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Qualità dell’aria: semaforo ancora rosso per 33 Comuni

Nel corso della mattinata di oggi, lunedi 20 dicembre, Arpa Piemonte ha aggiornato il livello del semaforo che determina l’applicazione delle misure antismog, valido fino a tutto il 23 dicembre.

Nei 33 comuni dell’agglomerato di Torino (ovvero Alpignano, Baldissero Torinese, Beinasco, Borgaro Torinese, Cambiano, Candiolo, Carignano, Caselle Torinese, Chieri, Collegno, Druento, Grugliasco, La Loggia, Leinì, Mappano, Moncalieri, Nichelino, Orbassano, Pecetto Torinese, Pianezza, Pino Torinese, Piobesi Torinese, Piossasco, Rivalta di Torino, Rivoli, San Mauro Torinese, Santena, Settimo Torinese, Torino, Trofarello, Venaria Reale, Vinovo e Volpiano) permane il semaforo rosso che prevede, in aggiunta alle limitazioni strutturali, il blocco per veicoli diesel, sia auto che veicoli commerciali, fino alla categoria Euro 5 dalle 8 alle 19, il divieto di spandimento di liquami e fertilizzanti, di utilizzo di stufe e caminetti a legna (in presenza di impianto di riscaldamento alternativo) che non sono in grado di rispettare i valori emissivi previsti per la classe 5 stelle e di combustioni all’aperto.

Il semaforo arancione permane nei comuni di pianura al di fuori dell’agglomerato del capoluogo mentre i comuni collinari sono colorati di verde con limitazioni di livello 1 o permanenti.

Ricordiamo che le limitazioni si applicano anche agli automezzi dotati di dispositivo MOVE IN.
Tutti i dettagli sul funzionamento del semaforo e sui blocchi del traffico su la mappa  e altro link

 

 




L’impatto del Politecnico di Torino su città e comunità sostenibili ai primi posti delle classifiche internazionali

Ottimi risultati per il Politecnico di Torino nel THE Impact Ranking, la classifica mondiale delle università che valuta il loro impatto economico e sociale, in base ai Sustainable Development Goals dell’ONU (SDGs nell’acronimo inglese), approvati nel 2015 dalle Nazioni Unite.

L’Ateneo si posiziona nel quartile più elevato sia per il SDG – Sustainable Developing Goal 11 – Sustainable Cities and Communities sia per il SDG 13 – Climate Action, in cui si è presentato per la prima volta.

Un balzo in avanti importante nella classifica mondiale per il SDG 11 – Sustainable Cities and Communities: il Politecnico raggiunge la 17° posizione al mondo su 470 università partecipanti – lo scorso anno si era posizionato al 29° posto su oltre 290 università – a testimonianza del forte impegno che il Politecnico svolge sul territorio come attore fondamentale nella trasformazione urbana e nella valorizzazione del patrimonio culturale, nella creazione della cultura e nello stimolo allo sviluppo di una comunità inclusiva e attenta alle tematiche di sostenibilità.

Per quanto riguarda il SDG 13 – Climate Action, per il quale si tratta della prima partecipazione dell’Ateneo alla classifica, il Politecnico si è posizionato all’ 88° posto al mondo su oltre 375 università partecipanti. Anche in questo caso confermando l’impegno che l’Ateneo ha intrapreso ormai da anni per sostenere le azioni di contrasto al cambiamento climatico, non solo con la ricerca, ma anche con le linee guida interne e le azioni concrete nei Campus che porteranno nei prossimi mesi alla impostazione operativa del Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima del Politecnico di Torino proposto dal Green Team.

Il ranking, giunto alla sua seconda edizione, è stato pubblicato oggi da Times Higher Education, il periodico londinese che ogni anno stila classifiche internazionali su università e istituti di istruzione superiore.

