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Cimo Piemonte: per la fase 2 puntare su teleconsulto e telemedicina

Ancora una volta constatiamo la mancanza da parte della Regione di una strategia chiara ed efficace nel breve e nel medio-lungo periodo per fronteggiare la crisi sanitaria.

Medici e Infermieri continuano a essere esposti a un alto rischio di contagio, perché i test sierologici e i tamponi non vengono fatti a tappeto, e soprattutto a oggi continuano a essere esclusi gli asintomatici, il veicolo più facile per la diffusione del Covid-19.

A questo si aggiunge una totale confusione da parte dei vertici regionali sulle strategie da adottare per la Fase 2: non dimentichiamoci che non esiste solo il coronavirus, tanti cittadini con patologie croniche ma non urgenti in questo momento sono isolati a casa senza un’adeguata assistenza medica.

Ieri ci aspettavamo delle risposte da chi si è presentato al posto dell’Assessore Icardi, ma non sono arrivate. Così come siamo rimasti sconcertati dalla vaghezza con cui è stato trattato il tema del contributo economico stanziato dal Governo per il personale sanitario. I 18,4 milioni di euro destinati al Piemonte, a distanza di un mese dal provvedimento, continuano ad essere fermi in Regione”. A dichiararlo è Sebastiano CavalliSegretario di Cimo Piemonte, il sindacato dei medici.

 

«Riteniamo – prosegue il dottor Cavalli di Cimo – che per affrontare al meglio la Fase 2 serva anzitutto lavorare in modo unitario. La gestione dell’emergenza nella nostra Regione ha mostrato grandi limiti, causati soprattutto da una mancanza di visione preventiva. Per non commettere gli stessi errori, proponiamo un’azione veramente incisiva in termini di test sierologici, tamponi e disponibilità ampia di DPI, ma non basta. Serve puntare sul teleconsulto e la telemedicina: le tecnologie aiuteranno medici e pazienti. Chiediamo concretezza e azioni veloci da parte delle Istituzioni sul breve termine e un reale cambio di passo sulle politiche sanitarie regionali da qui ai prossimi tre anni».  

 




Cassa integrazione: decuplicati i funzionari per le istruttorie

La Regione ha decuplicato il personale dedicato alle istruttorie sugli ammortizzatori sociali con particolare attenzione alla Cassa integrazione, passato da 5 a 50 persone e altre sono in fase di formazione. A spiegarlo è stata l’assessore al Lavoro, Istruzione e Formazione professionale, Elena Chiorino, durante la terza Commissione, presieduta da Claudio Leone.

“Rispetto ad altre regioni che hanno deciso di effettuare un invio massivo di istruttorie per la cassa integrazione in deroga la Regione Piemonte, che riceve in media 2mila domande al giorno, ha deciso di procedere a un’istruttoria più dettagliata, con la verifica di tutti i campi e i dati inseriti”, precisa l’assessore.

“Ciò ovviamente allunga i tempi di analisi, ma permette di avere maggiori certezze circa l’accettazione dell’istruttoria da parte dell’Inps ed evita che al lavoratore venga chiesta la restituzione di somme qualora l’Inps decida una revisione del procedimento”.

Per quanto riguarda il capitolo della formazione professionale, Chiorino ha affermato che “la Regione Piemonte ha mantenuto un dialogo costante con le agenzie formative; ha anche allargato il più possibile le maglie per facilitare l’attività di formazione a distanza, attraverso la determina 127 del 3 aprile.

Fra una decina di giorni definiremo una nuova determina con lo scopo di garantire la formazione anche in vista della riapertura delle attività”. A livello nazionale è stata inoltre annunciata una deroga al monte ore iniziale previsto per la formazione a causa di forza maggiore: questo consentirebbe il riconoscimento della spesa collegata per le agenzie formative.

