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“Covid-19, in Piemonte il 99,8% delle classi non ha problemi”

In Piemonte, secondo l’ultimo monitoraggio degli edifici scolastici, ci sono problemi di spazio in circa 430 classi, che coinvolgono 1.200 studenti su una popolazione di circa 520.000 alunni della scuola statale: quindi soltanto lo 0,2% del totale”.

Lo ha spiegato stamane in Consiglio regionale l’assessore all’Istruzione nel corso della relazione sulla ripresa dell’attività nelle scuole, che perciò nel 99,8 per cento dei casi sono a posto.

“Rispetto ai dati del primo monitoraggio – ha aggiunto – le criticità sono risultate più che dimezzate e quelle evidenziate come critiche sono in corso di risoluzione”.

Per quanto riguarda l’organico,” il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte ha ripartito agli ambiti territoriali il contingente di personale docente e ATA aggiuntivo, determinato sulla base del budget di 112.679.902,36 euro, finalizzato alla stipula dei contratti a tempo determinato”. Una cifra che secondo l’assessore renderà “possibile soddisfare per la quasi totalità la richiesta di organico delle scuole dell’infanzia e primaria e per poco meno del 70% le richieste di organico della scuola secondaria di I grado, nonché il 50% delle richieste di personale ATA”, vale a dire il personale amministrativo, tecnico e ausiliario degli istituti e scuole di istruzione primaria e secondaria.

Sul tema dell’apertura delle scuole in sicurezza, nel corso dell’incontro del 2 settembre scorso, è stata proposta dalla Regione Piemonte la misurazione della temperatura, oltre che da parte delle famiglie a casa come previsto dagli indirizzi definiti a livello nazionale per la gestione in sicurezza delle scuole, anche all’ingresso degli istituti scolastici e delle agenzie formative. Per questo la Giunta regionale ha previsto uno stanziamento di 500 mila euro.

Per quanto riguarda il trasporto pubblico, cruciale al fine di riaprire le scuole, “in tutti mezzi di trasporto locale, compresi quelli ferroviari, sono previste misure che consentono una capienza pari all’80%, privilegiando i posti a sedere e rispettando precise regole per ridurre al massimo i rischi di contagio; sono state inoltre definite indicazioni specifiche per il trasporto scolastico. La mascherina sarà obbligatoria ed è inoltre prevista la sanificazione degli ambienti e un adeguato ricambio d’aria”.

In ogni caso sarà consentita la capienza massima del mezzo di trasporto scolastico, al massimo per 15 minuti .

L’assessore ha ricordato che sono 434 i Comuni piemontesi che hanno beneficiato della misura straordinaria d 15 milioni di euro voluta dalla Regione Piemonte per sostenere il comparto 0-6 anni. In generale per le scuole dell’infanzia, le risorse ministeriali stanziate sono 16,3 milioni cui è associato il cofinanziamento regionale di 4,7 milioni.

Alla relazione di Giunta hanno risposto alcuni consiglieri di opposizione. Il M5s ha sottolineato che la ripresa in sicurezza e tranquillità non sembra garantita dalle parole dell’assessore e che i dubbi pratici sulle procedure siano ancora molti. Per il capogruppo Pd, inoltre, lo stanziamento di 500mila euro per l’acquisto dei termoscanner sembra del tutto inadeguato e insufficiente.

Molto critico anche il capogruppo Luv, che ha obiettato che il diritto allo studio deve essere garantito a tutti, soprattutto nel periodo dell’emergenza: “Non si capisce come verranno gestiti i casi di studenti con sintomi”, ha detto. Il capogruppo dei Moderati ha sostenuto che i fondi promessi ai nidi e alle materne devono arrivare quanto prima: “Ho provato a fare alcune segnalazioni all’assessorato, perché alcuni Comuni stanno mettendo paletti che rallentano i versamenti”. In particolare ha posto l’accento sulla situazione del Comune di Torino. “Non scarichiamo sulla Regione le chiare responsabilità per i ritardi che sono in capo al Governo centrale – ha detto il capogruppo della Lega – del resto la migliore idea del ministro Azzolina sono stati i banchi a rotelle”.

 




Scuola, in Piemonte mancano 3926 insegnanti

In Piemonte,  la situazione rispetto alla riorganizzazione degli spazi è sotto controllo –  ha rassicurato in aula l’assessore all’istruzione – non sono state rilevate criticità di adeguamento delle strutture scolastiche alle esigenze logistiche derivanti dalle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico.

Le poche criticità emerse sono risolvibili con un cambiamento nella disposizione dell’arredo e grazie all’intervento degli enti locali, di musei, teatri e associazioni che si sono dati disponibili ad ospitare le classi a cui si cercherà, dove possibile, di evitare l’accesso scaglionato.