La Prorettrice, coordinatrice del Green Team di Ateneo e Presidente della RUS nazionale – Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, Patrizia Lombardi, che ha seguito in particolare la tematica, commenta:

“Questi risultati confermano l’impegno che l’Ateneo ha profuso in tutti questi anni nel campo dello sviluppo urbano sostenibile, della valorizzazione della ricerca scientifica e della condivisione della conoscenza, sottolineandone il ruolo sociale.

Il percorso che l’Ateneo ha avviato per accrescere una visione sostenibile del territorio, sia all’interno del campus sia favorendo la creazione di azioni sinergiche con gli enti locali è stato premiato dall’ottimo posizionamento raggiunto in questo ranking, che ci aiuta a documentare e valorizzare il nostro impegno sui temi delle città sempre più inclusive, sicure, e sostenibili e sulle nostre iniziative volte a minimizzare l’impatto ambientale, con l’obiettivo di rafforzare la resilienza e la capacità di adattamento della nostra comunità nei confronti della crisi climatica.”




Legambiente presenta Mal’aria 2021, Torino maglia nera

Anche in tempo di pandemia in Italia l’emergenza smog non si arresta e si cronicizza sempre di più.

È quanto emerge in sintesi dal report annuale Mal’aria di città 2021 di Legambiente nel quale l’associazione ambientalista traccia un doppio bilancio sulla qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia nel 2020, stilando sia la classifica delle città fuorilegge per avere superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili (Pm10) sia la graduatoria delle città che hanno superato il valore medio annuale per le polveri sottili (Pm10) suggerito dalle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che stabilisce in 20 microgrammi per metro cubo (µg/mc) la media annuale per il Pm10 da non superare contro quella di 40 µg/mc della legislazione europea.

E il quadro complessivo che emerge è preoccupante: nel 2020 nella Penisola su 96 capoluoghi di provincia analizzati 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per le polveri sottili (Pm10), ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo.

A Torino spetta la maglia nera con 98 giorni di sforamenti registrati nella centralina Grassi, seguita da Venezia (via Tagliamento) con 88, Padova (Arcella) 84, Rovigo (Largo Martiri) 83 e Treviso (via Lancieri) 80. Al sesto posto in classifica si trova Milano[1] (Marche) 79, seguita da Avellino (scuola Alighieri) e Cremona (Via Fatebenefratelli) con 78 giorni di sforamento, Frosinone (scalo) 77, Modena (Giardini) e Vicenza (San Felice) che con 75 giorni di superamento dei limiti chiudono le 10 peggiori città.

 

Poco rassicurante anche il confronto con i parametri dettati dall’OMS, di gran lunga più stringenti rispetto a quelli della legislazione europea, e che hanno come target esclusivamente la salute delle persone. Nel 2020 sono 60 le città italiane (il 62% del campione analizzato) che hanno fatto registrare una media annuale superiore ai 20 microgrammi/metrocubo (µg/mc) di polveri sottili rispetto a quanto indicato dall’OMS. A guidare la classifica è sempre Torino con 35 microgrammi/mc come media annuale di tutte le centraline urbane del capoluogo, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Venezia e Treviso (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Vicenza, Modena e Verona (32 µg/mc). Oltre alle città del nord però, a superare il limite suggerito dall’OMS sono anche città come Avellino (31µg/mc), Frosinone (30 µg/mc), Terni (29 µg/mc), Napoli (28 µg/mc), Roma (26 µg/mc), Genova e Ancona (24 µg/mc), Bari (23 µg/mc), Catania (23 µg/mc) solo per citarne alcune.

Per Legambiente i dati di Mal’aria ci ricordano che il 2020, oltre ad essere stato segnato dalla pandemia ancora in corso, è stato anche contrassegnato dall’emergenza smog e dalla mancanza di misure specifiche per uscire dalla morsa dell’inquinamento. Lo dimostra la mancanza di ambizione dei Piani nazionali e regionali e degli Accordi di programma che negli ultimi anni si sono succeduti ma che, nella realtà dei fatti, sono stati puntualmente elusi e aggirati localmente pur di non dover prendere decisioni impopolari insieme al ricorso sistematico della deroga (come nel caso del blocco degli Euro4 nelle città che sarebbe dovuto entrare in vigore dal primo ottobre 2020 e che è stato prima posticipato al gennaio 2021 e poi all’aprile successivo).

