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Pagamenti e scambi di denaro digitali a distanza: strumenti a confronto

Inviare e ricevere denaro in pochi clic, servendosi magari del proprio smartphone o del tablet. L’emergenza sanitaria ha favorito la diffusione di strumenti di pagamento digitale a distanza come carte conto, Bancomat Pay e app per transazioni peer to peer. Ma le modalità non sono tutte uguali. L’ultimo studio di SOStariffe.it le ha poste a confronto, esaminandone costi, tetti di spesa, ma anche vantaggi e limiti

La pandemia, l’obbligo di quarantena a casa e la distanza sociale hanno imposto l’utilizzo di transazioni telematiche a distanza per garantire la sicurezza di tutti.
Mai come ora è boom dei pagamenti digitali, ma anche di scambio di denari tra privati: quali sono le modalità più convenienti e flessibili per inviare e ricevere soldi a distanza? L’ultimo osservatorio SOStariffe.it ha posto a confronto vantaggi e limiti di tre strumenti:

Bancomat Pay, carte conto e applicazioni per scambiare denaro.

Le rilevazioni sono state condotte a maggio 2020, tenendo conto delle principali condizioni rese note su siti e fogli informativi degli istituti di credito, in relazione ai prodotti esaminati.
Bancomat Pay: servizio low cost, ma solo per chi ha un conto corrente abbinato
Bancomat Pay è il servizio che, tramite l’app di mobile banking di alcuni istituti di credito, permette di effettuare scambio di denaro e pagamenti nei negozi convenzionati e verso le Pubbliche Amministrazioni che aderiscono al servizio.

Il denaro viene prelevato dal proprio conto corrente, oppure dalla propria carta prepagata con IBAN. In media su ogni transazione realizzata con Bancomat Pay si applica una commissione che oscilla tra 0,13 e 0,70 euro. Ogni giorno, in media, si può fare acquisti fino a una soglia massima di 477 euro. Mentre invece il limite mensile medio è di 1346 euro. Superati i quali non sarà più possibile pagare con questo strumento.
Il pregio più evidente degli scambi di denaro in questa modalità è l’economicità.

Le transazioni infatti, sono spesso gratuite. Alcuni istituti di credito comprendono il servizio nel costo del conto corrente o della carta di debito. Altre banche invece, applicano una commissione per ogni transazione, a prescindere dalle condizioni contrattuali della carta di debito. Altro vantaggio è la comodità, si può ‘spostare’ denaro utilizzando il proprio numero di cellulare abbinato: dunque si invia e riceve da tutti i contatti della propria rubrica. O si aggiunge un nuovo numero al momento per effettuare la transazione.

Purtroppo non tutte le banche supportano il servizio. E ciò crea delle disparità nella possibilità di usufruirne. Si tratta di un servizio ancora nuovo e con scarsa diffusione sul territorio: sono circa 2000 i negozi convenzionati in Italia che accettano i pagamenti con Bancomat Pay, anche se restano fuori molte altre attività commerciali. Tuttavia può avvalersi di Bancomat Pay solo il cliente della banca che sia titolare di un conto corrente o una carta con IBAN e ciò costituisce un limite.

Carte conto: veloci e facili da gestire da dispositivi mobili. Ma vincolate al conto corrente
Le carte conto consentono di effettuare operazioni come accredito dello stipendio e bonifici. In genere sono associate a un IBAN. Per gestire i pagamenti però è sempre necessario attivare un conto di corrente con l’istituto che rilascia la carta. Consentono di effettuare transazioni con una commissione media di 0,16 euro. Il limite giornaliero medio di spesa è molto più elevato rispetto al Bancomat Pay: si arriva a 3500 euro al giorno. Mentre, nella maggior parte dei casi, non esiste un tetto mensile ai pagamenti.

Il pregio principale di questo strumento è che le transazioni sono quasi sempre gratuite, dunque comprese nel costo del conto corrente abbinato. Inoltre i trasferimenti di denaro avvengono all’istante sul conto corrente associato alla carta e inoltre, la carta e il conto si possono gestire da una sola app.
Si tratta tuttavia di una tessera elettronica che crea un forte vincolo rispetto al conto corrente: nei negozi si può pagare solo con la carta abbinata al conto. Inoltre, in molti casi si può beneficiare del trasferimento peer-to-peer soltanto tra utenti dello stesso istituto di credito. Tutti gli altri sono tagliati fuori.

