggiorare.

Per l’autunno si preannunciano forti incrementi anche per farine, burro, olio e lieviti». I dati ci dicono che in un anno il frumento duro è aumentato del 9,9% e quello del tenero del 17,7%. Mentre si attendono per metà mese balzi a doppia cifra per quanto riguarda le farine. Salgono anche i costi delle tariffe e dei carburanti che da aprile in poi hanno registrato delle crescite a due cifre. Più 15,7% ad agosto per l’energia elettrica, più 34% per il gas e più 16,8% per i carburanti e lubrificanti per mezzi di trasporto. «

Alice Rigucci, Presidente Dolciari e Panificatori di CNA Piemonte

“ Rischiamo una situazione insostenibile perché a queste condizioni, in aggiunta agli aumenti di luce acqua e gas, i panificatori non ce la possono fare a non aumentare i prezzi al dettaglio. Gli incrementi all’ingrosso e all’origine del frumento e degli oli ancora non si sono traslati sui prodotti al consumo che anzi continuano a fare segnare rialzi inferiori sia all’inflazione media sia a quella alimentare. Ma non potrà durare ancora a lungo”.

“CNA Agroalimentare propone un’azione di vigilanza sui prezzi all’ingrosso ed evitare operazioni speculative sulle materie prime. Non vorremmo che alla fine si parlasse di caro pane o altro. CNA Agroalimentare intende rinnovare la richiesta al ministro delle Politiche Agricole Stefano Pattuelli di aprire un “Tavolo Grano-Pane” per arrivare a un piano strategico della filiera che valorizzi i suoi i protagonisti. L’obiettivo è quello di garantire attenzione per la valorizzazione dei prodotti dal campo alla tavola, unendo i produttori agricoli, le aziende molitorie e le imprese della panificazione. Tutti insieme, con il coordinamento del Mipaaf, per individuare le azioni utili tendenti ad un percorso di consolidamento e rilancio delle imprese di filiere, contrastando con forzale speculazioni che potrebbero compromettere irrimediabilmente l’esistenza stessa delle aziende.”




CNA Agroalimentare Piemonte: “Spengono il Natale e affossano un settore già in ginocchio”

Con il via libera al lockdown da “zona rossa” tra Natale e la fine delle Feste il settore agroalimentare certifica la sua tragedia. Per il comparto lo stop equivale ad almeno due mesi di chiusura ulteriore. Rischia una secca frenata quel periodo di forti ricavi che ogni anno cubava tra il 600% e il 1000% per gastronomie, cioccolatieri e pasticcerie rispetto gli incassi medi dell’anno. Tutto azzerato.

 

Così le perdite dall’inizio dell’anno superano abbondantemente l’70% sul 2019. I ristoranti le cifre sono simili. Con lo stop a pranzi e cene al 25 dicembre e il 6 gennaio si vanifica quel volume d’affari che in un periodo normale avrebbe occupato il 20% dell’intero bilancio dell’anno. Per 2020 il settore si ferma a una perdita del 75% rispetto allo scorso anno che aumenta per coloro che si sono visti azzerare anche l’attività di catering.

 

“Non si può pensare che siano bastate 8 ore di apertura di domenica scorsa per far cambiare completamente rotta. Cosa si immaginava che potesse capitare in una domenica a due settimane dal Natale? La conseguenza è il danno economico che ormai impattano fortemente sulle prospettive di lavoro di tutta la filiera alimentare. Chiediamo ristori reali per tutti sulla base del calo di fatturato dell’anno 2020 sul 2019, a prescindere dal codice Ateco. Ma soprattutto è vitale costruire una prospettiva per le imprese. Programmare azioni di lungo termine che diano respiro”, afferma Giovanni Genovesio, presidente regionale di CNA Agroalimentare.

 

CNA Piemonte sottolinea quanto già ribadito a livello nazionale. Dato che allo stato attuale previsioni di miglioramento sono ipotizzabili a partire da marzo/aprile, qualunque sia la decisione che il Governo intenderà di intraprendere è necessario un intervento strutturale forte. Servono per CNA l’abbattimento del costo del lavoro, l’esenzione delle tasse per tutto il 2021 e l’istituzione della transazione fiscale affinché con l’agenzia delle entrate e l’amministrazione pubblica in genere, si possa concordare una dilazione di pagamento a favore delle imprese. Inoltre, è opportuno istituire un fondo perduto a favore delle attività di ristorazione e delle attività di filiera diretta, dalla produzione primaria alle industrie alimentari e delle bevande, e delle attività di filiera indiretta come le tintorie, i fotografi e gli operatori dello spettacolo. CNA chiede infine l’esenzione delle imposte locali, comunali e regionali, e l’ampliamento del plafond di credito dei 30.000 euro, su richiesta, garantito dallo Stato, allungando il periodo di estinzione del debito, così come l’estensione anche a tutto il 2021 della moratoria sul pagamento di mutui e finanziamenti. Sul fronte del sostegno degli affitti, sono necessari provvedimenti ad hoc in aggiunta al credito d’imposta attuale.