Sul fronte organici secondo quanto comunicato in aula dall’assessore regionale all’Istruzione – in Piemonte, per avviare a pieno la scuola nel post Covid,  mancherebbero 3926 posti. Il fabbisogno regionale di docenti è stato calcolato dall’Ufficio scolastico regionale in base all’incremento orario dell’impegno docente necessario a garantire il tempo scuola.

Le risorse economiche, pari a circa un miliardo di euro relativo al riparto del fondo per le dotazioni organiche aggiuntive previste dal Ministero, saranno ripartite tra gli Uffici Scolastici Regionali sulla base di due criteri: il numero degli alunni presenti sul territorio e le richieste avanzate dagli Uffici scolastici regionali che hanno vagliato le esigenze delle scuole.

La Regione Piemonte, nell’ambito Coordinamento delle Regioni, ha espresso la necessità di avere risposte da parte del Ministero dell’Istruzione in particolare sulle risorse in materia di organico docente (in caso di sdoppiamento classi) e di personale ATA aggiuntivo, in previsione del fatto che ci saranno nuovi punti di erogazione dei servizi scolastici in cui dovranno essere garantiti servizi di vigilanza degli studenti e di pulizia ordinaria e straordinaria.

Per quel che riguarda i trasporti l’assessore ha precisato che in tutti i capoluoghi di provincia si stanno svolgendo riunioni con i dirigenti scolastici e aziende di  trasporto locali per pianificare gli interventi necessari al fine di conciliare orari scolastici e flussi di movimentazione degli studenti. Ripresa dei servizi 0-6 (nidi e materne): a breve la Regione indicherà la data di inizio dei servizi educativi, per ora gli aspetti su cui si sta lavorando secondo quanto indicato nelle linee guida ministeriali, sono il rapporto ordinario educatore/bimbi; la riorganizzazione di tutti gli spazi disponibili e valorizzazione degli spazi esterni; le attività strutturate in gruppi/sezioni, senza intersezione di attività tra bambini appartenenti a gruppi/sezioni diversi, attenzioni alla fase di accoglienza e ricongiungimento.

Nell’incontro in programma domani mercoledì 5 agosto, tra assessori regionali e ministro all’istruzione,  la Regione chiederà ulteriori specifiche rispetto alle risorse in materia di organico docente e non,  garanzie sul mantenimento per l’anno scolastico 2020/2021 dello stesso numero di autonomie scolastiche, massima attenzione alla continuità didattica in presenza e a distanza e di prestare attenzione alle criticità collegate alla licenziabilità dei docenti con la clausola della giusta causa.  IL Piemonte chiederà al Governo di essere vigile affinché la scuola possa riprendere nelle condizioni di sicurezza idonee.

Per il M5S la comunicazione dell’assessore non è esaustiva rispetto a come di fatto verrà organizzata la didattica in presenza e a distanza  e come funzionerà la fruizione pasti nelle mense. Non bisogna inoltre, secondo i pentastellati, lasciare alle famiglie la responsabilità di decidere se lo studente può accedere o meno a scuola poiché si rischierebbe di non avere alcun controllo sugli aspetti sanitari. Anche rispetto al tema del dimensionamento è stato chiesto se esista o meno la possibilità di intervenire con modifiche nella distribuzione dei ragazzi.

Il capogruppo di Luv, ha invece posto l’attenzione sul riavvio dei servizi educativi 0-6 sottolineando come il non avere oggi una data certa di apertura rischi di compromettere non solo l’avvio di un servizio educativo fondamentale ma anche la possibilità di ritorno al lavoro per molte famiglie costrette a casa con bambini piccoli.

La Regioni adempi al suo dovere attivando la funzione di coordinamento con i dirigenti scolastici che finora è mancata. È questa la richiesta del gruppo Pd  che sottolinea come la comunicazione dell’assessore non tenga conto delle richieste del mondo della scuola: un calendario scolastico  più flessibile alla luce della straordinarietà del contesto, incremento delle risorse rispetto allo scorso anno, un’elaborazione strategica dettagliata degli spazi, rafforzamento straordinario della rete trasporti.

Per i Moderati  il dato da sottolineare è l’incertezza a cui saranno ancora sottoposte le famiglie rispetto alla riapertura di nidi e materne. Non aver definito una data renderà impossibile a tanti genitori poter programmare u ritorno al lavoro.




UPO: tablet e “saponette” wi-fi per gli studenti

Per rispondere nel modo più efficace possibile ai bisogni delle studentesse e degli studenti per seguire l’attività didattica online, l’UPO ha condotto un’indagine sulla loro dotazione tecnologica.

I professori Maurizio Lana, Roberto Barbato e Davide Porporato hanno somministrato un questionario cui ha risposto oltre il 30% dei destinatari, una percentuale molto alta, che consente di prendere le misure necessarie per risolvere i problemi.

