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Web Reputation, la difesa della propria identità online

C’è un termine, entrato negli ultimi anni prima nel vocabolario comune e poi, sulla Treccani: googlare. Il verbo in questione indica molto di più della mera azione di ricerca sul web, ma abbraccia un concetto più ampio, quello della conferma di una nostra iniziale percezione.

Per capirne realmente la forza e la portata innovativa basta guardare alle nostre azioni quotidiane: ho visto un prodotto, ho sentito alla radio il nome di una certa località, mi hanno parlato bene di un certo dentista, in tutte queste situazioni, l’azione che immediatamente segue il primo impulso (per usare un termine caro al marketing) è quella di cercare conferma online e appunto googlare: il nome della località in questione, o del professionista sanitario, o del prodotto specifico, per tornare all’esempio sopracitato. Nel nostro viaggio online, alla ricerca di conferme e recensioni positive (i professionisti del marketing chiamerebbero questa fase Zero Moment of Truth (ZMOT) ci imbattiamo in una serie di informazioni, frutto di recensioni e giudizi altrui, lasciati nel grande spazio libero del web. Già lo spazio libero del web, un mondo senza vincoli e barriere che rischia di essere anche un mondo senza regole.

Cosa succederebbe infatti se, per tornare all’esempio di cui sopra, googlando sul web mi imbattessi in una serie di recensioni negative sul professionista sanitario di cui stavo cercando informazioni, quali effetti avrebbero sulla mia scelta, quali sulla reputazione del sanitario in questione?

Qui veniamo al nodo forse più spinoso della web reputation, che comprende non soltanto tutte le informazioni che forniamo noi in prima persona sul web o sui nostri account social: foto, video, pensieri condivisi in libertà, ma altresì ciò che gli altri più o meno consapevolmente, più o meno volontariamente scrivono su di noi. Foto pubblicate da altri, recensioni lasciate su portali dedicati, post pubblicati sul proprio account che fanno riferimento ad uno specifico prodotto, articoli scritti su blog.

Gli esempi sono tendenzialmente infiniti, così come le occasioni che il web offre per esprimersi. Cosa ha spinto quella persona a raccontare in termini negativi l’esperienza vissuta, quali erano le aspettative dell’acquirente sul prodotto? In realtà le variabili sono tantissime e spesso e volentieri, diventa difficile per l’avventore che legge un commento o una recensione sul web, riuscire a cogliere le mille sfumature che si celano dietro una frase e che sono sintetizzate in una recensione negativa, o in un Non mi piace, piuttosto che in una emoticon con l’espressione arrabbiata, o in un coinciso non lo consiglio. Ma chi controlla tutta questa mole di informazioni, cosa possiamo fare realmente per tutelarci? Vero, il web è sì un mondo virtuale, ma non svincolato dalle leggi, quindi in teoria, possiamo far valere gli stessi principi e le stesse norme che disciplinano nel mondo reale il diritto all’immagine, alla reputazione, e parimenti la tutela dalla diffamazione. Purtroppo però, non sempre è così semplice. Ancor più tortuoso il diritto all’oblio, la sacrosanta richiesta di non essere marchiato a vita online, di veder cancellati dati e informazioni, non (più) corrispondenti alla nostra identità. Il monitoraggio costante, la costruzione della web reputation diventano così elementi imprescindibili per il privato cittadino e ancor più per le aziende.




Direttiva NIS2: prendono forma le nuove norme europee sulla sicurezza informatica e delle reti

Il Consiglio Europeo ed il Parlamento europeo hanno recentemente raggiunto un’intesa politica sulle nuove misure per un livello comune elevato di cibersicurezza in tutta l’Unione, al fine di migliorare ulteriormente la resilienza e le capacità di risposta agli incidenti del settore pubblico e privato e dell’UE nel suo insieme.

Si tratta della nuova Direttiva denominata “NIS2” che, una volta definitivamente adottata, andrà a sostituirà l’attuale Direttiva 2016/1148 sulla sicurezza delle reti e dei sistemi informativi (NIS), primo strutturato atto legislativo a livello europeo sulla sicurezza informatica, ancora in corso di vigenza.

Adottata nel lontano maggio 2016 la e recepita in Italia con il D.lgs. 18 maggio 2018, n. 65 (anche detto “decreto legislativo NIS”), la NIS ha risposto alla progressiva esposizione dell’Europa alle minacce informatiche che nel corso degli anni sono diventate sempre più frequenti e pervasive, per via di un aumento esponenziale della superficie esposta nell’ecosistema digitale, ormai sempre più eterogeneamente interconnesso.