E lo dimostrano anche le due procedure di infrazione comminate all’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti della Direttiva europea per il Pm10 e gli ossidi di azoto, a cui si è aggiunta lo scorso novembre una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm2,5) a cui ora l’Italia dovrà rispondere, essendo state giudicate “non sufficienti” le misure adottate dal nostro Paese per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità.

 

“L’inquinamento atmosferico – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – è un problema complesso che dipende da molteplici fattori come il traffico, il riscaldamento domestico, l’agricoltura e l’industria in primis. Proprio per tale complessità è una questione che non può essere affrontata in maniera estemporanea ed emergenziale, come fatto fino ad oggi dal nostro Paese che purtroppo è indietro sulle azioni da mettere in campo per ridurre l’inquinamento atmosferico, ma va presa di petto con una chiara visione di obiettivi da raggiungere, tempistiche ben definite e interventi necessari, in primis sul fronte della mobilità sostenibile.

La pandemia in corso non ci deve far abbassare la guardia sul tema dell’inquinamento atmosferico.

Anzi, è uno stimolo in più, a partire dalla discussione in corso sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché non vengano sprecate le risorse economiche in arrivo dall’Europa. In particolare chiediamo che vengano destinate cifre adeguate per la mobilità urbana sostenibile, sicura e con una vision zero anche per riqualificare le strade urbane e le città. È urgente – conclude Zampetti – procedere con misure preventive e azioni efficaci, strutturate e durature città pulite e più vivibili dopo la pandemia. Una sfida europea, quella delle Clean Cities, a cui stiamo lavorando in rete con tante altre associazioni. ”

 

Proposte – In particolare per Legambiente è urgente intervenire in maniera rapida con misure efficaci affrontando il problema in modo strutturale e con una pianificazione adeguata e incrociando due temi cruciali: quello della mobilità sostenibile e dell’uso dello spazio pubblico e della strada prevedendo interventi ad hoc che, se integrati insieme ad altre misure riguardanti il settore del riscaldamento e dell’agricoltura, potranno portare benefici immediati e duraturi.

Occorre prevedere, ad esempio, il potenziamento del trasporto pubblico locale e della mobilità condivisa, elettrica ed efficiente per garantire il diritto di muoversi senza inquinare, lo stop progressivo alla circolazione delle auto nei centri delle città, senza deroghe nè scappatoie, lo stop agli incentivi per la sostituzione dei mezzi più vecchi e inquinanti a favore di mezzi più nuovi ma ugualmente inquinanti. Perché stiamo parlando di incentivi che rischiano di far spendere molti soldi ai cittadini inutilmente, per comprare auto già obsolete o presto fuori legge.

Occorre inoltre ripensare lo spazio pubblico con corsie preferenziali per tpl, centri urbani secondo la vision zero, con l’estensione delle aree pedonali nei centri urbani e nei quartieri, percorsi ciclopepdonali e zone 30. Sul fronte del riscaldamento domestico, servono abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione del “Bonus 110%” che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito, e a metano nei prossimi anni.

Infine serve anche un cambiamento della filiera agro-zootecnica rafforzando ed estendendo temporalmente le misure invernali di limitazione o divieto di spandimento di liquami e digestati; istituendo l’obbligo di copertura delle relative vasche di stoccaggio; sostenendo, attraverso misure PSR, investimenti aziendali volti ad attuare operazioni di trattamento, sia delle emissioni di stalla sia dei liquami e letami, con processi che prevedano la produzione di biometano, la separazione solido-liquido, le macchine agricole per migliorare la modalità di applicazione al suolo di liquami e digestati.