App per lo scambio di denaro: agili ed economiche. Ma lente nel trasferire denaro
Le applicazioni che consentono di scambiare denaro sono utili per evitare la consegna a mano di contanti tra persone distanti, e non solo. Si possono utilizzare ad esempio per piccoli pagamenti tra amici o per dividere il conto in pizzeria (le cosiddette transazioni peer to peer) o ancora per fare una colletta per uno scopo comune.

Si tratta di uno strumento estremamente economico e flessibile. Il denaro, con pochi click, si trasferisce da un dispositivo a un altro (in genere tra smartphone o tablet). Il primo pregio da evidenziare è la mancanza di commissioni aggiuntive di qualsiasi tipo. Le transazioni sono del tutto gratuite. Non c’è limite giornaliero, né mensile ai pagamenti. Inoltre, per trasferire le somme non serve avere nessun vincolo con una banca. Non occorre dunque collegare l’applicazione a una carta di credito o ad un conto corrente, anche se è possibile farlo.

Purtroppo però resta ancora una modalità di pagamento poco diffusa. I negozi convenzionati sono ancora molto pochi. Inoltre diversi portali di e-commerce non accettano questo tipo di pagamento. Altro difetto: il servizio non è istantaneo. Nel caso ne sia stato abbinato un conto corrente all’app, per il trasferimento di denaro dall’applicazione al conto corrente sono necessari almeno uno o due giorni.

 




Gestore, fornitore e distributore di energia: tutte le differenze 

All’interno del mercato energetico operano tre diversi soggetti, ovvero il gestore, il fornitore e il distributore di energia. Vediamo nei dettagli tutte le caratteristiche dei ruoli, qual’è la differenza tra gestore, fornitore e distributore e a chi rivolgerci per le specifiche esigenze della nostra utenza.

H2 Quali le differenze tra gestore, distributore e fornitore di energia
Nel mercato dell’energia sono tre i soggetti protagonisti: il gestore, il distributore ed il fornitore. Ognuno di essi ricopre un ruolo ben preciso e tutti e tre svolgono un compito fondamentale per la corretta erogazione delle utenze luce e gas verso i clienti domestici. Andiamo ad analizzare quindi nel dettaglio le differenze tra fornitore, gestore e distributore, e capiamo meglio i ruoli di ogni soggetto all’interno della filiera energetica.

I gestori dell’energia elettrica si occupano di garantire il trasporto dell’energia attraverso i cavi a bassa, media o alta tensione, posizionati sul territorio nazionale. Tra i compiti principale delle società di gestione dell’energia elettrica risulta esserci il dispacciamento, ovvero il monitoraggio e la gestione dei flussi di energia, che i gestori luce modulano a seconda delle necessità.

Il distributore è colui che viene incaricato di supervisionare la gestione della rete e dei contatori, oltre che del trasporto locale di energia, tutto questo dopo aver preso in carico l’energia stessa dal gestore nei punti di consegna. Oltre a questa attività il distributore si occupa di contabilizzazione e lettura dei consumi per conto dei fornitori  e si incaricano di eventuali lavori di riparazione dei guasti agli impianti di distribuzione locale. Pertanto è compito del distributore, effettuare la lettura dei consumi che verrà poi trasmessa al fornitore per calcolarne l’importo dovuto, oltre che di tutte le operazioni tecniche come l’attivazione del contatore, la verifica dell’impianto gas o l’aumento di potenza del contatore. Qualora un cliente domestico debba eseguire un primo allaccio delle utenze luce e gas, una voltura o un subentro, oppure necessiti di una riparazione al contatore, dovrà rivolgersi necessariamente al distributore.