Per gli esami di fine anno sarà necessario un coordinamento fra regioni e a livello nazionale, ma Chiorino auspica un’effettuazione degli esami in presenza, nel rispetto delle condizioni di sicurezza per la salute, così come la possibilità di svolgere tirocini extracurriculari. L’assessore ha poi dichiarato che come Conferenza delle Regioni verrà fatta richiesta di inserire la formazione professionale come emendamento al decreto Cura Italia o in prossimi decreti, perché desta preoccupazione la tenuta del sistema nel medio periodo.

Su richiesta dei consiglieri Maurizio Marello e Domenico Rossi (Pd), Chiorino ha poi spiegato che il ministro per la Coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, ha chiesto alle Regioni una riprogrammazione dei fondi Por, chiedendo al Piemonte più dei 20 milioni proposti, anche se al momento non sono stati sottratti fondi del “Riparti Piemonte” alla formazione professionale.

Alla domanda della consigliera Francesca Frediani (M5s) circa la possibilità di fornire dispositivi informativi a chi non ne è in possesso per facilitare la formazione a distanza, l’assessore ha precisato che attualmente c’è un problema di risorse a disposizione e che quando ci sarà certezza sui numeri si potrà fare una programmazione.

Scarpe&Scarpe verso il piano di risanamento

Sono stati forniti alcuni aggiornamenti sulla situazione dell’azienda Scarpe&Scarpe, che conta in Italia 1.800 dipendenti di cui 427 in Piemonte, dove si trova anche la sede legale. La società, che presentava già problemi di liquidità prima dell’emergenza sanitaria, ha presentato il 4 aprile istanza di concordato preventivo e i dipendenti beneficiano attualmente della cassa in deroga per l’emergenza Covid.

Dopo un incontro con i sindacati e con l’ipotesi di riapertura, almeno parziale, dei negozi l’azienda ha espresso l’impegno di pagare gli arretrati. Attualmente non è ancora stato richiesto un tavolo regionale, ma decisivo sarà il prossimo incontro al Mise il 12 giugno quando dovranno essere presentate le linee guida del piano di risanamento aziendale.

La Commissione ha infine espresso parere favorevole a maggioranza sulla proposta di atto deliberativo della Giunta in riferimento all’articolo 9 della legge regionale 9/2015 “Programma regionale di intervento a sostegno dei costi per la difesa del bestiame e il risarcimento dei danni causati dalle predazioni da canidi sui pascoli piemontesi”, presentato dall’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa.

Sono pervenute osservazioni da parte dei consiglieri Angelo Dago (Lega) e Carlo Riva Vercellotti (Fi) circa la difficoltà da parte degli allevatori a istruire la domanda di partecipazione al bando per due ordini di motivi: la necessità di disporre di cani certificati – che hanno costi onerosi – e la difficoltà di ottenere la visita del veterinario dell’Asl per certificare la predazione qualora questa avvenga in alpeggi e luoghi isolati.

A fronte di queste criticità e di quelle evidenziate dalla consigliera Sarah Disabato (M5s) in merito ai ritardi nell’ottenimento dei risarcimenti, l’assessore ha assicurato l’impegno a superarle, favorendo la sburocratizzazione dell’iter dell’istruttoria e ricordando che sono previsti finanziamenti a disposizione delle aziende per l’acquisto dei cani certificati.

 

 




Confagricoltura Piemonte: dignità del lavoro per un’agricoltura etica  

Il Coronavirus non ferma le attività agricole. Tra poco meno di un mese inizierà la raccolta dei piccoli frutti. A seguire sarà la volta delle ciliegie, per passare poi alle albicocche e alle prime pesche.

In Piemonte, con il mese di giugno – spiega Confagricoltura – la campagna di raccolta della frutta entra nel vivo, coinvolgendo migliaia di lavoratori, fino allo scorso anno provenienti in gran parte dall’estero.