 

Ogni anno nella Penisola, stando ai dati dell’EEA, sono oltre 50mila le morti premature dovute all’esposizione eccessiva ad inquinanti atmosferici come le polveri sottili (in particolare il Pm2,5), gli ossidi di azoto (in particolare l’NO2) e l’ozono troposferico (O3). Da un punto di vista economico, parliamo di diverse decine di miliardi all’anno (stimate tra i 47 e i 142 miliardi di euro/anno) tra spese sanitarie e giornate di lavoro perse. Infatti, le morti premature sono solo la punta dell’iceberg del problema sanitario connesso con l’inquinamento atmosferico.

“Nei prossimi mesi – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – l’OMS pubblicherà le nuove linee guida che suggeriranno valori ancora più stringenti di quelli attuali, a seguito degli approfondimenti scientifici internazionali avvenuti negli ultimi anni. Inoltre la Commissione europea, che sta ragionando sulla revisione della direttiva sulla qualità dell’aria, è intenzionata a far convergere i limiti normativi con quelli dell’OMS. Su questo aspetto da anni chiediamo questo tipo di convergenza dei limiti di legge con le raccomandazioni dell’OMS che, è bene ricordarlo, si riferiscono alla sola tutela della salute delle persone”.

 

Focus Roma e Milano – Infine il report Mal’aria 2021 raccoglie anche il focus dal titolo “Roma e Milano Clean Cities” in cui si fa il punto sulle concentrazioni medio annue di biossido di azoto nelle due città capoluogo di provincia. Nonostante i mesi di lockdown e la diffusione dello smart working, a Roma e Milano è stato superato quello che sarà il nuovo valore medio annuale suggerito dall’OMS per il biossido di azoto (NO2), ossia 20 microgrammi per metro cubo (μg/mc). In particolare a Roma lo scorso anno il valore medio annuo di NO2 è stato di 34 μg/m3, mentre a Milano di 39 μg/m3.

Legambiente ricorda, inoltre, che le auto sono la fonte principale di inquinamento in città e che le emissioni fuorilegge delle auto diesel continuano a causare un aumento della mortalità, come è emerso anche da un recente studio presentato lo scorso settembre da un consorzio italiano che comprende consulenti (Arianet, modellistica), medici ed epidemiologi (ISDE Italia, Medici per l’Ambiente) e Legambiente, nonché la piattaforma MobileReporter.

Lo studio in questione – che si inquadra nella più ampia iniziativa transfrontaliera sull’inquinamento del traffico urbano Clean Air For Health stima per la prima volta in assoluto la quota di inquinamento a Milano imputabile alle emissioni delle auto diesel che superano, nell’uso reale, i limiti fissati nelle prove di laboratorio alla commercializzazione. In particolare nel capoluogo lombardo sono proprio i veicoli diesel “Euro4” ed “Euro5” a provocare la maggior parte dell’inquinamento da NO2: circa il 30% nel corso del 2018. Per questo Legambiente chiede subito, come era stato previsto nell’accordo tra governo e regioni della pianura Padana, il blocco della circolazione dei diesel “Euro4” e della auto a benzina “Euro1” e al 2025 l’estensione del blocco totale annuale anche all’ “Euro5” diesel e così via.

 

Petizione e mobilitazione social – In occasione del dossier Mal’aria 2021, Legambiente lancia oggi anche una petizione on line – – in cui sintetizza le sue richieste per città più vivibili e pulite invitando i cittadini a firmarla. Alla raccolta firme, si affianca anche una mobilitazione social attraverso la quale l’associazione chiede oggi a tutte le persone di scattarsi un selfie in primo piano con una mascherina bianca, sulla quale scrivere il claim #noallosmog, davanti alla finestra aperta o in un luogo simbolo della vostra città (statua, piazza, ecc). E di pubblicare la foto sui propri profili e pagine social taggando @Legambiente e usando gli hashtags #malaria e #noallosmog.