Alessandro CAPPAI

Uff. stampa CNA Piemonte

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CNA Piemonte. “Pullman privati per trasporto di studenti e lavoratori: aspettiamo autorizzazione dalla Regione”

CNA Piemonte ha promosso una campagna stampa dal messaggio urgente e diretto a favore del “Trasporto sicuro”, usando pullman privati per il trasporto di studenti e lavoratori.

Un messaggio che nasce dalla collaborazione di FITA CNA Piemonte, Fondazione Links e Vai – Quality Driven e si è già materializzato nella piattaforma digitale Mobitaly.

“Le nostre imprese associate specializzate per attivare questo servizio hanno bisogno di una semplice autorizzazione da parte della Regione Piemonte, senza alcun costo di risorse pubbliche: l’attendiamo con urgenza.  Vogliamo scongiurare in ogni modo la chiusura delle aziende e vogliamo che si torni presto a scuola. Oltre i trasporti sicuri per lavoratori e studenti servono tamponi rapidi con frequenza e celerità anche a carico delle aziende. Non possiamo di nuovo bloccare tutto”, spiegano il presidente regionale di CNA Fabrizio Actis e il segretario regionale Filippo Provenzano.

Sono molti i punti qualificanti di un progetto che può rendere più compatibile la mobilità con le regole per contrastare la diffusione del Covid 19.
Attraverso il servizio on demand, le nostre imprese private del trasporto persone, infatti, sono pronte da subito ad affiancare il trasporto pubblico per promuovere la mobilità in nuove tratte da domicilio a destinazione. E il servizio può coprire tutto il territorio piemontese.

Mobitaly consente a lavoratori e studenti di essere controllati e sicuri perché ogni tratta è dedicata allo stesso gruppo di passeggeri e proprio il fatto che non cambi né il trasportatore né gli utenti aumenta la possibilità di tracciamento.

I pullman messi a disposizione dalle nostre imprese sono di tipo “gran turismo” e hanno un sistema di ricambio di aria filtrata simile a quello installato sugli aerei.
In Italia ci sono 25 mila mezzi privati, 1.300 dei quali sono in Piemonte, che per il 70% sono fermi per il crollo del turismo. È un prezioso serbatoio di risorse alternativo alla rete di trasporto pubblico e alle auto private condotte spesso da una persona sola per veicolo con un appesantimento notevole del traffico cittadino.




CNA Piemonte: Per ristoranti perdite stimate al 60 per cento, eventi e catering hanno azzerato i ricavi

Servono misure di ristoro reali e immediate. Così CNA a livello nazionale e a livello piemontese ha sintetizzato la rotta da seguire dopo quello che è stato definito un “coprifuoco diurno”.

La chiusura anticipata nel settore della ristorazione e il blocco dello spettacolo e degli eventi sono i primi due focus che CNA Piemonte dedica alle ripercussioni sulle micro imprese artigiani degli ultimi provvedimenti di limitazione imposti dal Governo per cercare di fermare la pandemia da Covid 19.

 

RISTORAZIONE E AGROALIMENTARE

A livello regionale tutto il settore conta circa 23 mila imprese e 80 mila addetti: poco sotto il 10% del volume del comparto a livello nazionale.

Durante il primo lockdown la perdita stimata di fatturato oscillava oltre il 40% e si può immaginare che a fine estate la perdita del fatturato su base annua si sia attestato intorno al 30%. Ma con questo nuovo provvedimento la situazione si aggrava ulteriormente e l’impatto porterà quasi certamente a raggiungere e superare il 60% di ricavi in meno rispetto al 2019.

 

Se la situazione di dovesse protrarre anche sul mese di dicembre con il Natale si può solo parlare di tracollo certo.