Il numero di operai agricoli in Piemonte, in totale, è passato dai 31.008 del 2008 ai 40.936 del 2017. Per quanto riguarda la cittadinanza degli operai agricoli, soltanto il 65,62% è italiana. I cittadini extracomunitari occupati a tempo determinato in agricoltura in Piemonte nel 2017, secondo i dati dell’Inps, sono stati 14.154 (per un totale di 1.030.931 giornate di lavoro). Per quanto l’ambito di occupazione, 11.260 sono stati occupati complessivamente in orticoltura, frutticoltura e viticoltura.

Quest’anno avremo maggiori problemi a trovare manodopera disponibile per le nostre campagne – chiarisce Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonteanche per le disposizioni in materia di distanziamento sociale. In questo contesto di sentiamo impegnati ancor di più a intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro irregolare, per trovare soluzioni di accoglienza dignitose e, in generale, per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori stranieri”.

Confagricoltura Piemonte ricorda che a novembre dell’anno scorso aveva presentato agli assessori regionali Protopapa (Agricoltura), Icardi (Sanità) e Caucino (Politiche sociali) un progetto denominato Agricoltura Etica.

In queste settimane a Saluzzo, per iniziativa degli enti locali del territorio, si sta sviluppando un’iniziativa che va nel solco della proposta di Confagricoltura. Il progetto prevede la locazione, in convenzione e con il contributo pubblico, di moduli abitativi da destinare ai lavoratori stranieri senza altra possibilità di alloggio nell’impresa agricola in cui sono assunti.

Ci piacerebbe che l’iniziativa si potesse sviluppare accogliendo la seconda fase del progetto che avevamo proposto alla Regione – dichiara il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccarodefinendo insieme una serie di buone pratiche volontarie che possano consentire alle imprese che le adotteranno di fregiarsi di un marchio di qualità, promuovendo le produzioni frutticole ottenute. Nella definizione del progetto – conclude Zuccaro – oltre agli attuali attori intendiamo coinvolgere le organizzazioni sindacali dei lavoratori e gli enti bilaterali agricoli, per rafforzare la promozione del rispetto della persona e della diffusione della cultura legalità e della sicurezza”.

In Piemonte – ricorda Confagricoltura – le aziende frutticole sono circa 8.000 per una superficie coltivata di circa 18.500 ettari. Il comparto genera un fatturato di oltre 500 milioni di euro su un totale nazionale di 4 miliardi. La maggior parte della frutticoltura (60%) si concentra nel Cuneese, seguita dal Torinese col 25%, dal Vercellese con il 10% e dalle restanti province con il 5%.

 




Silb-Fipe: contributi a fondo perduto, abbattimento delle accise e un tavolo di lavoro

Contributi a fondo perduto, abbattimento delle accise e un tavolo di lavoro per valutare le modalità di riapertura per un comparto che sarà tra gli ultimi a riprendere le attività, a causa dell’emergenza Covid19: sono alcune delle richieste che i rappresentanti sindacali di Silb-Fipe – l’associazione delle imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo – e Confcommercio Piemonte hanno portato all’attenzione della commissione Cultura del Consiglio, presieduta da Paolo Bongioanni e alla quale ha preso parte anche l’assessore Vittoria Poggio.
In audizione i sindacati hanno lamentato di non aver avuto al momento risposte adeguate da parte del Governo e hanno ribadito di ritenere inadatti i provvedimenti del Cura Italia: il settore degli intrattenimenti serali e notturni è stato uno dei primi a chiudere per l’emergenza sanitaria e sarà appunto uno degli ultimi a riaprire, per la sua natura aggregativa, che richiede uno studio attento delle misure di distanziamento sociale da attuare.  Per questo chiedono nuove forme di aiuti a fondo perduto, che garantiscano liquidità. Ma anche la possibilità per gli esercenti con la doppia licenza di poter riaprire i locali con la sola somministrazione di alimenti e bevande.

Sono intervenuti Gianluca Sala per Confcommercio Piemonte, Alessandro Mautino, presidente provinciale Torino Epat , i presidenti provinciali di Fipe Silb di Alessandria, Cuneo, Asti, Alto Piemonte, Enzo Patitucci, Federica Toselli, Matteo Bosia, Maurizio Lo Vecchio e Rocco Pulitanò dell’Atl Cuneo.

