giorgio felici

Con l’entrata in vigore in Europa dal prossimo primo gennaio della nuova definizione di default, il cosiddetto ‘Credit Crunch’, si creeranno forti criticità economiche a milioni di famiglie e imprese, a meno che la regolamentazione non venga rivista alla luce della complessa situazione economia attuale fortemente segnata dal prolungarsi della pandemia.

 

I nuovi limiti previsti per il default sono: 1% di sconfinamento sulla singola linea di credito per più di 90 giorni, con franchigie di 100 euro per le esposizioni al dettaglio di famiglie e Pmi non superiori a un milione di euro e di 500 euro per le esposizioni superiori. In sostanza un artigiano con un affidamento di 10.000 euro che sconfinasse di 102 euro per più di 90 giorni dovrà essere classificato tra i ‘Non Performing Loans’.

 

Ci sono inoltre due altre componenti cruciali nella nuova definizione di default: il primo elemento è la ‘riduzione dell’obbligazione finanziaria’, che si applica per tutte le operazioni di rinegoziazione (moratorie) dei prestiti, di rifinanziamento o consolidamento relative a posizioni che siano in difficoltà finanziaria e per le quali il valore attuale dopo la rinegoziazione sia inferiore di più dell’1% rispetto al valore iniziale; in questi casi il credito deve essere segnalato in ‘Non Performing Loans’. Pertanto con tale regola, in questo particolare momento, molti crediti finirebbero in NPL, con ancor maggiore difficoltà e restrizioni operative per imprese e famiglie.

 

Il secondo elemento problematico è l’‘uniformità di applicazione della definizione di default’ che consiste nell’estensione del default da uno a più soggetti: per esempio, se una cointestazione è inserita in default, anche i singoli cointestatari dovranno esserlo, così come altre cointestazioni con soggetti terzi.

 

I quattro milioni di micro e piccole imprese italiane – commenta Giorgio Felici, Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte – che lottano tutti i giorni per continuare le attività non possono e non devono avere vincoli insostenibili. In Piemonte le imprese artigiane sono 117.500 ed occupano tra titolari e dipendenti oltre 250.000 persone. Queste regole sul credito forse sarebbero accettabili per economie in crescita e non possono essere applicate senza importanti correzioni in presenza della difficile situazione pandemica attuale. È piuttosto evidente la mancanza di sostegno alle piccole e piccolissime imprese, volontà che si intravede in quasi tutte le direttive europee che da dieci anni a questa parte i nostri governi sono pronti a recepire a piene mani”.

 

La tutela del tessuto delle piccole imprese – conclude Felici – deve essere una priorità per le nostre istituzioni, anche per quanto riguarda il credito. Avendo rinunciato ad ogni autonomia sul piano economico e monetario è quindi necessario un pronto intervento sull’Autorità Bancaria Europea (EBA) affinché  – in coerenza con le iniziative prese nella prima fase della pandemia e scadute lo scorso 30 settembre – sospenda almeno di un anno e riveda i provvedimenti in questione, anche per rendere pienamente attuabili le proroghe delle moratorie italiane”.

 

 

 

image_pdfStampa il PDFimage_printStampa l'articolo