Sul fronte delle proposte che avanza CNA a livello nazionale ci sono: l’apertura di un tavolo permanente con il governo, l’avvio di finanziamenti all’intera filiera e poi linee di credito sostanziose e realmente restituibili. Per questo occorre che i finanziamenti per importi superiori a 30mila euro passino da una restituzione in 72 mesi a 180 mesi.

Infine, chiediamo un concordato per le tasse che non potranno oggettivamente essere pagate.

 

“Per la ristorazione l’ultimo DPCM rappresenta di fatto un lockdown mascherato: la chiusura alle 18 azzera i ricavi di operatori che già avevano lamentato la fortissima riduzione del fatturato a pranzo e puntavano sulla cena per rientrare delle spese. Peraltro è una decisione che pone il mondo della ristorazione nel ruolo di untore, quando i numeri dimostrano che non si tratta della fonte di aumento dei contagi che si sta verificando nelle ultime settimane. Ma noi paghiamo il conto. I pasticceri e i cioccolatai sono gli unici a chiudere quando invece gli altri venditori di generi alimentari sono aperti. Non ci sono spiegazioni razionali”, dichiara Giovanni Genovesio, presidente regionale di CNA Agroalimentare.

I prodotti da ricorrenza: panettoni e pandori renderanno circa il 30% dell’anno scorso. “Pensare che il Natale possa salvarci è una vera illusione. Le aziende programmano la produzione e la distribuzione dei prodotti in questo periodo e credo che con questo stop, anche i giochi per dicembre siano fatti. Ecco perché ci serve il tavolo permanente, per non cadere in una gestione emotiva e schizofrenica”.

 

EVENTI

La filiera del settore degli eventi coinvolge numerose micro imprese artigiane. Sul fronte della somministrazione del cibo, quindi il catering, tutto il comparto è fermo per gli eventi aziendali, mentre tra i privati si è registrata una minima attività solo nel mese di settembre. A fine anno si parla di un calo di fatturato di circa il 90%.

Ma quando si parla di eventi, le realtà coinvolte sono davvero numerose e diversificate.

 

“Il nostro settore è praticamente fermo da inizio anno – spiega Stefania Battezzati di AMAT, produttore di strumenti musicali – perché il primo lockdown ci ha consentito di smaltire qualche ordine del 2019, ma il 2020 ha completamente fermato ogni attività. Senza feste, concerti e coi teatri chiusi, tra cultura e spettacoli, il nostro fatturato sarà inferiore del 90% rispetto a quello dell’anno scorso. Nel settore non solo non si comprano nuovi strumenti musicali, ma molti musicisti senza contratti fissi stanno vendendo i propri con la consapevolezza che non li useranno nel breve periodo. È una tragedia. Ci aspettiamo degli indennizzi visto che il settore della cultura e dello spettacolo è sempre stato escluso dai principali interventi nazionali e regionali. E ci saremmo aspettati delle sospensioni per tasse e spese di utenza, perché quei costi, come gli affitti, continuano a pesare sulle nostre spalle”.




CNA Piemonte: “Coprifuoco diurno: misure di ristoro urgenti e tamponi rapidi. Gli artigiani non possono fermarsi”

Bisogna assolutamente scongiurare un nuovo lockdown: le aziende e le attività artigiane devono continuare a lavorare”. Il Presidente della CNA Piemonte Fabrizio Actis commenta  gli ultimi provvedimenti regionali e nazionali assunti per difendersi dall’aumento dell’epidemia di Covid-19.

“Per questo motivo – dichiara il segretario regionale della CNA Piemonte Filippo Provenzano – riteniamo urgentissimo predisporre e mettere a disposizione i tamponi rapidi come strumento di screening diffuso e continuo, indispensabile per l’operatività delle nostre aziende.
Lanciamo un grido d’allarme per le attività artigiane di servizio alla persona e della ristorazione colpite da questo coprifuoco diurno. Ora sono quantomai necessarie e urgenti misure di indennità e ristoro per tutte queste realtà. E riteniamo altrettanto urgente che venga completata l’erogazione del Bonus Piemonte per quelle attività già inserite nei provvedimenti di primavera che stanno ancora attendendo i fondi”.

“Rilanciamo infine – conclude Filippo Provenzano – la proposta di coinvolgere gli operatori dei pullman privati che possono rafforzare la mobilità in sicurezza per lavoratori e studenti. Tanto più ora che famiglie e studenti sono fortemente penalizzati dall’aumento della didattica a distanza”.