Hanno posto alcune domande per chiarimenti il presidente della commissione Bongioanni e i consiglieri Francesca Frediani e Sarah Disabato (M5s), Gianluca Gavazza (Lega), Diego Sarno (Pd).

In chiusura l’assessore Poggio ha ricordato che a breve la Giunta approverà il disegno di legge “Riparti Piemonte” per favorire la ripresa economica del territorio e che si sta attivando per rispondere alle esigenze di liquidità del mondo della cultura dei servizi rivolti al turismo, sia attraverso misure a fondo perduto, sia con la rimodulazione del piano competitività a sostegno proprio di quelle attività che sono rimaste chiuse più a lungo. Domani in Conferenza Stato-Regioni si farà portavoce delle istanze pervenute dal comparto.




Covid19 e fase due, Torino si propone come motore per il rilancio del territorio

Gli effetti dell’emergenza dettata dal coronavirus stanno minando significativamente il tessuto produttivo e sociale dell’intero territorio metropolitano torinese e la crisi va affrontata individuando nuovi modelli d’intervento e soluzioni innovative in stretto raccordo con le misure coordinate con la Regione Piemonte per proteggere i lavoratori, favorire l’occupazione, sostenere il reddito ed il lavoro, rafforzare il sistema di welfare e le reti di protezione sociale ed i servizi pubblici essenziali.

“Come già emerso nel proficuo confronto dei Sindaci con il Governo dei giorni scorsi – dice Chiara Appendino – i Comuni e gli altri enti territoriali dovranno essere la base da cui prenderà avvio la ripartenza della fase due e di quelle successive, in considerazione del ruolo di questi enti di antenne sul territorio e di gestori dei più rilevanti servizi di prossimità per i cittadini.

Ci vogliamo quindi attivare con la Regione Piemonte in un’ottica collaborativa per discutere e condividere un piano di difesa e sviluppo socioeconomico, con precise priorità d’intervento e risorse sufficienti per supportare tutte le misure utili alla ripresa dei cantieri e ad un riapertura uniforme in tutte le diverse realtà”.

La sindaca metropolitana Chiara Appendino dopo il confronto nella riunione dei capigruppo del Consiglio metropolitano ha firmato un decreto che sarà esaminato nella prossima seduta virtuale di venerdì 8 maggio nel quale si ribadisce che la Città Metropolitana di Torino, nell’ambito della sua funzione fondamentale di promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, intensificherà la concertazione con le 11 zone omogenee in cui è suddiviso il vasto territorio metropolitano con le 312 Amministrazioni comunali.

La Città metropolitana attiverà un tavolo di coordinamento stabile con i portavoce delle zone omogenee che rappresentano dimensioni ed esigenze diverse a seconda delle caratteristiche socio economiche territoriali.

Roberto Montà, capogruppo della lista Città di Città, ricorda come il suo gruppo avesse già sollecitato “un ruolo più incisivo da parte di Città metropolitana sul  fronte del coordinamento in considerazione proprio delle marcate differenze territoriali” e chiede “di essere più incisivi verso la Regione Piemonte che ci deve riconoscere un ruolo strategico”.

Paolo Ruzzola capogruppo della Lista civica per il territorio aggiunge che “ogni iniziativa utile a fare sistema per rispondere attraverso una visione condivisa tra i Comuni, la Città metropolitana, la Regione e il governo per favorire una ripartenza che non lasci indietro nessuno, non può che essere auspicata”.

Conclude Dimitri De Vita capogruppo della lista Movimento 5 stelle “Rappresentiamo oltre il 50% della popolazione regionale, siamo stati individuati ex lege quali curatori dello sviluppo strategico del territorio, ora più che mai ci si deve coordinare con la Regione sui temi d’interesse metropolitano con particolare riferimento alla difesa ed al sostegno della micro e piccola impresa”.