Il fornitore, o società di vendita, è colui che si occupa della vendita al dettaglio dell’energia al cliente finale, acquistando l’energia dalla borsa elettrica o direttamente dai produttori e gestendo gli aspetti commerciali ed amministrativi legati alla fornitura di energia. Quando si attiva una nuova utenza luce, o si deve eseguire una voltura o un subentro, occorrerà dunque inviare una richiesta al fornitore. A partire da gennaio 2003 per il gas e da luglio 2007 per l’energia elettrica, come previsto dalla normativa comunitaria, tutti i clienti italiani possono scegliere liberamente il proprio fornitore e sottoscrivere la propria utenza di luce e gas, scegliendo tra mercato libero o tutelato.

H3 Differenza tra mercato libero e mercato tutelato
Il mercato tutelato dell’energia è un regime tariffario stabilito dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) il quale sancisce definitivamente il costo dell’energia, stabilendo pertanto i prezzi di luce e gas e variandoli ogni 3 mesi secondo le oscillazioni del mercato. Al contrario, nel mercato libero, i prezzi dell’energia vengono definiti dai fornitori, che definiscono le offerte nell’ambito della libera concorrenza. Con la liberalizzazione del mercato, prevista inizialmente per il 2022, poi slittata a gennaio 2023, sono i singoli consumatori che scelgono a quale fornitore appoggiarsi, decidendo loro stessi le tariffe luce e gas più convenienti in base alle proprie esigenze di consumo. Il costo della materia prima rimane l’unica variabile che un consumatore deve considerare, questo perché tutte le altre componenti che vanno a sommarsi nel costo della bolletta (spese di trasporto, oneri di sistema, tassazione) rimangono invariate per ogni fornitore, a prescindere del mercato di appartenenza, in quanto stabilite a priori da ARERA.

H4 Tutti i vantaggi del mercato libero
Il passaggio al mercato libero dell’energia, il quale non prevede alcun tipo di costo, né sospensione dell’utenza o interventi di natura tecnica sul contatore, garantisce diversi vantaggi, tra cui:

Prezzi e offerte più convenienti: in un mercato dove vige la libera concorrenza ogni fornitore ha tutto l’interesse a offrire il prezzo luce e gas più conveniente, personalizzando le tariffe in base alle esigenze del singolo consumatore. Inoltre le offerte luce e gas del mercato libero possono includere servizi  aggiuntivi, come sconti, punti fedeltà e offerte di energia verde.

Bollette dagli importi più regolari: nel regime tutelato le tariffe di luce e gas variano ogni tre mesi in base all’oscillazione dei prezzi di mercato, rendendo più difficile prevedere il costo finale della bolletta. Nel mercato libero invece le tariffe sono a prezzo bloccato per un periodo di tempo definito, permettendo ai consumatori di calcolare con maggiore sicurezza il costo finale delle utenze.

Stesso fornitore luce e gas: Nel mercato libero dell’energia è possibile scegliere lo stesso fornitore per luce e gas, cosa invece non possibile nel mercato tutelato. Avere lo stesso fornitore per entrambe le utenze rende molto più semplice il pagamento della bolletta e permette di accedere a offerte speciali per chi sceglie di attivare luce e gas con lo stesso fornitore.

Nel mercato delle telecomunicazioni i fornitori non sono altro che gli operatori telefonici. Essi forniscono servizi di interconnessione tra i cittadini come la copertura di rete o la rete Wi-fi, attraverso le migliori offerte internet presenti sul mercato. Le diverse offerte di telefonia mobile sono proposte dagli operatori proprio come le offerte luce e gas vengono “distribuite” ai cittadini dai vari fornitori di energia.




Buone notizie per gli imputati assolti con sentenza irrevocabile: via libera al rimborso delle spese legali

Lo stabiliva la Legge di Bilancio del 30.12.2020, n°178, rimasta inapplicata per mancanza del decreto ministeriale.

Solo qualche giorno fa pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20-1-2022  indica le modalità di presentazione e specifica i requisiti.

Così potrà presentare la richiesta solo chi è stato assolto dopo il primo gennaio 2021, con la formula perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

Mentre rimane escluso l’ assolto solo parzialmente (cioè condannato per alcuni capi di imputazione),  per estinzione del reato o depenalizzazione.

Ragionevolmente rimangono fuori gli imputati ammessi  al gratuito patrocinio e quelli che hanno diritto ad altri rimborsi (dall’amministrazione di appartenenza L. 135/97,  o dal querelante).

