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Artigiani e fase3: ripartire ma non a tutti i costi

A un mese circa dalla fine del lockdown, che ha riguardato la quasi totalità delle attività produttive dell’artigianato, che hanno riaperto secondo il calendario previsto dai vari provvedimenti in materia, Confartigianato Torino ha voluto “misurare la febbre” delle imprese artigiane attraverso un questionario che è stato sottoposto a un campione di associati.

L’obiettivo è stato quello di valutare lo stato di salute del comparto artigiano sopravvissuto a una crisi sanitaria, sociale ed economica senza uguali che si è abbattuta su un tessuto produttivo già fragile e provato da un decennio di crisi.

 

Il sondaggio di Confartigianato Torino si è rivolto alle micro e piccole imprese artigiane associate: il 43,4% è titolare di un’impresa con al massimo cinque addetti mentre il 38,6% è un’impresa individuale.

 

L’esito del sondaggio ci restituisce una fotografia a tinte fosche del mondo dell’artigianato, caratterizzato da pessimismo per i mesi a venire.

 

La maggioranza del campione (56,6%) non ha fatto richiesta di finanziamenti, mentre del restante campione che ha richiesto finanziamenti: il 60,5% ha avuto esito positivo, il 10,5% è in attesa dell’erogazione e il 23,7% deve essere ancora processato.

 

Sul tema relativo allo strumento di sostegno più importante in questa fase, la quasi totalità del campione (81,7%) ha indicato i contributi a fondo perduto, il 9,8% il credito d’imposta su spese attività e contenimento Covid-19.

 

“E’ significativo che la maggioranza del campione non abbia chiesto finanziamenti per ripartire: gli artigiani non vogliono riprendere l’attività con un debito che prima o poi devono ripianare. Ed è altrettanto significativo che la maggioranza degli artigiani interpellati abbia segnalato quale misura più importante di sostegno i contributi a fondo perduto. Le imprese artigiane si sono poi dovute confrontare con procedure burocratiche e lungaggini per l’erogazione dei finanziamenti che hanno scoraggiato le richieste. Ripartire sì, ma non a tutti i costi. Alcuni hanno preferito fermarsi. Anche se secondo me il peggio deve ancora venire. Temo che in autunno il numero delle serrande abbassate aumenteranno, se il fatturato non riprenderà a salire”: questo il commento di Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino.

 

Alla domanda relativa alla valutazione sulla difficoltà del percorso operativo di accesso alle misure di sostegno messe in atto per le imprese, la maggioranza (80%) ha indicato un livello medio-alto di difficoltà.

 

“I nostri artigiani si ritrovano a doversi misurare con vincoli burocratici, lungaggini e difficoltà di accesso alle misure di sostegno. I percorsi di sostegno dovrebbero essere veloci e immediati, quasi automatici – riprende De Santis – Le nostre imprese sono allo stremo. Se vogliamo ripartire, dobbiamo sostenerle ma velocità e semplificazione sono fondamentali: ben venga la digitalizzazione delle procedure ma tenendo conto delle tecnologie a disposizione delle micro e piccole imprese.  Diversamente, non ci rimarrà che contare le imprese sopravvissute alla pandemia”.

 

“Pur nella comprensione dell’estrema difficoltà generalizzata che sortisce inevitabili risvolti nelle  scelte politiche – continua De Santis- non possiamo negare l’inconsistenza di alcuni provvedimenti che non si stanno traducendo in vero sostegno, soprattutto nel ritardo e nello slittamento temporale tra la necessità di fare presto, più volte manifestata, e l’effettiva attivazione di misure concrete di aiuto. Tale inadeguatezza e tali ritardi rischiano di minare definitivamente la possibilità di sopravvivenza delle imprese, vanificando qualsiasi modalità di ripartenza”.

 

Nella fase di riapertura le imprese artigiane hanno dovuto sostenere anche i costi relativi alla messa in sicurezza e alla sanificazione che deve essere effettuata in modo accurato e costante:

il 72,7 %del campione per la messa in atto delle misure di contenimento Covid ha sostenuto fino a 500 euro di costi, il 22,1% da 500 a 1.500 e il 3,9% da 1.500 a 3.000.