Sistema informatico Motorizzazione in tilt da giorni, CNA Piemonte: “Un disastro per centri revisione e per i trasportatori”

Il sistema è completamente bloccato da giorni e tutti gli operatori non possono procedere con l’assistenza ai veicoli – spiega il presidente regionale di CNA Servizi alla Comunità (autoriparatori) Francesco Circosta -. Siamo costretti a chiedere ai clienti di venire a riprendere i mezzi perché i documenti sostitutivi al libretto di circolazione che noi rilasciamo sono temporanei, durano pochi giorni, e non permettono di circolare se sono scaduti. Non so come definire questa situazione senza parlare di completo disastro”.

 

Venerdì 2 ottobre la direzione generale del Ministero dei Traporti si riunirà con le associazioni datoriali e Circosta aggiunge: “Come CNA apprezziamo la disponibilità della Motorizzazione a creare  un tavolo tecnico per valutare le procedure e le soluzioni informatiche di snellimento che noi chiediamo da tempo”.

 

“La CNA piemontese è da oltre un anno che chiede interventi a favore dei Centri di Revisione nel rapporto con la Motorizzazione. Abbiamo promosso a inizio 2020 azioni nei confronti dei parlamentari locali perché pensiamo che la




I lavoratori artigiani attendono ancora i pagamenti dei mesi di aprile e maggio

Le Parti sociali costitutive del Fondo di Solidarietà Bilaterale dell’Artigianato (FSBA), Confartigianato, Cna, Casartigiani, Cgil, Cisl e Uil, intendono chiarire quanto sta avvenendo a livello nazionale e, a caduta, anche nella nostra regione.

L’Ente Bilaterale dell’Artigianato Piemontese (EBAP) ha, da tempo, approvato le migliaia di richieste arrivate relativamente alle prime 9 settimane di copertura dell’ammortizzatore sociale FSBA.

Inoltre, tramite le risorse accantonate negli anni grazie ai versamenti di imprese e lavoratori aderenti, l’EBAP ha già proceduto al pagamento dell’assegno ad oltre 70.000 lavoratori della nostra regione, rispondendo pienamente a tutte le richieste relative ai mesi di febbraio e marzo.

Esaurite le risorse disponibili, oggi l’EBAP è impossibilitato ad effettuare i versamenti relativi ai mesi di aprile e maggio a causa del mancato trasferimento delle risorse economiche previste dal DL Rilancio e ripetutamente annunciate dal Governo.

Per questo motivo, nel manifestare la più ampia solidarietà nei confronti delle esigenze legittimamente reclamate dai lavoratori dell’Artigianato piemontese, confermiamo il nostro comune impegno quotidiano, anche tramite le nostre Confederazioni nazionali, a sollecitare il Governo a sbloccare immediatamente le risorse promesse, indispensabili alla sopravvivenza di lavoratori ed imprese, in un momento economico tra i più difficili della storia del nostro Paese.




Confartigianato Cuneo in prima linea con una raccolta fondi per le piccole imprese della Granda

La parola d’ordine è azione, immediata, rapida, efficace. Proprio dalla terra sabauda, spesso definita dei “bogia nen” per la sua pacatezza decisionale, parte un’iniziativa che fa dell’agire in tempi brevi il suo stigma principale, con l’obiettivo di portare nelle casse delle piccole imprese del territorio, prosciugate dall’inattività forzata, una liquidità istantanea, in grado di dare ossigeno alla loro sopravvivenza.

L’idea vede come soggetti promotori Confartigianato Imprese Cuneo, con le sue diecimila imprese associate, il Gruppo di opinione “Imprese che resistono”, fondato dall’imprenditore di Villafalletto Luca Peotta, che conta in Italia oltre tremila followers e la Fondazione La Stampa – Specchio dei Tempi con al suo attivo innumerevoli opere benefiche e raccolte fondi.

Intitolato “La Granda che riparte”, il progetto si prefigge di raccogliere nel giro di 15 giorni una somma di almeno 300/400 mila euro da destinare alle piccole imprese della Granda che si trovano in particolare difficoltà. La sua efficacia sta proprio nella celerità: due settimane di raccolta fondi, una settimana per la valutazione delle domande da parte di un’apposita commissione e subito la messa a punto del sistema erogativo.