La direttiva NIS2 mira a fronteggiare ulteriormente questo trend di escalation cyber, rispondendo all’esigenza di protezione, in modo omogeneo nel lungo termine, a livello europeo, dei servizi e presidi essenziali e strategici di ciascuno Stato membro, includendo adesso anche Organizzazioni di medie e grandi dimensioni di più settori critici per l’economia e la società, compresi i fornitori di servizi pubblici di comunicazione elettronica, servizi digitali, acque reflue e gestione dei rifiuti, produzione di prodotti critici, servizi postali e di corriere e pubblica amministrazione, sia a livello centrale che regionale.
Il requisito dimensionale rappresenta peraltro una delle novità maggiormente significative dell’intesa politica perché i soggetti inclusi nell’alveo applicativo della nuova Direttiva verranno espressamente indicati dal Legislatore europeo, che ne circoscriverà l’ambito sulla base dei criteri di proporzionalità, un livello di gestione del rischio e criticità.
A tal riguardo vale la pena di evidenziare che la NIS2 si applicherà agli enti della pubblica amministrazione a livello centrale e regionale, riservandosi ai singoli Stati membri l’opportunità di estenderne l’applicazione a livello più periferico.

La NIS2 includerà anche l’adozione di misure di gestione del rischio di cibersicurezza per il settore sanitario, con particolare riferimento ai produttori di dispositivi medicali, proprio per rispondere alle crescenti minacce alla sicurezza rilevate durante la pandemia di COVID-19.
Dunque, la nuova direttiva intende rafforzare i requisiti di sicurezza informatica imposti alle aziende, attraverso l’introduzione di un quadro normativo che preveda un meccanismo più omogeneo ed efficace sia in termini di requisiti sia di misure di sicurezza, per la cooperazione nella gestione del rischio, degli incidenti nonché per lo snellimento degli obblighi di segnalazione in tutti i settori che rientrano nel perimetro dalla direttiva, nell’ambito di EU-CyCLONe, ossia dell’organizzata rete europea di collegamento per le crisi informatiche, che sosterrà la gestione coordinata degli incidenti di sicurezza informatica su larga scala e favorirà la condivisione di best practices a livello nazionale ed europeo.
A tal riguardo, la NIS2 nell’aggiornare l’elenco dei settori e delle attività soggetti agli obblighi di sicurezza informatica andrà anche a prevedere una serie di rimedi e sanzioni per garantirne l’effettiva applicazione.

A tal proposito, di fondamentale importanza è il tema della sicurezza delle catene di approvvigionamento e delle relazioni con i fornitori che vede introdurre adesso la responsabilità del top management nel caso di mancata osservanza degli obblighi di sicurezza informatica, introducendo altresì misure di vigilanza più rigorose per le autorità nazionali.

L’accordo provvisorio raggiunto, nel caso di definitiva approvazione da parte del Consiglio europeo e del Parlamento europeo prevederà a carico degli Stati membri un generale obbligo di recepimento della nuova Direttiva negli ordinamenti giuridici nazionali nel termine dilatorio di 21 mesi dalla sua entrata in vigore.




Classe energetica immobili, la più diffusa è la G

I potenziali acquirenti sono stati sempre attenti alla prestazione energetica dell’immobile, ancora di più dopo il primo lockdown quando la permanenza forzata in casa li ha resi maggiormente consapevoli dei costi energetici.

Questi ultimi, alla luce anche dei rialzi in corso, saranno sempre più ponderati nella valutazione della scelta dell’immobile. L’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa ha analizzato le compravendite realizzate attraverso le agenzie del Gruppo in Italia e ha rilevato che, tra il 2019 e il 2021, è aumentata la percentuale di acquisti di abitazioni in classe energetica A: si passa infatti dal 3,0% del 2019 al 4,9% del 2021.

Le classi dalla B alla F mantengono un tasso sostanzialmente costante, mentre si registra una diminuzione della percentuale di compravendite di classe G, si passa dal 59,5% del 2019 al 57,5% del 2021. La classe G rimane comunque la classe energetica più scambiata in Italia, alla luce della vetustà del patrimonio abitativo italiano.

Negli anni scorsi una maggiore sensibilità all’argomento era stata rilevata tra gli acquirenti di casa vacanza che, utilizzando l’abitazione solo in alcuni periodi dell’anno, desideravano contenere i costi di gestione dell’abitazione. In generale negli ultimi tempi si inizia a capire come un immobile in classe energetica elevata conserva valore nel tempo, anche in una futura ottica di rivendita.

Per quanto riguarda le locazioni le classi dalla A alla E evidenziano percentuali di affitto sostanzialmente stabili, cresce la percentuale di affitti in classe F che passa dal 13,9% del 2019 al 15,6% del 2021, mentre diminuisce la percentuale di locazioni in classe G che passa dal 59,1% al 58,2%. Anche sul mercato delle locazioni le tipologie più affittate appartengono alla classe energetica G.

 




Anac. Aidr: con lo Spid accesso veloce ad una serie di servizi

Dal 28 marzo è possibile accedere ad alcuni servizi online di Anac anche tramite Spid, il Sistema Pubblico di Identità Digitale. Con un unico nome utente e una sola password è, quindi, possibile fruire in modo veloce e sicuro di alcuni servizi digitali dall’Autorità Nazionale Anticorruzione già integrati con il nuovo sistema di autenticazione.