Rifiuti, nasce l’ Autorità Rifiuti Piemonte

Con la firma davanti al notaio, è nata l’Autorità Rifiuti Piemonte, l’ente che esercita le funzioni di ambito regionale: la convenzione è stata siglata dai Consorzi di area vasta, da Comune di Torino, Città metropolitana di Torino e dalle Province piemontesi.

Il nuovo organismo rappresenta l’ultimo tassello mancante per la completa attuazione della riforma della governance del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani a livello territoriale, avviata con la legge regionale 1 del 2018.

Ha personalità giuridica di diritto pubblico, le sono attribuite l’organizzazione e il controllo diretto del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, assicurando il rispetto dei principi di efficienza, efficacia, economicità e sostenibilità e di separazione delle funzioni amministrative di organizzazione e di controllo da quelle di erogazione dei servizi.

Dal 1 gennaio 2024 la programmazione e l’avvio a trattamento e recupero dei rifiuti indifferenziati,  dei rifiuti organici e del rifiuto ingombrante – finora di competenza dei singoli consorzi – diventeranno di competenza e gestione dell’Autorità rifiuti Piemonte che a quella data sarà pienamente operativa.

La distribuzione delle quote di partecipazione dei diversi enti alla Conferenza d’ambito è basata su differenti parametri, tiene conto di popolazione, estensione territoriale, ma anche di produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani: è stata infatti valutata la performance di ogni consorzio rifiuti sulla riduzione nella produzione pro capite di rifiuti urbani indifferenziati e sulla percentuale di raccolta differenziata raggiunta.

Il 76% delle quote è suddiviso tra i consorzi di area vasta e la Città di Torino, il restante 24% tra la Città metropolitana di Torino (il 12.46%) e le altre Province piemontesi.




Qualità dell’aria: riprende il blocco per i diesel euro 5 a Torino

Dopo la sospensione nella giornata di  giovedi 9 gennaio a causa di uno sciopero del trasporto pubblico locale, entrano nuovamente in vigore le limitazioni al traffico previste dal Protocollo padano dopo gli oltre 10 giorni consecutivi di superamento dei valori limite per la qualità dell’aria.

Così a partire da venerdi 10 gennaio, viene confermato nei territori dei comuni di Torino, Beinasco, Borgaro Torinese, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Nichelino, Orbassano, Rivoli, San Mauro Torinese, Settimo Torinese, Venaria, il livello di allerta rosso che prevede il blocco per veicoli diesel fino alla categoria Euro 5 immatricolati prima del 01/01/2013 e benzina fino alla categoria Euro 1.

Viene applicato anche il divieto di utilizzo di generatori di calore domestici alimentati a biomassa legnosa (in presenza di impianto di riscaldamento alternativo) aventi prestazioni energetiche ed emissive che non siano in grado di rispettare i valori previsti per la classe 4 stelle; l’introduzione del limite di 19°C (con tolleranza di 2°C) per le temperature medie negli edifici; il divieto di ogni tipologia di combustione all’aperto (falò rituali, barbecue e fuochi d’artificio, scopo intrattenimento, etc…); infine il divieto di spandimento dei liquami zootecnici.

Il semaforo rosso rimarrà in vigore fino a lunedi 13 gennaio, giorno in cui sarà disponibile la prossima valutazione di Arpa Piemonte.

Nella tabella seguente si riporta lo schema dettagliato delle limitazioni veicolari.




In arrivo 1,7 milioni per la mobilità sostenibile, bonus a fondo perduto

Un milione e 700 mila euro, questa la cifra che la Giunta metterà a disposizione dei cittadini piemontesi per rottamare i veicoli inquinanti e acquistare mezzi ecosostenibili a basso impatto ambientale.