Entro la prima decade di giugno le imprese cuneesi in situazione economica “fragile” che avranno partecipato all’apposito bando, consultabile dal 23 maggio p.v. sulle pagine de la Stampa e sul sito Internet www.specchiodeitempi.org, potranno vedere accreditato sul loro conto una somma di denaro, naturalmente a fondo perduto.

La raccolta parte con un “bottino” iniziale già consistente: centomila euro messi a disposizione dalla Fondazione La Stampa – Specchio dei Tempi, a cui Confartigianato Cuneo aggiunge quarantamila euro e altrettanti li offre la Banca Alpi Marittime, e diecimila euro arrivano dall’Associazione “Imprese che resistono”.

«Il nostro territorio basa la sua economia prevalentemente sulle piccole e micro imprese – spiega Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo – che rappresentano oltre il 95% dell’intera Granda che produce. Sono proprio loro, le piccolissime aziende artigiane e commerciali ad essere le più colpite dall’emergenza del coronavirus. E a loro è andato il nostro pensiero e quello di Luca Peotta, con il quale ci siamo confrontati.

Di lì è partito il progetto, con il supporto di un ente terzo di notevole esperienza in iniziative di solidarietà, qual è la Fondazione La Stampa Specchio dei Tempi, e il contributo di un primo istituto bancario, la Banca Alpi Marittime, al quale sono sicuro se ne affiancheranno presto molti altri. Abbiamo scelto una via veloce, senza vincoli troppi burocratici, che possa traghettare al più presto un po’ di denaro verso chi è più in difficoltà e magari non ha ancora ottenuto alcun sussidio».

Le imprese potranno aderire al bando nella settimana dal 23 maggio al 1° giugno. Una commissione di esperti valuterà tutte le domande ricevute e procederà nell’arco di pochi giorni alla ripartizione dei fondi raccolti.

«C’è bisogno di dare nuova vita al territorio – aggiunge il presidente Crosetto – e le nostre piccole imprese rappresentano il vero motore di una concreta ripartenza. In questo momento necessitano di un sostegno economico, che rappresenta non soltanto un aiuto materiale, ma anche psicologico.

Con la nostra iniziativa vogliamo veicolare un forte messaggio di speranza: questa raccolta fondi, ideata da Confartigianato Cuneo insieme ad Imprese che resistono, nasce dagli imprenditori per gli imprenditori e si propone di coinvolgere nel sostegno economico delle piccole imprese tutto il territorio e la sua comunità in uno grande sforzo corale per mantenere viva la nostra terra e traghettarla verso un futuro di ripresa».

Chiunque voglia essere parte di questa iniziativa potrà effettuare la sua donazione con tre diverse modalità: tramite carta di credito sul sito , oppure con un bonifico sul conto intestato a Specchio dei Tempi, via Lugaro 15, 10126 Torino (IBAN: IT67 L0306909 6061 00000117 200, Banca Intesasanpaolo, con causale: «Bando Imprese Cuneo»), o infine sul conto corrente postale 1035683943, intestato a Specchio dei Tempi.




Torino. Dolci Portici 2020, valorizzazione delle eccellenze dell’arte dolciaria

Dal 20 al 22 marzo 2020 in via Roma, a Palazzo Birago e sotto i portici cittadini torna la terza edizione di Dolci Portici, l’evento di cioccolateria, gelateria, pasticceria e “galuperie” che vede come protagonisti i maestri dell’arte dolciaria torinese, con il contributo di Camera di commercio di Torino, il patrocinio e supporto della Città di Torino, l’ideazione e l’organizzazione di Fondazione Contrada Torino onlus.

Una tre giorni dedicata interamente all‟arte dolciaria che prevede incontri tour e un’area espositiva artigianale.

Quest’anno Dolci Portici si arricchisce di un’offerta culturale che si espande fino al mondo del cinema. Verrà proposto a Palazzo Birago un talk e una video-installazione dedicati all’arte dolciaria nei film e con i tour si toccheranno le installazioni temporanee di Torino Città del Cinema 2020.

Si rinnova un appuntamento molto atteso per cittadini e turisti appassionati di cioccolato e golosità: sono numerosi i Maestri del Gusto coinvolti anche quest’anno nell’evento, sia come espositori, sia come imperdibili punti di sosta durante i tour proposti, mentre Palazzo Birago si apre nuovamente al pubblico durante il weekend per ospitare gli incontri e le degustazioni – ha spiegato Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di commercio di Torino. – Dolci Portici è quindi un appuntamento importante che valorizza un comparto economico molto significativo per il nostro territorio: sono oltre 760 le gelaterie e le pasticcerie che operano in provincia di Torino, più di 1200 le panetterie tra attività produttiva e commercio”.