In particolare: il rilascio del Certificato esecuzione lavori (Cel) e le Attestazioni Soa (nuova versione). Il primo servizio è rivolto al Responsabile unico del procedimento (RUP) delle stazioni appaltanti che rilascia il Certificato all’impresa esecutrice di lavori pubblici che ne abbia fatto richiesta. Il secondo servizio invece è dedicato al rilascio delle attestazioni da parte delle Società Organismi di Attestazione (Soa).

“L’implementazione digitale da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – A.N.A.C, guidata da Giuseppe Busia – sottolinea in una nota Aidr – va in direzione di una sempre maggiore copertura di servizi digitali da parte della pubblica amministrazione con conseguente ottimizzazione dei tempi e delle relative procedure.

Nel 2021 lo Spid-. ricorda l’associazione Aidr in una nota – ha raggiunto il 43% della popolazione, con 26 milioni di identità rilasciate a fine ottobre dello scorso, più del doppio di quelle dello stesso periodo del 2020”.




Prezzi, Coldiretti: da grano a pane aumentano di 10 volte

Le quotazioni record raggiunte dal grano si trasferiscono a valanga sul carrello della spesa con i prezzi che aumentano di 10 volte dal campo al pane sugli scaffali. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il prezzo del grano tenero per la panificazione ha raggiunto i valori massimi del decennio a sulla base dei contratti future nei listini del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale per il mercato future delle materie prime agricole.

 

Un chilo di grano tenero in Italia è venduto a circa 32 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini ad un valore medio di 3,2 euro al chilo con un rincaro quindi di dodici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito.

 

Ad incidere sul prezzo finale sono altri costi come dimostra anche l’estrema variabilità dei prezzi del pane lungo la Penisola mentre quelli del grano sono influenzati direttamente dalle quotazioni internazionali  Se a Milano una pagnotta da un chilo costa 4,25 euro, a Roma si viaggia sui 2,65 euro mentre a Palermo costa in media 3,07 euro al chilo secondo elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del Ministero dello Sviluppo economico a settembre

 

Peraltro i prezzi al consumo – continua la Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione. Con il grano sottopagato agli agricoltori negli ultimi 4 anni si è passati da 543.000 ettari di grano tenero coltivati in Italia agli attuali poco meno di 500.000 ettari per una produzione di circa 2,87 milioni di tonnellate con l’aumento della dipendenza dall’estero che ha raggiunto addirittura il 64% del fabbisogno, sul quale ora pesa il calo delle produzioni in Russia e Ucraina per effetto del clima.

 

E a preoccupare sono le prossime semine con i costi che sono raddoppiati per gli agricoltori che – spiega la Coldiretti – sono costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione ma ad aumentare sono pure i costi per l’acquisto dei fertilizzanti delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne.

Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi occorre – afferma la Coldiretti – realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti. Una necessità – conclude la Coldiretti – per ridurre la dipendenza dall’estero da dove oggi arrivano oltre 6 chicchi di grano su 10 consumati in Italia.




Buone notizie per gli imputati assolti con sentenza irrevocabile: via libera al rimborso delle spese legali

Lo stabiliva la Legge di Bilancio del 30.12.2020, n°178, rimasta inapplicata per mancanza del decreto ministeriale.

Solo qualche giorno fa pubblicato su Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20-1-2022  indica le modalità di presentazione e specifica i requisiti.

Così potrà presentare la richiesta solo chi è stato assolto dopo il primo gennaio 2021, con la formula perché il fatto non sussiste, perché non ha commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.

Mentre rimane escluso l’ assolto solo parzialmente (cioè condannato per alcuni capi di imputazione),  per estinzione del reato o depenalizzazione.

Ragionevolmente rimangono fuori gli imputati ammessi  al gratuito patrocinio e quelli che hanno diritto ad altri rimborsi (dall’amministrazione di appartenenza L. 135/97,  o dal querelante).

I termini di presentazione

La domanda dovrà essere presentata personalmente dall’imputato assolto mediante piattaforma informatica (accesso al sito giustizia.it mediante Spid di secondo livello) entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in corso alla data di irrevocabilità della sentenza di assoluzione. Per le sole sentenze divenute irrevocabili nell’anno 2021, le istanze potranno essere presentate a partire dal 1° marzo 2022 e fino al 30 giugno 2022 .

Il contenuto 

Il richiedente, con autocertificazione (dpr 445/2000),  dovrà ovviamente indicare le proprie generalità, codice fiscale, giudice che ha pronunciato la sentenza, con indicazione dei relativi numeri di registro (generale, Gip/Gup o dibattimento), la formula di assoluzione,  l’attestazione che per nessuna imputazione vi è stata sentenza di condanna o di estinzione per prescrizione o amnistia, totale spese legali pagate, attestazione che il pagamento è avvenuto con bonifico a seguito di parcella vidimata dal consiglio dell’ordine, la durata del processo oggetto della sentenza di assoluzione divenuta irrevocabile, il grado di giudizio nel quale è stata emessa la sentenza; il totale delle spese legali per le quali è chiesto il rimborso;

Le attestazioni 

Inoltre si dovrà attestare che:

l’importo di cui si chiede il rimborso è stato versato al professionista legale tramite bonifico, inoltre che la parcella era stata vidimata dal Consiglio dell’Ordine;  ancora che l’imputato non ha beneficiato del patrocinio a spese dello Stato, e che l’imputato non ha ottenuto nel medesimo procedimento la condanna del querelante alla rifusione delle spese di lite, ed infine che l’imputato non ha diritto al rimborso delle spese legali dall’ente di appartenenza  (legge 23 maggio 1997, n. 135).