La bozza di delibera, rivolta ai privati cittadini e illustrata in seconda e quinta Commissione nel pomeriggio dall’assessore regionale all’Ambiente, si aggiunge alle due delibere approvate prima dell’estate dalla Giunta regionale  che stanziano 5.063.289 euro per incentivare la mobilità sostenibile nelle MPMI (micro piccole medie imprese) e 820.000 euro per gli Enti locali piemontesi.

Ad usufruire del contributo regionale saranno tutti i soggetti privati residenti in Piemonte o dipendenti di aziende con una unità locale operativa in Piemonte.

Secondo l’assessore all’Ambiente, in un periodo di ripensamento degli spostamenti anche da parte dei cittadini, reso più complesso dall’emergenza sanitaria, è importante che le politiche pubbliche adottino misure volte a stimolare gli stessi cittadini ad adottare modalità di mobilità più sostenibili e meno inquinanti. L’obiettivo di tale investimento è quello di velocizzare il rinnovo del parco veicoli piemontese ai fini di un miglioramento delle emissioni in atmosfera e della qualità dell’aria, anche nel rispetto del dell’Accordo di bacino padano del 9 giugno 2017 e del Piano regionale di Qualità dell’aria, approvato a marzo 2019.

I cittadini piemontesi potranno usufruire del bonus a fondo perduto per l’acquisto di veicoli  Benzina, a combustione interna, di categoria almeno EURO 6 Dtemp; oppure bifuel con doppia alimentazione a Benzina/CNG (benzina e metano) o Benzina/GPL (benzina e gas di petrolio liquefatto); GNL (Gas Naturale Liquefatto) esclusivo,  CNG (Gas Naturale Compresso)/Metano esclusivo,  GPL (Gas di Petrolio Liquefatto) esclusivo, per il trasporto persone (Elettrico puro,  Ibrido2 (benzina/elettrico o diesel/elettrico),  ciclomotori o motocicli; velocipedi (bicicletta, anche pieghevole, bicicletta, anche pieghevole, a pedalata assistita, bicicletta cargo, assimilabile a un velocipede, per trasporto persone/merci, anche a pedalata assistita) e per la rottamazione del proprio veicolo (senza ulteriore acquisto di altro veicolo). Ciascun soggetto beneficiario potrà presentare fino a 2 domande di contributo, corrispondenti a 2 veicoli acquistati a fronte di 2 veicoli rottamati. I mezzi acquistati dovranno rimanere di proprietà del soggetto beneficiario per almeno 3 anni dalla data di concessione del contributo.

Dal 1 gennaio partirà anche il Progetto MoVe-In  (MOnitoraggio dei VEicoli INquinanti), un progetto sperimentale che promuove modalità innovative per il controllo delle emissioni degli autoveicoli attraverso il monitoraggio delle percorrenze, che tiene conto dell’uso effettivo del veicolo e dello stile di guida adottato. Uno strumento, a detta dell’assessore all’Ambiente, che permetterà alla Regione Piemonte di avere un’analisi dei dati che oggi non si possiede.

Il progetto prevede che venga installata sul veicolo una scatola nera (black-box), che consente di rilevare le informazioni necessarie a tale scopo attraverso il collegamento satellitare ad un’infrastruttura tecnologica dedicata e abilitata a gestire le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti.

Le commissioni III e V in seduta congiunta, hanno invece proseguito l’esame degli emendamenti agli articoli  del disegno di legge 87, sull’assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico.




Giornata mondiale della Terra, Confagricoltura Alessandria: il nostro settore in prima linea per la salvaguardia del pianeta

Divenuta nel tempo un avvenimento educativo e informativo, la Giornata della Terra, che si celebra il 22 aprile, quest’anno ha come tema Restore Our Earth: “Ripristiniamo la nostra Terra” per sottolineare la necessità di preservare gli equilibri ambientali minacciati e di ripristinare la naturale bellezza di un ecosistema globale dal quale dipende tutta la vita sul pianeta.