 

“Dall’inizio della pandemia le imprese artigiane del nostro territorio stanno vivendo situazioni di enorme difficoltà-continua De Santis-senza certezze sul futuro lavorativo, per molte di loro si sono bloccati i pagamenti con conseguenze sulla mancanza di liquidità per fronteggiare la riapertura dell’attività e sostenere le spese relative alla sicurezza sanitaria. Per gli artigiani i nodi da sciogliere sono diversi: senza risorse, per le nostre imprese diventa difficile sostenere i costi per la sicurezza.  Sappiamo bene che le imprese dovranno affrontare un periodo difficile per la loro sopravvivenza, anche, in considerazione delle norme che devono applicare”.

 

Sul tema lavoro emerge un quadro di pessimismo e preoccupazione. La metà del campione prevede una diminuzione delle commesse per i prossimi mesi a venire, il 24% ritiene che rimarranno costanti, mentre il 20% non sa ancora fare previsioni.

 

In merito alla diminuzione del personale: la maggioranza del campione (59,4%) ritiene di non dover licenziare il personale, il 17,4% prevede una riduzione del personale, mentre il 23% non sa ancora rispondere.

 

Per quanto riguarda il calo del fatturato per il trimestre marzo, aprile e maggio 2020 rispetto allo stesso trimestre 2019: il 29,6 del campione ha registrato un calo del 50%, il 25,9% fino al 30% e il 24,7% ha registrato un calo del 75%. 

 

Sugli investimenti da effettuarsi nei prossimi dodici mesi la maggioranza del campione (64,6%) non ha in programma di effettuarne, mentre il 6,1% prevede di fare investimenti per ampliamenti e il 4,9% per sostituzione. Il 24,4% non sa.

 

“C’è bisogno di agire bene e in fretta per evitare che alla pandemia si aggiunga una catastrofe economica-incalza De Santis-Le misure prese dal Governo rappresentano un primo passo, ma devono uscire dalla dichiarazione di intenti e divenire rapidamente azioni concrete. Il mondo delle pmi è allo stremo, non può più aspettare. La lentezza ha annullato l’efficacia di molti dei provvedimenti realizzati finora. Ci auguriamo serva da lezione per non ripetere lo stesso errore anche con il Decreto Rilancio.”

Per Confartigianato per corrispondere alle aspettative delle micro e piccole imprese occorre rafforzare l’efficacia del Dl Rilancio con una serie di interventi: l’aumento delle risorse stanziate per il Fondo Centrale di Garanzia; il rafforzamento degli ammortizzatori sociali; la rapida attuazione dello strumento dei contributi a fondo perduto, evitando che le tortuosità burocratiche ne rallentino l’erogazione, con l’incremento dell’attuale stanziamento e l’aumento delle percentuali di ristoro in relazione ai cali di fatturato.

Sul fronte fiscale si chiede la rateizzazione in 12 mesi dei versamenti tributari e contributivi sospesi fino al 16 settembre, anzi osiamo chiedere proprio perché necessario ora non solo la riduzione delle tasse in modo generalizzato, ma anche l’azzeramento di alcune di queste relative al periodo di chiusura totale. In materia di lavoro, è indispensabile eliminare i vincoli e le limitazioni agli strumenti di buona flessibilità, in particolare i contratti a termine, per i quali chiede di abolire il contributo addizionale previsto per ciascun rinnovo e l’obbligo di indicare la causale. In relazione all’aspetto fiscale del lavoro dipendente la richiesta di Confartigianato è quella di intervenire in modo deciso sul cuneo fiscale a vantaggio degli stessi lavoratori dipendenti ma anche delle stesse imprese datori di lavoro.

Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali si sollecita un ulteriore stanziamento di risorse per il Fondo di Solidarietà Bilaterale dell’artigianato al fine di soddisfare le domande pervenute.

In ogni caso si sottolinea quanto sia fondamentale la velocità dei provvedimenti non solo a livello legislativo, ma attuativo altrimenti si rischia di progettare e legiferare su un paese allo stremo e desertificato delle piccole e piccolissime imprese artigiane che da sempre ne sono il tessuto trainante..