 

ESPOSITORI VIA ROMA

Via Roma sarà uno degli scenari protagonisti di questa terza edizione, accogliendo, come gli anni passati, gli stand dei maestri e artigiani delle dolcezze. Tra gli stand, oltre a cioccolato, pasticceria e gelateria di eccellenza, sono previste tappe culturali con la fabbrica del cioccolato e un percorso tattile, olfattivo e degustativo del theobroma cacao meglio noto come il “cibo degli Dei‟. Saranno ben 8 i Maestri del Gusto di Torino e provincia presenti tra gli espositori, tra cui 5 cioccolatieri, 2 gelaterie e 1 panetteria. L’evento vede coinvolte tutte le associazioni di categoria: CNA, Confartigianato, Ascom, Confesercenti e l’Associazione Portici e Gallerie di Torino.

 

PALAZZO BIRAGO

Confermata la prestigiosa location di Palazzo Birago, sede istituzionale della Camera di commercio di Torino, per gli incontri che si svolgeranno nel pomeriggio affrontando vari temi:

– Venerdì 20 marzo Torino e l’Europa del cioccolato
– Sabato 21 marzo L’enogastronomia come attrattiva e motore di sviluppo turistico: il ruolo dell’arte dolciaria
– Domenica 22 marzo I protagonisti di ieri e di oggi dell’arte dolciaria torinese.

Gli incontri prevedono tavole rotonde che ospiteranno istituzioni e testimonial d‟eccezione e si concluderanno con una degustazione guidata.
Il giornalista e critico enogastronomico Alessandro Felis modererà gli interventi e condurrà le degustazioni.
Le attività didattiche di degustazione sono realizzate in collaborazione con l‟IIS Bobbio di Carignano e l‟Accademia per Buongustai Sac à Poche.

 

DOLCI TOUR

Confermato anche l‟appuntamento dei “Dolci tour” dove, con l’accompagnamento di guide professioniste, si procederà per percorsi tematici e i partecipanti potranno scoprire i segreti del mestiere direttamente dove quest‟ultimo prende vita: nei laboratori degli artigiani e dietro le vetrine di delizie. Oltre alle visite nei laboratori e pasticcerie, si potranno apprezzare i portici torinesi che con le loro architetture documentano tutti i periodi storici della costruzione della città.

I tour proposti:

I PORTICI DELLE GOLOSITÀ
ortici, locali storici e golosità: prestigiosi caffè, pasticcerie, gelaterie saranno raccontati con dovizia di particolari e storie inedite. Da Fiorio al Caffè Elena, dalla seicentesca via Po alla piazza Vittorio Veneto, fino al gioiello guariniano di Piazza Carignano.

DOLCI PASSI NELLA VECCHIA TORINO
Tipica zona da esplorare e riscoprire, se si visita Torino, è il cosiddetto quadrilatero romano. Una tappa obbligata per gli amanti sia della storia, sia del palato. Il tour è organizzato in modo tale da raccontare locali storici dall‟architettura avvolgente e affascinante come il Bicerin, o artigianali come Cioccolato Gianduja sotto i portici alfieriani di fronte a quelli della „volta rossa dove è nato il Cottolengo. New entry di quest‟anno, la splendida pasticceria caffetteria DAF sotto i portici di via Barbaroux.

DOLCEZZE REALI
ra i tour proposti, la via candidata a diventare la „via del cioccolato‟ (via Maria Vittoria) non può mancare: tra Maestri del Gusto come Castagna e Gobino e locali storici come Caffè San Carlo e Stratta, questo tour è imperdibile per tutti gli appassionati del cioccolato.

A SPASSO TRA I MAESTRI DEL GUSTO E NON SOLO
‟ultimo tour proposto quest‟anno vuole sottolineare l‟importanza dei maestri pasticceri, cioccolatieri e gelatieri (tra cui i Maestri del Gusto: Pfatisch, Giordano, Gertosio, Miretti e Gobino) che hanno reso Torino una delle città del cioccolato d‟eccellenza. Sarà possibile osservare macchinari per la lavorazione del cioccolato, fare degustazioni e scoprire curiosità sull‟arte dolciaria torinese. Importante new entry in questo tour sarà la Pasticceria Racca dove Fabrizio Racca presenta le sue creazioni di cook design.