Le imprese agricole e forestali hanno l’orgoglio di essere parte attiva e responsabile di questo percorso. Più del 65% della superficie italiana è affidata alla loro gestione: una superficie agricola utilizzata di circa 12,8 milioni di ettari (42% della superficie nazionale) e una superficie forestale di quasi 11 milioni di ettari (il 36% della superficie nazionale di cui il 65% gestito da imprese forestali). Quest’ultima peraltro in costante crescita: 514.480 ettari, +4,9% negli ultimi 10 anni.

“Il settore primario è consapevole del ruolo centrale che assume l’impresa agricola sana, vitale e produttiva, nella mitigazione del cambiamento climatico  attraverso le proprie produzioni, le proprie superfici ed i propri residui, è altrettanto consapevole del costo dell’adattamento al cambiamento climatico che renderà sempre meno disponibili risorse naturali fondamentali quali l’acqua e la terra, in uno scenario di incremento della temperatura che comporterà una maggiore aridità dei suoli, cambi colturali importanti, attacchi di patogeni sempre più diffusi, fenomeni meteorologici sempre più estremi” afferma il presidente di Confagricoltura Alessandria Luca Brondelli di Brondello.

In questo quadro, l’agricoltura ha molto chiaro il proprio impegno: da una parte, proseguire il percorso già sviluppato negli ultimi decenni sulla sostenibilità con il supporto delle innovazione tecnologiche (agricoltura di precisione, efficientamento dei processi produttivi, economia circolare) che ha già portato a ridurre l’utilizzo di fitofarmaci e di fertilizzanti di origine chimica (rispettivamente -21% e -52%, rispetto al 2008, fonte Istat), come anche di risorse naturali preziose come l’acqua.

Anche per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, il settore agricolo sta ottenendo ottimi risultati. Difatti, secondo l’ultimo rapporto ISPRA, dal 1990 al 2019 l’agricoltura ha ridotto le emissioni di ammoniaca di circa il 25%, quelle di gas serra (che costituiscono il 7% delle emissioni nazionali) del 17%, mentre quelle di PM10 del 30%.

“Sono dati incoraggianti – evidenzia Brondelli – che rivelano l’importanza di proseguire su questa strada, insieme a tutta la filiera ed al mondo scientifico”.

Dall’altra, l’agricoltura in questi anni si sta impegnando sul fronte delle tecnologie verdi, investendo sempre più nella bioeconomia con le energie rinnovabili, nella produzione di biomateriali e bioprodotti, migliorando le tecniche di gestione dei suoli, nella gestione forestale sostenibile – su cui proprio in questi giorni si sta affinando la strategia europea – nell’assorbimento di CO2, contribuendo concretamente alla prevenzione dal dissesto idrogeologico, alla tutela del paesaggio, al presidio delle aree rurali, e soprattutto a quelle interne, del nostro Paese.

“L’Agricoltura 4.0, a partire dalle più recenti innovazioni sul piano digitale e genetico, è il supporto concreto per rendere i sistemi agricoli sempre più sostenibili – sottolinea  Cristina Bagnasco, direttore di Confagricoltura Alessandria – E tale approccio da parte degli agricoltori, custodi dei territori, consolida la sostenibilità ambientale ed economica salvaguardando qualità e quantità delle produzioni e del cibo. La Giornata Mondiale della Terra è un’occasione importante per ricordarlo”.




Torino inclusa tra le “Tree cities of the world”

Oggi più che mai gli alberi e le foreste sono componenti vitali per comunità in salute e sostenibili, nel mondo intero.

Torino aiuta a trovare delle soluzioni alle sfide globali attraverso il proprio impegno per una gestione efficace della ‘foresta urbana’. Un grazie dunque ai nostri alberi, ai nostri cittadini, alla nostra amministrazione.”

È quanto ha dichiarato l’assessore all’Ambiente della Città di Torino, Alberto Unia, alla notizia che alla Città di Torino è stato consegnato l’importante riconoscimento di “Tree city of the world 2019”.