I termini di presentazione

La domanda dovrà essere presentata personalmente dall’imputato assolto mediante piattaforma informatica (accesso al sito giustizia.it mediante Spid di secondo livello) entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in corso alla data di irrevocabilità della sentenza di assoluzione. Per le sole sentenze divenute irrevocabili nell’anno 2021, le istanze potranno essere presentate a partire dal 1° marzo 2022 e fino al 30 giugno 2022 .

Il contenuto 

Il richiedente, con autocertificazione (dpr 445/2000),  dovrà ovviamente indicare le proprie generalità, codice fiscale, giudice che ha pronunciato la sentenza, con indicazione dei relativi numeri di registro (generale, Gip/Gup o dibattimento), la formula di assoluzione,  l’attestazione che per nessuna imputazione vi è stata sentenza di condanna o di estinzione per prescrizione o amnistia, totale spese legali pagate, attestazione che il pagamento è avvenuto con bonifico a seguito di parcella vidimata dal consiglio dell’ordine, la durata del processo oggetto della sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile, il grado di giudizio nel quale è stata emessa la sentenza; il totale delle spese legali per le quali è chiesto il rimborso;

Le attestazioni 

Inoltre si dovrà attestare che:

l’importo di cui si chiede il rimborso è stato versato al professionista legale tramite bonifico, inoltre che la parcella era stata vidimata dal Consiglio dell’Ordine;  ancora che l’imputato non ha beneficiato del patrocinio a spese dello Stato, e che l’imputato non ha ottenuto nel medesimo procedimento la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite, ed infine che l’imputato non ha diritto al rimborso delle spese legali dall’ente di appartenenza  (legge 23 maggio 1997, n. 135).

Altra cosa – che francamente si capisce di meno – è  la  precisazione del reddito imponibile dell’anno precedente a quello del passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione; forse perché si privilegeranno i rimborsi alle fasce più deboli, ma c’è un difetto di collegamento con i criteri di precedenza di cui si dirà più tardi.

Dovranno infine essere indicate le coordinate del conto corrente bancario o postale dove il richiedente intende ricevere il rimborso ed in ultimo  l’indirizzo di posta elettronica certificata o semplice, per tutte le eventuali comunicazioni.

Gli allegati

Ed ancora impegnativa appare l’allegazione necessaria:

  1. la copia del documento di identità, in corso di validità, dell’imputato assolto, se persona diversa dal richiedente;
  2. la documentazione attestante la rappresentanza legale dell’imputato assolto, se persona diversa dal richiedente;
  3. la copia conforme della sentenza di assoluzione con attestazione del passaggio in giudicato;
  4. la copia conforme dell’atto con il quale il PM ha esercitato l’azione penale;
  5. nomina del difensore;
  6. le fatture emesse dal legale, con indicazione della causale e della  quietanza del pagamento ricevuto;
  7. il parere di congruità del competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati;
  8. la prova del bonifico;
  9. il reddito dichiarato ai sensi del comma 3, lettera n). 5.

Criteri di priorità

Si darà priorità ai rimborsi per  processi  definiti in Cassazione, o davanti al giudice di secondo grado, infine quelli davanti al giudice di primo grado e, quindi, ai processi durati di più di 8 anni, 5 anni e per un periodo inferiore ai 5 anni

Conclusioni

Le modalità descritte fanno pensare che sarà necessario che i ricorrenti si rivolgano ad un avvocato.

E’ piuttosto difficile immaginare che un privato cittadino riesca a fare fronte a tutti gli adempimenti senza l’aiuto di un legale.

Osservazioni critiche

L’importo massimo di euro 10.500 appare più che altro simbolico.

Del tutto insoddisfacente, tenuto conto delle tabelle professionali forensi, soprattutto con riferimento ai processi che addirittura hanno avuto bisogno di arrivare in Cassazione prima di ottenere l’assoluzione o, ancor peggio, a quelli risolti a seguito di rinvio dopo annullamento della corte di cassazione.

Appare comunque un riconoscimento importante, perché finalmente passa il principio che l’azione penale deve essere esercitata con fondatezza e che, in mancanza, sarà lo Stato ad assumersene, almeno parzialmente, la responsabilità