La quasi totalità degli iscritti (82,6%) riesce a collegarsi alle lezioni e agli esami online; solo una piccola parte (3,5%) non vi riesce in alcun modo, soprattutto perché non dispone di una connessione alla rete. Di norma ci si connette da casa, cosa che comporta la condivisione della connessione con altri familiari (talvolta con tre, anche con quattro altre persone). Solo il 12% degli studenti e delle studentesse ha una connessione tutta per sé. Usano di solito un pc o un notebook; solo il 14% utilizza uno smartphone o un tablet.

Più della metà degli utenti si connette con ADSL, che regge con difficoltà molteplici sessioni video contemporanee; il 26% si connette con fibra ottica; il 15% attraverso lo smartphone. Complessivamente si dichiarano soddisfatti della connessione usata; si lamentano soprattutto della sua instabilità e della difficoltà a riprenderla una volta che è caduta.  Su coloro che hanno risposto al questionario, il 43% è soddisfatto delle videolezioni, il 38% abbastanza, il 19% è insoddisfatto.

In base a queste risposte, l’Ateneo ha deciso di impiegare il fondo stanziato dal Ministero in diverse forme. Innanzitutto si acquisteranno tablet e modem portatili wi-fi (le cosiddette “saponette”), da destinare a tutti coloro che si trovano in fasce deboli di reddito. Sarà ampliato il contratto con Google per fornire migliori servizi di videolezione; in particolare si proverà un nuovo sistema basato su tecnologie Kaltura/Zoom. Si cercherà anche di attrezzare le aule principali di tutte le sedi per gestire professionalmente la teledidattica. Infine si acquisterà un software per la prenotazione e per la gestione delle lezioni in presenza, nonché per lo smaltimento delle code.

«Come abbiamo già dichiarato», commenta il rettore, prof. Gian Carlo Avanzi, «abbiamo intenzione di iniziare l’anno accademico a fine settembre con lezioni in presenza, da trasmettere in streaming o da registrare e caricare sulle piattaforme del Web. Per questo è necessario mettere ogni studente nelle condizioni ottimali per fruire della didattica in presenza o in remoto e garantire il diritto a seguire le lezioni. Al contempo, nella malaugurata ipotesi in cui si dovessero verificare nuove emergenze, saremo pronti ed efficaci a fronteggiarla nuovamente. Lo studente è sempre il primo dei nostri pensieri».

 

 




Il Ministero dell’Istruzione ha accreditato il CeSeDi (Centro Servizi Didattici) di Città metropolitana: un caso unico in italia

Il Ministero dell’Istruzione ha accreditato il CeSeDi (Centro Servizi Didattici) di Città metropolitana: la pratica era stata avviata nell’ottobre scorso ed il risultato positivo riempie di soddisfazione.

“E’ il frutto di un lungo percorso di lavoro svolto dal nostro CeSeDi che è attivo fin dal 1981 al servizio della scuola, degli insegnanti e degli studenti – commenta la consigliera metropolitana delegata all’istruzione Barbara Azzarà – la qualità dei servizi offerti dal nostro Centro di formazione non è mai diminuita nonostante la contrazione di personale,  ma anzi è cresciuta la considerazione del mondo della scuola”

“Aver ottenuto l’accreditamento, traguardo non facile, ci motiva a programmare nuove ambiziose attività per il prossimo anno scolastico – aggiunge Azzarà –  per le quali abbiamo già stipulato una convenzione triennale con Regione Piemonte e Ufficio scolastico regionale”.

L’accreditamento ministeriale riconosce in forma ufficiale soggetti esterni al mondo della scuola che offrono formazione per il personale direttivo, docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario, come previsto nel contratto collettivo nazionale del comparto scuola: un passo importante per incrementare le risorse umane e strumentali necessarie per offrire un sempre migliore servizio formativo ampliando e sviluppando nuove progettualità sul territorio regionale e nazionale.

Nell’ultimo periodo, il CeSeDi si è occupato in particolare di progetti sulla prevenzione del cyber bullismo, di educazione alla sostenibilità ambientale, di prevenzione del suicidio giovanile; ogni anno il catalogo dell’offerta formativa del CeSeDi per la scuola superiore di 2 grado consente azioni formative per migliaia di studenti e tremila insegnanti .

Nel novembre scorso la ministra dell’istruzione Azzolina aveva visitato il CeSeDi che ha sede in via Gaudenzio Ferrari a Torino per rendersi conto di persona del progetto: “le avevamo illustrato  la filosofia operativa e l’offerta formativa del CeSeDi – commenta Azzarà – precisando che i veri protagonisti della formazione degli insegnanti sono proprio quei docenti che, avendo maturato esperienze didattiche significative, sono in grado di trasferirle ai colleghi”




Nuove professionalità, industrie culturali e creative: chi sono e quanto guadagnano i laureati in “Alph”

Perché scegliere una laurea ALPH ossia in «Art, Literature, Philosophy and History» (da cui l’acronimo «Alph»)?