Provenzano, CNA Piemonte: “Riaperture in sicurezza quanto prima e contributo d’onore”

Noi da settimane rilanciamo la proposta del Contributo d’onore per le piccole attività: un contributo pubblico regionale, senza banche, senza interessi né garanzie da restituire nei prossimi dieci anni appena ci saranno le condizioni, spiega il segretario regionale di CNA Piemonte Filippo Provenzano.

 

“Serve un sostegno concreto, un atto di fiducia per non fare chiudere le  attività. Parrucchieri, estetiste, pasticcerie, gastronomie, operatori della ristorazione, sartorie, sale cinematografiche: per chi lavora a incasso giornaliero quasi due mesi di stop sono insostenibili e ulteriori rinvii sono insopportabili”, conclude Provenzano.




Confartigianato Torino, De Santis: “A causa della burocrazia per ottenere credito serve un mese”

Nelle intenzioni del Governo il Decreto Liquidità a garanzia statale, è un intervento di liquidità immediata per le imprese che si apprestano a riaprire e intraprendere la fase 2.

Ma per funzionare, e per scongiurare la definitiva chiusura delle micro e piccole imprese artigiane, che si trovano con l’acqua alla gola per il mancato fatturato di marzo e aprile, la liquidità dovrebbe essere, appunto, immediata. Una questione di ore dalla richiesta alla concessione del credito. Ma così non è.

Secondo un sondaggio condotto su un campione di associati di Confartigianato Torino, un terzo pensa di non potersi più mettere in carreggiata e sta valutando la chiusura definitiva dell’attività, più di terzo del campione ha fatto richiesta al finanziamento fino a 25mila euro, previsto dal Decreto, mentre gran parte  del campione ha richiesto la moratoria su mutui e finanziamenti in corso.

 

“I danni della pandemia sulle micro e piccole imprese artigiane sono incalcolabili, – commenta Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino – Una discreta fetta dei nostri associati ha provato a chiedere il prestito di 25mila euro a garanzia statale, che doveva essere erogato in 48-72 ore. In realtà i nostri artigiani si ritrovano a doversi misurare con vincoli burocratici e lungaggini che rallentano la concessione del credito e devono attendere fino ad un mese di tempo.

“Da un punto di vista burocratico funziona così – spiega De Santis – occorre esibire il bilancio del 2018 e quello provvisorio del 2019, sotto forma di stato patrimoniale e conto economico, si obbliga a produrre anche altri documenti per istruire una pratica da firmare e timbrare, quindi si invia al medio credito centrale che nella emergenza attuale si riunisce solo 2 volte alla settimana ( a differenza delle due riunioni mensili) Poi si redige un verbale di approvazione che viene inviato alla banca con il successivo sblocco dei soldi da parte dello Stato.

La banca quindi chiama il beneficiario del credito per firmare un contratto, segue l’erogazione. Tutta questa trafila si svolge in un mese circa. Questo meccanismo di erogazione dovrebbe essere veloce e immediato, quasi automatico, soprattutto per il finanziamento a 25000 euro garantito al 100 % dallo stato e per il quale dovrebbe esserci per decreto un automatismo. Le nostre imprese sono allo stremo. Se vogliamo ripartire, dobbiamo sostenerle, ma la velocità è fondamentale. Diversamente, non ci rimane che contare le imprese sopravvissute alla pandemia”.

 

E ancora una volta l’ostacolo più importante per la sopravvivenza delle imprese è la burocrazia che, allunga i tempi, scoraggia i Piccoli dal farsi avanti e complica il percorso di avvicinamento alla fase 2.

 

“C’è il reale rischio che, nella fase 2, le nostre imprese non abbiano le risorse per rialzare le serrande – continua De Santis – e per affrontare tutte le indicazioni sanitarie per contrastare la diffusione del virus”.

Insomma, le Banche in queste operazioni non si sentono sufficientemente tutelate e chiedono che si eviti il ribaltamento di responsabilità su di loro nel caso in cui le misure offerte alle imprese non sortissero gli effetti sperati e le aziende cadessero in stato di insolvenza con possibili conseguenze di procedure fallimentari.