Altra cosa – che francamente si capisce di meno – è  la  precisazione del reddito imponibile dell’anno precedente a quello del passaggio in giudicato della sentenza di assoluzione; forse perché si privilegeranno i rimborsi alle fasce più deboli, ma c’è un difetto di collegamento con i criteri di precedenza di cui si dirà più tardi.

Dovranno infine essere indicate le coordinate del conto corrente bancario o postale dove il richiedente intende ricevere il rimborso ed in ultimo  l’indirizzo di posta elettronica certificata o semplice, per tutte le eventuali comunicazioni.

Gli allegati

Ed ancora impegnativa appare l’allegazione necessaria:

  1. la copia del documento di identità, in corso di validità, dell’imputato assolto, se persona diversa dal richiedente;
  2. la documentazione attestante la rappresentanza legale dell’imputato assolto, se persona diversa dal richiedente;
  3. la copia conforme della sentenza di assoluzione con attestazione del passaggio in giudicato;
  4. la copia conforme dell’atto con il quale il PM ha esercitato l’azione penale;
  5. nomina del difensore;
  6. le fatture emesse dal legale, con indicazione della causale e della  quietanza del pagamento ricevuto;
  7. il parere di congruità del competente Consiglio dell’Ordine degli avvocati;
  8. la prova del bonifico;
  9. il reddito dichiarato ai sensi del comma 3, lettera n). 5.

Criteri di priorità

Si darà priorità ai rimborsi per  processi  definiti in Cassazione, o davanti al giudice di secondo grado, infine quelli davanti al giudice di primo grado e, quindi, ai processi durati di più di 8 anni, 5 anni e per un periodo inferiore ai 5 anni

Conclusioni

Le modalità descritte fanno pensare che sarà necessario che i ricorrenti si rivolgano ad un avvocato.

E’ piuttosto difficile immaginare che un privato cittadino riesca a fare fronte a tutti gli adempimenti senza l’aiuto di un legale.

Osservazioni critiche

L’importo massimo di euro 10.500 appare più che altro simbolico.

Del tutto insoddisfacente, tenuto conto delle tabelle professionali forensi, soprattutto con riferimento ai processi che addirittura hanno avuto bisogno di arrivare in Cassazione prima di ottenere l’assoluzione o, ancor peggio, a quelli risolti a seguito di rinvio dopo annullamento della corte di cassazione.

Appare comunque un riconoscimento importante, perché finalmente passa il principio che l’azione penale deve essere esercitata con fondatezza e che, in mancanza, sarà lo Stato ad assumersene, almeno parzialmente, la responsabilità

 

 


 




Digital Europe, ecco il programma per la trasformazione digitale dell’Unione Europea

Sicurezza informatica, intelligenza artificiale, competenze digitali avanzate, supercalcolo e la garanzia di un ampio uso delle tecnologie digitali nella società e nell’economia. Questi gli obiettivi di Digital Europe, il programma di finanziamento UE per favorire la trasformazione digitale dell’Unione Europea che può contare su un budget complessivo di 7 miliardi e mezzo di euro da spendere fino al 2027.

Gli obbiettivi strategici che si inseriscono in una strategia europea più ampia e hanno come quadro di riferimento il MFF (Multiannual Financial Framework), ossia il bilancio pluriennale dell’UE, che delinea le strategie e le risorse disponibili per il periodo 2021-2027, sono i seguenti:

Horizon Europe,  il programma quadro dell’Unione europea per la ricerca e l’innovazione per il periodo 2021-2027
il programma CEF (Connecting Europe Facility), che si occupa di promuovere investimenti nelle infrastrutture strategiche, come banda larga e 5G
Creative Europe, il programma dedicato all’industria creativa e ai media
EU4Health, il programma di investimenti per la digitalizzazione del settore sanitario
la politica di coesione dell’Unione Europea, in riferimento agli obiettivi di sviluppo della rete di connettività (per ridurre le disuguaglianze tra i Paesi membri), di sostegno alle imprese e di sviluppo delle competenze digitali la strategia di trasformazione digitale del settore agricolo, che punta a sfruttare i Big Data per la politica agricola comune (CAP)
gli strumenti del Recovery and Resilient Facility (RRF), lo strumento europeo che mette a disposizione un totale di 723,8 miliardi di euro per la ripresa degli Stati membri dopo la pandemia