Perché le nuove professionalità delle industrie culturali e creative costituiscono un volano per l’economia nazionale. Cultura e creatività arricchiscono la capacità innovativa di un paese e della sua produzione industriale. L’Italia, con la grande stratificazione e eredità storica, deve tendere verso questa traiettoria di sviluppo per aumentare la propria competitività sui mercati.

Molteplici e diversificate le professioni culturali e creative che animano vari settori imprenditoriali. Molto diffuse e variegate quelle di alto livello e a elevata specializzazione. La variabilità delle figure è strettamente correlata al percorso disciplinare di provenienza. Quel che è certo è l’importanza della laurea per i professionisti della cultura e della creatività. Alto il livello di efficacia del titolo accademico, indice che combina la richiesta della laurea per l’esercizio della professione e l’utilizzo, nel lavoro svolto, delle competenze acquisite all’università.

Non potrebbe essere diversamente se si considera che il Belpaese condivide con la Cina il primato per numero di beni inseriti nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco (fonte: Unesco, anno rif.to 2019): si tratta di 55 beni (50 culturali e 5 naturali). Se rapportiamo questo numero all’estensione del territorio dei due Paesi, l’Italia non ha eguali: ha infatti ben 18,3 beni per 100 mila chilometri quadrati, rispetto a 0,6 beni della Cina. Gli occupati “culturali” in Italia sono il 2,7% del complesso degli occupati; la media Europea è lievemente più alta e pari al 2,9% (Istat, anno rif.to 2015). È interessante rilevare che, in Italia, il 42% degli occupati nel sistema produttivo culturale e ricreativo è laureato; si tratta di una percentuale quasi doppia rispetto agli occupati di tutti gli altri settori (Symbola, anno rif.to 2017). Infine investire in cultura conviene: infatti, per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 negli altri settori satelliti (Symbola, anno rif.to 2017).

AlmaLaurea ha realizzato un approfondimento sulle professioni in ambito culturale, basandosi su quanto definito nelle pubblicazioni sopra citate. Vi è però da dire che non esiste una definizione standardizzata e condivisa di quali siano le professioni rientranti in questo settore: i confini sono infatti molto sfumati.

L’analisi è realizzata sui laureati di secondo livello del 2014, intervistati nel 2019 a cinque anni dal titolo, che si dichiarano occupati. Tra questi, 5.509, pari al 10,9% del complesso degli occupati, svolgono una professione in ambito culturale: la maggioranza è occupata come architetto o ingegnere edile (6,5% del complesso degli occupati) o lavora nel settore del turismo (1,3%). Le restanti professioni sono meno diffuse: si tratta di professionisti nella promozione e conservazione del patrimonio culturale, disegnatori artistici e tecnici, professioni nell’ambito dei media e dell’intrattenimento, ricercatori universitari e docenti nell’ambito culturale, artisti, professionisti nella tutela ambientale e occupati nell’artigianato (questi ultimi non considerati nei successivi approfondimenti perché decisamente poco numerosi).

Rispetto al 2012, i laureati impegnati nelle professioni in ambito culturale sono lievemente aumentati (allora erano il 10,1%).

NUOVE PROFESSIONALITÀ, INDUSTRIE CULTURALI E CREATIVE: CHI SONO E QUANTO QUADAGNANO I LAUREATI IN “ALPH”

Analizzando l’inquadramento professionale dei laureati impegnati, a cinque anni dal titolo, in ambito culturale si rileva che sono più diffuse sia le professioni di alto livello (imprenditori e alta dirigenza) sia quelle a elevata specializzazione (tipicamente, le professioni che prevedono la laurea): le prime rappresentano il 4,1% degli occupati in ambito culturale (rispetto al 3,0% del complesso degli occupati), le seconde rappresentano il 66,2% (rispetto al 61,3%).

Esiste però una forte variabilità e, in particolare, i professionisti del settore del turismo sono più presenti, oltre che tra le posizioni imprenditoriali o di alta dirigenza, tra quelle meno qualificate: si tratta di professioni legate all’assistenza alla clientela nell’ambito delle strutture ricettive e della ristorazione.

La variabilità è consistente anche se si prende in esame il percorso disciplinare di provenienza. Vi sono alcune professioni, ad esempio nell’ambito della conservazione del patrimonio culturale o quelle di architetto e ingegnere edile, dove è necessario possedere un titolo di studio specifico per accedervi. All’opposto, vi sono professioni che possono essere svolte da laureati provenienti da diversi settori disciplinari.