 

Confartigianato Torino sottolinea, inoltre, come l’ottenimento del credito a garanzia statale potrebbe anche essere un meccanismo non virtuoso in quanto costituisce un debito, un onere, seppur a interessi bassi e vantaggiosi rispetto ad un normale finanziamento. La proposta di Confartigianato Torino consiste quindi di erogare una parte a fondo perduto, così come viene fatto in altri stati dell’Unione (Germania e Inghilterra).

 

Confartigianato Torino plaude all’iniziativa del Prefetto Claudio Palomba di aprire un tavolo con Abi e Istituti di credito per favorire l’accesso al credito.

 

“All’interno di Confartigianato Torino – conclude De Santis – è attivo un servizio in grado di supportare le imprese nella corsa burocratica ai prestiti, nel semplificare e superare gli innumerevoli cavilli normativi e agevolare le imprese nei percorsi utili all’ottenimento delle agevolazioni contenute nel Decreto Liquidità”.




La Regione Piemonte sostiene il comparto agricolo piemontese

La Regione Piemonte sostiene il comparto agricolo piemontese tramite l’Agenzia Piemonte Lavoro e i suoi Centri per l’impiego.

Con il portale web sarà dato supporto alle aziende nella ricerca di candidati disponibili a svolgere attività stagionali urgenti, quali la raccolta di fragole, asparagi e primizie, le operazioni di primavera nelle vigne e l’avvio delle colture estive, in un quadro di assoluta trasparenza e legalità.

Possono candidarsi disoccupati, inoccupati e quanti intendono integrare il proprio reddito. Chi percepisce l’indennità di disoccupazione Naspi o il reddito di cittadinanza potrà mantenere il proprio status e non subirà decurtazioni nei limiti e nelle modalità previste dalla legge.

L’assessore al Lavoro Elena Chiorino la considera “un’iniziativa particolarmente significativa, assolutamente in linea con quanto vado sostenendo da settimane, cioè che per salvare i nostri raccolti occorre puntare prima di tutto sui tanti italiani e piemontesi che hanno perso il lavoro e che sarebbero ben disponibili a reinventarsi in questo settore e anche sui tanti i beneficiari del reddito di cittadinanza che, al momento, non hanno ancora trovato sbocco occupazionale”.

Per l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa “è uno strumento utile per questa emergenza ma pratico anche per la futura gestione del lavoro in agricoltura, che permetterà di trovare e offrire lavoro superando molti ostacoli burocratici. L’obiettivo è presentare opportunità lavorative e al tempo stesso rispondere alle richieste urgenti di manodopera pervenute dalle aziende agricole piemontesi”.




Le imprese artigiane del Piemonte chiedono di poter vendere da subito con formula “take away”

Fra una settimana potrebbero nuovamente servire i loro clienti anche se esclusivamente con la formula d’asporto. Per le attività artigiane della ristorazione del Piemonte, come gelaterie, pasticcerie, pizzerie, rosticcerie o altri servizi di ristorazione, anche se non sarebbe un ritorno alla piena normalità, rappresenterebbe un significativo ri-inizi, dopo il buio di 2 mesi di lockout.

 

Ma, purtroppo, tutto ciò potrebbe non accadere per le imprese del Piemonte, in quanto il Presidente Cirio ha annunciato che intende fermare la soluzione del take away, fino a data da destinarsi.

 

 

Le imprese artigiane del Piemonte che operano in questi settori, secondo recenti analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato Piemonte, su dati UnionCamere, sono ben 89.163  di cui  19.397 del settore dolciario.