InvestEU, lo strumento di finanziamento per stimolare gli investimenti europei

Il work program per il biennio 2021-2022 indica le aree di intervento su cui l’UE aprirà dei bandi per promuovere la partecipazione di imprese private, affianco a soggetti comunitari:
High performance computing (HPC), gestito dall’Iniziativa europea sull’HPC (EuroHPC JU)
cyber security, che sarà gestita dall’ECC (European Cybersecurity Competence Network and Center), l’iniziativa europea che punta a creare un ecosistema industriale e di ricerca interconnesso a livello europeo sulla cyber sicurezza. In attesa che l’ECC sia operativo, il work program sarà gestito, ad interim, dal DG Connect, la Direzione generale della Commissione che si occupa delle politiche dell’Ue in materia di mercato unico digitale, sicurezza di Internet e scienza e innovazione digitale gli European Digital Innovation Hub (Edih), per cui è stato individuato un work program separato, in quanto le call che li riguardano hanno criteri diversi (gestiti da DG Connect)  main work program (il programma di lavoro principale), che copre obiettivi più specifici, gestito da DG Connect e EA HaDEA (l’agenzia esecutiva europea per la salute e il digitale).

Il main work program si concentrerà su quattro aree strategiche: l’Intelligenza Artificiale, cloud, i dati e sviluppo di programmi formativi (master) per le competenze digitali avanzate; azioni di cybersecurity e diffusione e miglior uso delle tecnologie (azioni a sostegno del Green deal, Blockchain, servizi pubblici e fiducia nella trasformazione digitale).

Le risorse
Vista l’entità degli interventi programmati, questi non saranno attivati contemporaneamente, ma saranno divisi in tre call. Le risorse complessive stanziate per il biennio ammontano a 1,38 miliardi di euro. Per la prima call – aperta lo scorso 17 novembre – sono stati stanziati circa 415 milioni di euro. Per la seconda, che sarà avviata nel primo trimestre del 2022, sono stati stanziati circa 250 milioni di euro e per la terza (che si aprirà nel terzo trimestre del 2022) circa 170 milioni di euro.




Vola la spesa pubblica, quest’anno “sfonda” quota mille miliardi di euro

Quest’anno la spesa pubblica italiana “sfonda” quota mille miliardi di euro. Per tenere aperti gli uffici, per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici, le pensioni e per erogare i servizi di natura pubblica (sanità, sicurezza, scuola, trasporti, etc.), lo Stato spende per gli italiani quasi 3 miliardi di euro al giorno. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Una cifra gigantesca che, come era prevedibile, è aumentata anche a seguito delle importanti misure messe in campo per il 2021 dai Governi Conte bis e Draghi.

Provvedimenti che si sono resi indispensabili per fronteggiare  gli effetti negativi imposti dalla crisi pandemica. Rispetto al 2020, infatti, quest’anno le uscite complessive dello Stato sono aumentate di oltre 56 miliardi di euro (154,2 milioni al giorno in più rispetto al 2020). Intendiamoci, una spesa pubblica importante, per mitigare gli effetti di una crisi economica e sociale mai vissuta negli ultimi 75 anni, non costituisce un problema, anzi. Nel momento della difficoltà nessuno può essere lasciato indietro e lo Stato ha l’obbligo di mettere in campo tutte le misure necessarie per tutelare soprattutto le fasce sociali più deboli.

  • Quest’anno spendiamo 4 PNRR

I mille miliardi di spesa pubblica che usciranno nel 2021 dalle casse pubbliche sono  un importo di oltre 4 volte superiore a quanto saremo chiamati a spendere nei prossimi 5 anni con i soldi messi a disposizione  dal PNRR che, ricordiamo, ammontano a circa 235 miliardi di euro. Intendiamoci: nessuno mette in discussione l’importanza e l’utilità delle risorse straordinarie che saremo chiamati ad investire nei prossimi anni. Ci mancherebbe.  Tuttavia, vorremmo che il dibattito che si è aperto in questi ultimi mesi sulla necessità di spendere presto e bene queste risorse europee fosse sempre vivo. Una spesa, quella pubblica, che per quasi 900 miliardi è di parte corrente e viene utilizzata, in particolar modo, per liquidare gli stipendi dei dipendenti del pubblico impiego, per consentire i consumi della macchina pubblica e per pagare le prestazioni sociali. L’assalto alla diligenza che abbiamo assistito in questi giorni in Parlamento con la presentazione di migliaia e migliaia di emendamenti alla legge di Bilancio, non lascia presagire nulla di buono. Il pericolo che nel 2022 la spesa pubblica  superi abbondantemente i mille miliardi toccati quest’anno è molto plausibile.