Il 93,0% degli occupati nell’ambito della conservazione del patrimonio culturale ha una laurea in ambito letterario, il 72,8% degli architetti e ingegneri edili ha una laurea in architettura (i restanti in ingegneria). Tra i professionisti del settore turistico il 20,1% ha conseguito un titolo in ambito linguistico, cui si affiancano laureati provenienti da altri percorsi: politico-sociale, economico-statistico e letterario. Anche all’interno delle professioni nell’ambito dei media e dell’intrattenimento si rileva una certa variabilità: il 36,3% proviene dal gruppo letterario, ma sono ben rappresentati anche i laureati del gruppo economico-statistico.

 

Il quadro fin qui delineato trova la sua corrispondenza nell’analisi dell’efficacia della laurea: si tratta di un indicatore che combina la richiesta della laurea per l’esercizio della professione e l’utilizzo, nel lavoro svolto, delle competenze acquisite all’università.

Complessivamente, i laureati occupati a cinque anni dal titolo in ambito culturale evidenziano un livello più elevato di efficacia della laurea: il titolo risulta molto efficace o efficace per il 69,2% rispetto al 65,3% rilevato per il complesso degli occupati. Scendendo nel dettaglio, si rileva un livello più elevato di efficacia per le professioni che operano nella conservazione del patrimonio culturale (per l’88,8% il titolo risulta molto efficace o efficace), per gli architetti e ingegneri edili (87,0%) e per i ricercatori universitari e docenti (81,2%).

All’opposto, per il settore del turismo, cui come si è visto approdano laureati di tanti ambiti disciplinari, si rileva un minore livello di efficacia (18,6%); livelli di efficacia apprezzabilmente inferiori alla media si rilevano anche per le professioni nell’ambito dei media e dell’intrattenimento (34,1%) e per gli artisti (39,6%).

 

La retribuzione mensile netta è in media pari, per i professionisti occupati a cinque anni dal titolo in ambito culturale, a 1.408 euro, un valore inferiore a quello rilevato per il complesso dei laureati, pari a 1.499 euro. Le retribuzioni più elevate sono percepite dai professionisti nell’ambito della tutela ambientale (1.480 euro netti mensili) e dagli architetti e ingegneri edili (1.470 euro). Sono invece sensibilmente inferiori alla media le retribuzioni di chi opera nell’ambito della promozione e della conservazione del patrimonio culturale (1.140 e 1.245 euro, rispettivamente) e di chi è inserito nel settore del turismo (1.293 euro).

I livelli retributivi dipendono da numerosi fattori tra cui, ad esempio, le ore lavorate nell’arco di una settimana, la diffusione del part-time o la quota di occupati all’estero. A questo proposito, tra le professioni in ambito culturale è più alta della media la quota di chi ha cinque anni dal titolo lavora all’estero: è il 10,3% rispetto al 6,8% del complesso degli occupati.

I laureati occupati in ambito culturale mostrano un cv più ricco di esperienze maturate nel corso degli studi universitari: ha trascorso un periodo di studio all’estero, riconosciuto dal corso universitario, il 16,0% (rispetto al 12,6% del complesso degli occupati), ha realizzato un tirocinio curriculare il 54,2% (rispetto al 49,2%), ha maturato un’esperienza di lavoro il 67,3% (rispetto al 65,1%). Si tratta di esperienze che, secondo specifici approfondimenti realizzati da AlmaLaurea, favoriscono le possibilità occupazionali dei neo-laureati.

 




Formazione, Appendino scrive a Regione Piemonte “Togliere le deleghe a Città metropolitana non è logico”

La Regione Piemonte ha deciso la soppressione delle deleghe esercitate da Città Metropolitana in materia di formazione professionale e di orientamento scolastico: una decisione avvenuta senza il necessario approfondimento, che penalizza una gestione consolidata nel tempo e che sta creando molta preoccupazione.

La sindaca metropolitana Chiara Appendino ha inviato una lunga lettera al presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio nella quale, accanto ad alcune note tecniche nel merito del provvedimento regionale, chiede un incontro urgente per ottenere risposte puntuali sul prossimo futuro richiamando l’assenza del dovuto confronto nella sede dell’Osservatorio regionale attivo dal 2014 proprio in materia di riordino delle funzioni e compiti amministrativi.

“La Regione Piemonte intesta a sè le funzioni in materia di formazione professionale e di orientamento con illogicità nella scelta – scrive tra l’altro Appendino – perché  la delega in materia di formazione professionale e di orientamento non può essere dissociata dalla funzione di gestione dell’edilizia scolastica, la cui competenza è in capo alla Città metropolitana: solo l’esercizio congiunto può assicurare una valida governance sia del processo di programmazione del piano annuale dell’offerta formativa sia di una efficace gestione successiva”

Sul piano politico poi, la scelta appare incoerente con i principi di  rispetto e valorizzazione delle autonomie locali: “la Regione Piemonte ha del tutto ignorato il parere del Comitato delle autonomie locali ed il passaggio in Osservatorio”

 




Torino città universitaria. Convenzione con Edisu Piemonte

La Città di Torino, attraverso il Progetto Torino Città Universitaria, promuove interventi volti a sostenere e valorizzare l’identità universitaria della Città, sede di atenei d’eccellenza e di una comunità accademica che supera le 100mila persone.