 

La novità, annunciata domenica sera dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che con un apposito Decreto autorizza a servire i propri clienti con la formula “take away”, potrebbe non riguardare la regione Piemonte. In qualche regione, come Toscana, Abruzzo e Veneto, queste imprese possono vendere i loro prodotti già da ieri mattina. Per assicurare le necessarie garanzie sanitarie al consumatore, alle attività produttive è consentita la procedura per la vendita per asporto, che avviene tramite preventiva ordinazione online o telefonica e non presso l’esercizio, in modo che gli ingressi per il ritiro dei prodotti ordinati avvengano in modo dilazionato, impedendo di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario alla consegna e al pagamento della merce.

 

“Apprendiamo dai media con sgomento e preoccupazione l’ipotesi di uno slittamento del take away – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Piemonte – La categoria è amareggiata ed esasperata dalla situazione che si sta verificando per il protrarsi del Lockdown. Siamo sconcertati come un’amministrazione possa legittimare in questo modo il proliferare della concorrenza sleale della grande distribuzione.  Se i Governatori di altre regioni hanno autorizzato tale formula, anticipando, di fatto, il Presidente del Consiglio perché non farlo anche qui da noi?”.

 

“Da giorni riceviamo telefonate di artigiani della ristorazione che chiedono di far pressioni sulla Regione – continua Felici – per consentire anche nel Piemonte almeno con la formula del ritiro in negozio, la vendita di tutte le loro produzioni”.

Tutti i mestieri artigiani della ristorazione, a causa delle disposizioni imposte dai Decreti, da inizio marzo non hanno potuto effettuare la somministrazione dei loro prodotti e neanche vendere direttamente attraverso la modalità di semplice asporto dei prodotti. Inoltre, alcune attività artigiane, come per esempio le gelaterie e le pasticcerie sono state pesantemente danneggiate dalle disposizioni ancora in vigore. Queste, infatti consentono la commercializzazione dei gelati nei supermercati, attraverso i banchi frigo, e la negano alle piccole gelaterie artigiane. C’è però da sottolineare come queste ultime, allo stato attuale, avrebbero solo la possibilità di fare consegne a domicilio, attività che, per l’impegno richiesto e oneri burocratici ed economici da affrontare, risultano pesantissime da affrontare per esercizi di piccole dimensioni, a gestione familiare e senza dipendenti, che sono la maggior parte in questo settore.

 

“Per tutelare queste imprese e scongiurare il colpo di grazia definitivo – conclude Felici – chiediamo al Governatore del Piemonte di fare un’inversione di pensiero per un comparto che è stato già devastato dagli obblighi di chiusura totale”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Genovesio (CNA Agroalimentare Piemonte): “Pronti a trovare soluzioni sul take away”

Mi si spieghi che differenza c’è tra fare la fila per comprare le sigarette dal tabaccaio e fare la fila per comprare una torta, un piatto di gastronomia o un gelato da un artigiano?”. In questi mesi le imprese del settore agroalimentare hanno accettato tutti i provvedimenti di limitazione, ma adesso la misura è colma.

 

È Giovanni Genovesio, presidente regionale di CNA Agroalimentare e portavoce Horeca, a dar voce al malcontento dovuto ai provvedimenti contenuti nel DPCM con le prescrizioni per la Fase 2 e alle possibili restrizioni al take away imposte, invece, dalla Regione Piemonte.

 

Mentre il Governo inserisce questo settore tra le ultime categorie in ordine di tempo a poter riaprire, la giunta regionale guidata da Alberto Cirio, ha già annunciato politiche più restrittive proprio nei confronti distribuzione del cibo da asporto.

 

“Come mai vanno benissimo le code chilometriche davanti ai supermercati, nei quali si è continuato a vendere, pasticcerie, gastronomia fresca liberamente, e tre persone non possono stare davanti a un ristorante per prendersi il pranzo da portare in ufficio o la cena da portare a casa?”, si chiede provocatoriamente Genovesio.

 

“C’è un protocollo sottoscritto tra le parti sociali, si applichi il protocollo e si conceda di riaprire per l’asporto. Siamo disponibili a confrontarci con la Regione, troviamo una soluzione , ma le imprese non hanno più tempo”, ha concluso Genovesio.