  • Meno tasse solo con tagli strutturali alla spesa

Nei prossimi anni il problema sarà quello di ridurre progressivamente le uscite per consentire al Governo di reperire le risorse necessarie per realizzare, in particolar modo,  una strutturale e significativa riduzione del carico fiscale su famiglie e imprese. Con un  rapporto debito/Pil che si aggira attorno al 154 per cento, questa riforma non potrà essere finanziata in deficit. Anche perché l’UE, molto probabilmente, non ce lo permetterebbe; alla luce del fatto che le disposizioni del Patto di Stabilità, che comunque dovrà essere revisionato, dovrebbero tornare operative dal 2023. Ovviamente, segnalano dalla CGIA, grazie anche alle risorse messe in campo dal PNRR, la crescita dovrà assumere dimensioni importanti. Solo così riusciremo ad aumentare significativamente la platea degli occupati che ci consentirà di spendere meno per sussidi, bonus, contributi a fondo perduto ed integrazioni al reddito. Non solo. Potremmo altresì beneficiare di maggiori entrate fiscali, grazie al versamento di nuova Irpef e di ulteriori contributi previdenziali.

  • Le politiche espansive spingono all’insù l’inflazione

Il forte aumento dell’inflazione registrato in questi ultimi mesi è sicuramente imputabile all’incremento dei prezzi delle materie prime (gas e petrolio in primis) ma, anche, dalle politiche espansive adottate dai singoli stati nazionali e dalla BCE. Tuttavia, sebbene nel biennio 2017-2018 la Banca Centrale Europea fosse arrivata ad acquistare fino a 80 miliardi di euro al mese di titoli di stato pubblici, ora ne acquista circa 15 al mese. Alla fine dello scorso ottobre con il Programma di acquisto dei titoli del Settore Pubblico (PSPP), la BCE  ne ha cumulati 2.603 miliardi, di cui 433 miliardi di titoli italiani (16,7 per cento del totale). In altre parole  è stata realizzata una grandiosa iniezione di liquidità nel sistema economico europeo che non ha precedenti. Alla luce di ciò, è evidente che se le banche centrali vorranno “raffreddare” il caro prezzi, molto probabilmente dovranno ridurre l’iniezione di liquidità immessa in questi ultimi anni. Per un Paese come l’Italia che ha un debito pubblico  gigantesco, questo scenario rischia di peggiorare ulteriormente il nostro quadro finanziario.

  • Tra le uscite spiccano le pensioni: deficit a 167,7 miliardi

Secondo la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2021, la voce di spesa corrente più significativa che registriamo  quest’anno nel nostro Paese è quella pensionistica che ammonta a 287,6 miliardi di euro. Seguono i redditi da lavoro dipendente con 179,4 miliardi,  i consumi intermedi con 161,9 miliardi, le altre prestazioni sociali con 116,3 miliardi e le altre spese correnti con 87,6 miliardi. Includendo anche gli interessi sul debito pubblico (pari a 60,5 miliardi), il totale spese correnti ammonta a 893,4 miliardi, di cui 129,4 per la spesa sanitaria. Se aggiungiamo anche le spese in conto capitale (ovvero gli investimenti), che per l’anno in corso sono pari a 107,3 miliardi, la spesa finale ammonta a 1.000,7 miliardi. Per contro, le entrate totali quest’anno raggiungeranno quota 832,9 miliardi: pertanto l’indebitamento netto si attesta a -167,6 miliardi di euro (-9,4 per cento del Pil).




Fondazione Gimbe: crescono ancora nuovi casi, ricoveri e terapie intensive

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 24-30 novembre 2021, rispetto alla precedente, un aumento di nuovi casi (86.412 vs 69.060) (figura 1) e un aumento dei decessi (498 vs 437). Crescono anche i casi attualmente positivi (194.270 vs 154.510), le persone in isolamento domiciliare (188.360 vs 149.353), i ricoveri con sintomi (5.227 vs 4.597) e le terapie intensive (683 vs 560) . In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:

  • Decessi: 498 (+14%), di cui 14 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +123 (+22%)
  • Ricoverati con sintomi: +630 (+13,7%)
  • Isolamento domiciliare: +39.007 (+26,1%)
  • Nuovi casi: 86.412 (+25,1%)
  • Casi attualmente positivi: +39.760 (+25,7%)

«Da sei settimane consecutive – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare a livello nazionale i nuovi casi settimanali (+22%) con una media mobile a 7 giorni più che quintuplicata: da 2.456 il 15 ottobre a 12.345 il 30 novembre» (figura 4). L’aumentata circolazione virale è documentata dall’incremento sia del rapporto positivi/persone testate (da 3,6% a 17,1%) , sia del rapporto positivi/tamponi molecolari (da 2,4% a 7,2%) e positivi/tamponi antigenici rapidi (da 0,07% a 0,38%) .

In tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi: dal 3,2% di Abruzzo e Umbria al 39% delle Marche . In 98 Province l’incidenza è pari o superiore a 50 casi per 100.000 abitanti e in 16 Regioni tutte le Province superano tale soglia: Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. In 32 Province si registrano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Trieste (635), Bolzano (552), Gorizia (496), Rimini (362), Treviso (342), Forlì-Cesena (321), Padova (321), Venezia (300), Vicenza (298), Aosta (286), Pordenone (252), Ravenna (245), Ascoli Piceno (234), Imperia (233), Udine (219), Bologna (213), Rovigo (213), Belluno (209), Pesaro e Urbino (203), Fermo (200), Ferrara (192), Trento (188), Verona (184), Viterbo (177), Varese (176), Verbano-Cusio-Ossola (164), Cremona (164), Roma (161), Genova (160), Monza e Brianza (157), Ancona (155) e Como (151) .