 

Negli anni sono stati sottoscritti Accordi Quadro, Protocolli d’intesa e Convenzioni con diversi enti pubblici che, per mandato istituzionale, si occupano a vario titolo di servizi a favore della comunità universitaria quali l’Ente Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Regione Piemonte (Edisu) il quale realizza interventi volti ad agevolare lo studio, la frequenza e la vita di studenti e studentesse universitari/e.

 

In linea con le finalità operative sia del Progetto Torino Città Universitaria sia dell’Edisu Piemonte, si intende ora promuovere sul territorio cittadino opportunità di studio e di servizi, altri con spazialità diffusa destinati alla platea universitaria.

 

Tra i riferimenti territoriali di elezione saranno presi in considerazione possibili punti inseriti nella manifestazione “Torino a cielo aperto” che fino al 30 settembre ospiteranno differenti tipologie di attività – principalmente all’aperto.

 

Ogni Punto potrà accogliere studenti e studentesse in orario diurno ed in spazi esterni già predisposti e strutturati; ulteriori possibilità di servizi diffusi saranno individuati nelle aree concernenti i Centri Aggregativi e del Protagonismo Giovanile della Città. Essi rappresentano infatti non solo luoghi di dialogo e di

progettazione partecipata con il territorio, ma anche realtà capaci di promuovere risorse in continua evoluzione a disposizione degli universi giovanili tra i quali gli studenti e le studentesse universitari/e.

 

Le modalità di collaborazione ed impegni tra gli enti, ai fini della sperimentazione progettuale, sono disciplinati da una Convenzione nell’ambito della quale la Città intende avvalersi della Fondazione per la Cultura Torino quale strumento operativo per la gestione di eventuali risorse economiche o in servizi.

 

“Questo è un ulteriore passo in avanti che compiamo assieme ad Edisu nell’immaginare e fattivamente costruire una Città costellata di spazi polivalenti e polifunzionali, che mettono al centro l’incontro, il confronto, la contaminazione e la socialità rispondendo ai bisogni delle e dei giovani di fruire cultura, incontrarsi e stare assieme – evidenzia l’assessore Marco Giusta -.

Dall’anno scorso stiamo lavorando con Università e Politecnico alla costruzione di un campus universitario diffuso: spazi cittadini che siano in grado di ospitare attività diverse, teatro, concerti, performance, ma anche sale studio, spazi innovativi per la didattica, ibridazioni tra differenti aree di studio.Su proposta di Edisu, che voglio particolarmente ringraziare, per l’estate abbiamo pensato di coinvolgere in questa strategia alcuni Punti Estivi della Città.

Sono stati mesi difficili, ma grazie a collaborazioni e spinte propulsive come quella con Edisu attiveremo nuove iniziative per sostenere gli studenti e le studentesse, anche sul tema residenzialità per l’anno accademico in arrivo. Torino Città Universitaria non è solo un servizio, è un’idea di Città, un’idea di sviluppo che ha già dimostrato negli ultimi anni di essere vincente perché motore di crescita culturale, sociale ed economica per la città tutta”.

 

“Da mesi lavoriamo per fornire agli studenti tutti gli strumenti adatti ad affrontare le sfide che l’Università pone nell’epoca del post Covid. Fin dall’inizio dell’emergenza – ha sottolineato il Presidente dell’Edisu Alessandro Sciretti – ci siamo interfacciati con la Città di Torino per creare sinergie e sostenerci a vicenda nella gestione quotidiana. Sono molto soddisfatto della firma di questo protocollo, che ci consente di mettere a disposizione spazi sicuri e fondamentali per gli universitari, allo scopo di poter preparare gli esami dell’ultima parte della sessione estiva e di tutta quella autunnale. Si testa del primo passo di una collaborazione più ampia che ci porterà a potenziare in modo importante i servizi per gli studenti in tutta la Città di Torino.”

 




Via libera a formazione in presenza più estesa, parchi tematici, professioni della montagna

Una nuova ordinanza emanata dal presidente Alberto Cirio autorizza la formazione in presenza in modo più esteso, non solo quindi nel caso dei laboratori o delle altre attività non eseguibili in smart working come stabilito in quella del 13 giugno scorso.