In aumento i decessi: 498 negli ultimi 7 giorni (di cui 14 riferiti a periodi precedenti), con una media di 71 al giorno rispetto ai 62 della settimana precedente.

«Sul fronte ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – si registra un ulteriore incremento dei posti letto occupati da pazienti COVID: rispetto alla settimana precedente +13,7% in area medica e +22% in terapia intensiva». A livello nazionale, al 23 novembre, il tasso di occupazione è del 9% in area medica e dell’8% in area critica, con notevoli differenze regionali: la soglia del 15% per l’area medica e del 10% per l’area critica risultano entrambe superate nella Provincia Autonoma di Bolzano (rispettivamente 20% per l’area medica e 11% per l’area critica) e in Friuli-Venezia Giulia (rispettivamente 23% per l’area medica e 14% per l’area critica); inoltre, in area medica si colloca sopra soglia la Valle D’Aosta (21%), mentre per l’area critica superano la soglia Lazio (10,3%) e Umbria (13%). «Gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – continuano ad aumentare: la media mobile a 7 giorni è passata da 48 ingressi/die della settimana precedente a 56» .

Vaccini: forniture. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) risultano consegnate 102.127.530 dosi. «Considerato che le forniture degli ultimi 7 giorni ammontano solo a 433mila dosi – commenta Mosti – l’attuale ritmo delle somministrazioni di terze dosi ha ridotto le scorte di vaccini a mRNA a quota 6,1 milioni».

Vaccini: somministrazioni. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) il 79,7% della popolazione (n. 47.226.119) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+297.415 rispetto alla settimana precedente) e il 77,1% (n. 45.683.073) ha completato il ciclo vaccinale (+247.367 rispetto alla settimana precedente) . Cresce nell’ultima settimana il numero di somministrazioni (n. 1.984.561) con una media mobile a 7 giorni di 306.445 somministrazioni/die: decollano finalmente le terze dosi (+52,5% rispetto alla settimana precedente), affiancate da prime dosi di nuovo in crescita (+34,7% rispetto alla settimana precedente)

Rispetto ai target definiti dalla struttura commissariale per il periodo 1-12 dicembre, l’obiettivo per i giorni feriali (400-450 mila dosi dal lunedì al venerdì e 350 mila il sabato) appare realistico considerato che dal 24 novembre le somministrazioni giornaliere feriali si attestano stabilmente oltre quota 300.000. Meno probabile raggiungere 300.000 somministrazioni nei giorni festivi: durante l’ultimo mese, infatti, la domenica le somministrazioni non hanno mai raggiunto quota 100 mila, eccetto il 28 novembre in cui le somministrazioni sono state poco più di 150 mil

Vaccini: nuovi vaccinati. Dopo due settimane di stabilizzazione intorno a quota 127 mila, nell’ultima settimana il numero dei nuovi vaccinati è salito a 168.377 (+31,5%) . Tuttavia, dei 6,8 milioni di persone non vaccinate crescono troppo lentamente due fasce che preoccupano: da un lato 2,57 milioni di over50 ad elevato rischio di malattia grave e ospedalizzazione, dall’altro 1,16 milioni nella fascia 12-19 che influiscono negativamente sulla sicurezza delle scuole .

Vaccini: coperture. Le coperture con almeno una dose di vaccino sono molto variabili nelle diverse fasce d’età (dal 97,4% degli over 80 al 76,6% della fascia 12-19). Lo stesso si registra sul fronte delle coperture con terza dose, che negli over 80 hanno raggiunto il 52,1%, mentre si attestano ancora al 20,2% nella fascia 70-79 e al 16% in quella 60-69 anni .

Vaccini: efficacia. I dati dell’Istituto Superiore di Sanità confermano la riduzione dell’efficacia vaccinale dopo 6 mesi dal completamento del ciclo primario, confermando la necessità del richiamo. In dettaglio:

  • l’efficacia sulla diagnosi scende in media dal 72,5% per i vaccinati entro 6 mesi al 40,1% per i vaccinati da più di 6 mesi;
  • l’efficacia sulla malattia severa scende in media dal 91,6% per i vaccinati entro 6 mesi all’80,9% per i vaccinati da più di 6 mesi.

Vaccini: terza dose. Al 1° dicembre (aggiornamento ore 06.15) sono state somministrate 6.543.004 terze dosi con una media mobile a 7 giorni che supera le 250 mila somministrazioni al giorno .

Sul repository ufficiale del Commissario Straordinario il 1° dicembre la platea per la terza dose (n. 20.548.124) è stata aggiornata sommando tutte le persone vaccinabili (con dose aggiuntiva o booster) secondo le indicazioni delle Circolari ministeriali dell’8 ottobre, 3 novembre, 11 novembre e 25 novembre. Il tasso nazionale di copertura vaccinale per le terze dosi calcolato sulla platea ufficiale è del 31,8% con nette differenze regionali: dal 21,6% del Friuli-Venezia Giulia al 44,5% del Molise .

Variante Omicron. Alla variante B.1.1.529 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha assegnato con il nome di Omicron, classificandola come variante di preoccupazione, per le numerose mutazioni presenti. Tuttavia, ad oggi i dati disponibili non permettono di sapere se, rispetto alla Delta, la variante Omicron è più trasmissibile, causa una malattia più severa, se è più probabile reinfettarsi e se può ridurre la risposta immunitaria ai vaccini.

«In questa fase d’incertezza – conclude Cartabellotta – bisogna potenziare tutti gli interventi, seguendo il principio della massima precauzione. In particolare, incrementare le attività di sequenziamento condividendo i risultati nel database GISAID, potenziare il tracciamento dei casi e monitorare attentamente le aree con rapido aumento di incidenza. Per la popolazione rimangono fondamentali i comportamenti già noti: vaccinarsi e sottoporsi alla terza dose quando indicata – con massima priorità per anziani e fragili, utilizzare la mascherina negli ambienti chiusi, possibilmente FFP2 se affollati, rispettare il distanziamento sociale e ventilare frequentemente i locali».




Vaccino, terza dose e privacy: i chiarimenti del Garante

La previsione della somministrazione di una terza dose di vaccino accende, ancora una volta, i riflettori sulla privacy e rende necessario l’intervento del Garante.

Alla base di questa nuova “querelle” le affermazioni di Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale della Lombardia, rilasciate a margine di un evento organizzato presso l’Ambasciata di Israele a Roma, secondo il quale la privacy limiterebbe la possibilità di chiamare e sollecitare gli assistiti alla somministrazione della terza dose di vaccino.

Ancora una volta la privacy viene additata di essere inutile ostacolo che rallenta o impedisce attività di vario genere, invocando, per contro, le molteplici attività di marketing che “subiamo” quotidianamente (secondo quanto riportato dalla stampa le parole di Bertolaso sarebbero “Il Green Pass è la punta dell’iceberg di un dramma che si chiama privacy: ma di che cosa stiamo parlando, veniamo ascoltati e chiamati per qualsiasi pubblicità e poi non possiamo neanche chiamare direttamente le persone per sollecitarle a fare la terza dose perché violiamo la privacy. Non fatemi parlare di privacy perché altrimenti rischio qualche denuncia”).

Emerge in maniera evidente e incontrovertibile come, per l’ennesima volta, la privacy viene invocata a sproposito, facendo confusione tra aspetti che devono essere considerati in modo autonomo perché concettualmente diversi.
È dovuto intervenire, quindi, il Garante per fare chiarezza e per ribadire, ancora una volta, che nel caso di chiamate per la somministrazione della terza dose di vaccino non si viola la privacy.

Nel comunicato del 5 novembre [doc web 9715558] si legge testualmente “L’Autorità ribadisce quindi che le iniziative volte a promuovere la vaccinazione siano realizzate attraverso gli operatori del Servizio sanitario nazionale, coinvolgendo, auspicabilmente, i medici di medicina generale, a cui è nota la situazione sanitaria degli assistiti, anche riguardo ad aspetti che sconsigliano la vaccinazione in assoluto o temporaneamente. L’Autorità ricorda infatti che, a tutela della riservatezza degli assistiti, le iniziative per promuovere e sollecitare la terza dose di vaccino, non possono avvenire attraverso altri organi o uffici amministrativi regionali o comunali”.
Nessuna violazione della privacy, quindi, per il richiamo per la terza dose di vaccino.
Come anticipato, inoltre, la necessità di contattare i cittadini per la somministrazione della terza dose non può in alcun modo essere equiparata alle chiamate “per qualsiasi pubblicità”.

Queste ultime, infatti, rientrano tra le attività di marketing per le quali l’utente deve aver fornito il proprio consenso e, nell’ipotesi in cui l’attività venga effettuata senza questa indispensabile base giuridica, l’operatore è esposto alle sanzioni previste dal Regolamento europeo (l’art. 83 prevede sanzioni amministrative fino 20 milioni di euro o al 4% del fatturato annuo).

Chissà da dove deriva quel consenso che, ipotizziamo sia un’attività lecita, consente all’operatore di chiamarci “per qualsiasi pubblicità”. Abbiamo letto le condizioni di contratto? Abbiamo letto le privacy policy dei siti che consultiamo? Delle app che utilizziamo? Cosa abbiamo accettato? Lo sappiamo? La risposta è negativa. Non lo sappiamo perché non leggiamo, non ci fermiamo e non prestiamo la dovuta attenzione alla tipologia di dati che forniamo e alle finalità per le quali verranno utilizzati. Salvo poi lamentarci se riceviamo “qualsiasi pubblicità” e invocare la violazione della privacy a giustificazione di comportamenti errati di cui siamo noi i principali artefici.