In particolare, dal 30 giugno tutte le attività di formazione (compresa quella teorica in aula), i servizi al lavoro e i servizi di orientamento alle scelte e alle professioni per adolescenti e giovani possono essere svolte in presenza, anche in gruppo, in conformità alle relative Linee guida (Allegato n.9 al dpcm 11.6.2020). A titolo esemplificativo e non esaustivo possono essere realizzate le attività formative in aula di lingue e di musica.

Sempre dal 30 giugno è consentito lo svolgimento delle attività dei parchi divertimenti permanenti e spettacoli viaggianti, parchi tematici, acquatici e di avventura, zoologici ed assimilati, nel rispetto delle specifiche Linee guida.

E’ anche permesso svolgere le professioni della montagna e di guida turistica, sempre nel rigoroso rispetto delle Linee guida.




Covid-19: CEF Publishing lancia il corso Salute e sicurezza per tutti

Vivere l’emergenza Covid-19 nel modo più responsabile in famiglia e negli ambienti sociali e di lavoro e prepararsi alla gestione di eventuali future problematiche derivanti da contagio a causa di eventi virali: nasce con questo obiettivo il prodotto editoriale e didattico “Salute e sicurezza per tutti” promosso da CEF Publishing-Centro Europeo di Formazione, leader italiano della formazione a distanza, con la supervisione scientifica del virologo Fabrizio Pregliasco.

Il corso, rivolto a famiglie e professionisti, rappresenta un ulteriore tassello dell’offerta di  Cef Publishing, società del Gruppo Ebano leader di mercato in Italia nella progettazione, realizzazione ed erogazione di corsi professionali attraverso modalità Fad (Formazione a distanza) ed e-learning.

Il corso prevede un cofanetto rigido con 2 volumi illustrati a colori, risorse multimediali su piattaforma e-learning, con aggiornamenti sulle nuove normative e best practice, test di verifica ed un attestato finale di certificazione Cef.

Cef Publishing, è una delle 9 società controllate dal  Gruppo Ebano, è un B-Corp ed è certificata dal programma Elite di Borsa Italiana per i requisiti di affidabilità e trasparenza richiesti dai principali investitori istituzionali.

“Il Covid-19,- dichiara il direttore generale del Gruppo Ebano Silvano Mottura – con il distanziamento tra persone e l’isolamento sociale, ha modificato anche il nostro modo di relazionarci e di lavorare: l’adozione di strategie di adattamento per fronteggiare stati d’animo contrastanti, tra cui l’apprensione per la salute propria e altrui o lo sgomento per il senso di impotenza e di isolamento, hanno richiesto e richiederanno un grandissimo sforzo mentale, anche in considerazione delle nuove misure di sicurezza che tutti (cittadini, lavoratori e aziende) devono rispettare.

Da oggi in poi niente sarà più come prima. In questo corso in modalità FAD (Formazione A Distanza) si affronta in modo completo la prevenzione e la profilassi per la corretta gestione delle relazioni sociali e delle attività professionali.




La Città metropolitana di Torino scommette sulla formazione di operatori sociali di comunità in Canavese

La pandemia da covid19 ha messo in luce anche drammaticamente quanto sia indispensabile strutturare l’assistenza territoriale, soprattutto nelle zone più marginali di territorio.

Alla figura dell’infermiere di comunità, già sperimentata con successo nel Canavese, potrà affiancarsi nel prossimo futuro quella del tutto innovativa dell’operatore sociale di comunità, un progetto di Città metropolitana di Torino all’interno di SocialLab ( piano integrato territoriale GraiesLab, finanziato dal programma Alcotra Italia Francia) dedicato all’inclusione sociale,

La formazione di 300 ore inizierà a settembre prevalentemente in modalità online, le iscrizioni si aprono lunedì 22 giugno fino al 23 luglio.

 Il corso è riservato ai candidati in possesso di uno diploma o attestato di qualifica di educatore professionale o educatore specializzato oppure laurea in scienze dell’educazione, educatore professionale, oppure qualifica di educatore professionale, laurea in Scienze del servizio sociale o equipollente. Il numero massimo dei partecipanti al corso di primo livello è: 20 persone, di cui 4 individuate dagli Enti gestori dei servizi socioassistenziali partner del progetto e le altre 16 tramite iscrizione al corso di formazione.  Info e bando

La Città metropolitana di Torino ha scelto il consorzio socio assistenziale Ciss 38 come soggetto attuatore delle azioni collegate al progetto: attiverà 4 operatori sociali di comunità che avranno il ruolo di animatori di comunità in quattro territori diversi, corrispondenti ad aree test montane, una per ognuno dei quattro territori dei consorzi – Ivrea, Ciriè, Caluso e Cuorgnè – per garantire una diffusione capillare dei diversi servizi e interventi: consulenza familiare, mediazione ai conflitti, sostegno alla genitorialità, gruppi di confronto per famiglie in contesti montani maggiormente isolati e marginali.

In stretta integrazione con le amministrazioni locali, le scuole, il terzo settore daranno una specifica attenzione alle componenti giovanili dei nuclei familiari attraverso interventi individuali di sostegno all’autonomia dei giovani, in particolare NEET, creando anche spazi di ascolto, confronto e co progettazione di iniziative degli stessi adolescenti e giovani del territorio.

La scelta di programmare questa formazione sperimentale nei territori della AslTO4 era nata molto prima che il coronavirus mettesse in ginocchio le popolazioni più fragili ed ora che si sta per partire, i partner di progetto hanno voluto sottolinearne il valore e l’importanza.

Lo hanno fatto durante un webinar lunedì 15 giugno il consigliere metropolitano delegato allo sviluppo economico Dimitri De Vita e Fabrizio Galliati presidente della federazione provinciale Coldiretti Torino, ma soprattutto lo hanno rimarcato gli addetti ai lavori, i Consorzi socio assistenziali canavesani che hanno investito su questa scommessa: Ellade Peller presidente del Consorzio In.Re.Te, Savino Beiletti presidente del CISSAC di Caluso, Mariangela Brunero del CIS di Cirié – Presidente del CDA e Nicoletta Bellin del CISS38.

Tutti hanno sottolineato il valore di un progetto che porta i servizi più vicini agli utenti fragili e non li costringe a muoversi per ottenere aiuto: il contributo tecnico ed operativo della Asl TO4 si è rivelato indispensabile per costruire 300 ore di formazione che creeranno i nuovi professionisti: ne ha parlato Lavinia Mortoni, direttrice del Distretto di Cuorgné dell’Asl TO4 mentre il direttore del Polo universitario di Ivrea e coordinatore del corso di laurea in infermieristica Diego Targhetta Dur e la presidente della Fondazione di Comunità del Canavese onlus Antonella Enrietto hanno insistito sul valore della progettazione partecipata per una sfida tutta da vincere, che parte su ottimi presupposti anche dal punto di vista occupazionale per chi verrà formato.

L’OPERATORE SOCIALE DI COMUNITÀ

L’operatore sociale di comunità, con il ruolo di animatore di comunità, è la figura che opera sul territorio con l’obiettivo di:

  • massimizzarne il valore: attiva azioni e proposte in sinergia con gli altri attori del territorio, mantenendo un confronto con il pubblico, in un’ottica di innovazione e proattività, in percorsi di soddisfazione dei bisogni attraverso l’utilizzo delle risorse esistenti;

  • rigenerare: l’operatore sociale di comunità si attiva secondo la conoscenza del territorio, delle caratteristiche sociali ed evolutive, delle metodologie per promuovere un’azione di animazione della comunità e delle sue potenzialità, di educazione dove necessario e di sostegno.

L’operatore sociale di comunità svolge quattro funzioni essenziali:

  1. funge da riferimento di informazioni e di raccordo con i Servizi per i soggetti fragili delle Comunità locali, con particolare riferimento a quelli isolati (anziani, adulti malati o fragili, minori NEET)

  2. se necessario risponde con piccole attività di assistenza diretta, attiva reti (da valutare in quale misura: es. piccole commissioni, recapito posta/farmaci nei casi più di emergenza e come occasione di contatto con l’utente)

  3. rileva i bisogni sociali della Comunità di riferimento al fine di dare risposte progettuali e creative alle domande degli utenti attraverso il rafforzamento o la creazione di piccole reti quotidiane o la realizzazione di progetti di medio-lungo termine, facendo da raccordo tra i Servizi pubblici e le risorse informali e private; in questo senso attiva o riattiva processi di auto mutuo aiuto, promuove il ruolo degli anziani come risorsa della Comunità, rimette in gioco le reti di solidarietà formali o informali, individuali o collettive e crea legami con il mondo delle imprese locali (agricole e non)

  4. costruisce o contribuisce a costruire, alimenta e gestisce reti di prossimità, che coinvolgono soggetti pubblici e privati e che costituiscono il tessuto necessario per rispondere più compiutamente ai bisogni dei cittadini, con particolare attenzione a persone (adulti/minori/anziani) in difficoltà e/o isolati e alla loro integrazione sociale; costruisce reti che permettano di “prendere per mano”, di stare vicini, per quanto possibile, alle persone in difficoltà.

L’operatore sociale di comunità lavora in team con altri operatori, con gli operatori dei Servizi sociali e con l’Infermiere di Famiglia e di Comunità.

L’operatore sociale di comunità potrà trovare la sua collocazione, in regime di dipendenza o libero professionale, in istituzioni pubbliche o private, associazioni, cooperative, in cui si svolgono azioni di prevenzione del disagio e delle marginalità, finalizzate alla promozione del benessere e delle potenzialità dell’individuo e della collettività, attraverso le risorse presenti nel territorio.