Nel messaggio di congratulazioni pervenuto dalla Arbor Day Foundation che insieme alla FAO – Food and Agricolture Organization, organismo delle Nazioni Unite ha istituito questo programma, si sottolinea che “i residenti a Torino possono essere orgogliosi di vivere in una città che fa della messa a dimora di alberi e della loro cura una priorità”.

Il programma “Tree Cities of the World” è un impegno internazionale a riconoscere le città che fanno ogni sforzo per assicurare che i loro alberi e foreste siano curate e gestite nel modo corretto.

Sono 60, di cui 23 negli Stati Uniti, le città nel mondo ad avere ottenuto questo significativo premio; Torino è una delle tre città italiane, insieme a Mantova – che nel novembre del 2018 ha ospitato il primo Congresso mondiale delle foreste urbane della FAO (World Forum on Urban Forests) – e a Milano. Per essere riconosciute, le città devono soddisfare cinque standard, che riguardano:

1) l’esistenza nella città di una struttura dedicata alla gestione degli alberi (“Definisci le responsabilità”)
2) la presenza di regole specifiche (“Individua le regole”)
3) l’esistenza di un censimento degli alberi (“Conosci il tuo patrimonio”)
4) la definizione nel bilancio di risorse dedicate (“Dedica delle risorse”)
5) l’organizzazione, annualmente, di eventi di promozione e consapevolezza in tema albero (“Celebra i risultati raggiunti”)




Siti nucleari, Allasia: “Grave non avere consultato le istituzioni regionali e gli enti locali”

L’ idea che l’area del carmagnolese possa diventare un sito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi  non può che destare grande preoccupazione.

E’ inaccettabile che su temi così importanti come quello delle scorie radioattive non ci sia stato nessun tipo di confronto con  gli organi regionali e locali.

Come presidente del Consiglio regionale mi attiverò affinché si faccia chiarezza e vengano messi in atto tutti quegli strumenti per la salvaguardia della salute dei cittadini e tutela dei nostri territori. La Sogin mi ha garantito che sia le istituzioni regionali che i sindaci delle aree interessate, verranno consultati e coinvolti prima di assumere qualsiasi decisione.




Qualità aria, Confagricoltura Piemonte: “Faremo la nostra parte”

La Regione Piemonte sta definendo le modifiche al Piano stralcio per la qualità dell’aria, che si inseriscono nel quadro dei provvedimenti per il controllo dell’inquinamento atmosferico da mettere in atto a partire dal 2023, riguardanti tutti i comparti produttivi e i trasporti.

“A marzo del 2019– spiega Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte – il Consiglio regionale ha approvato il Piano Regionale di Qualità dell’Aria (PRQA), che prevede un orizzonte temporale di rientro nei limiti emissivi al 2030, anno in cui si intende raggiungere, attraverso l’attuazione di misure mirate alla riduzione degli inquinanti, un valore di emissione di ammonica da parte dell’agricoltura pari a circa 32.000 tonnellate all’anno”.

In base ai dati tecnici dell’Inventario Regionale delle Emissioni in Atmosfera (IREA) – chiarisce Confagricoltura – la gestione dei reflui zootecnici emette circa 32.000 tonnellate annue di ammoniaca, mentre l’utilizzo di fertilizzanti circa 6.000 tonnellate annue. Per il raggiungimento degli obiettivi emissivi al 2030 la Regione ha individuato una serie di misure riferite al settore agricolo, che prevedono, tra l’altro, l’apporto di matrici organiche in sostituzione della concimazione minerale, l’adozione di tecniche agronomiche per la riduzione delle emissioni di ammoniaca in atmosfera,  la limitazione della combustione dei residui colturali del riso in campo.

“Il Piano – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte –  prevede misure temporanee e strutturali che impattano pesantemente sullo svolgimento delle attività agricole, condizionando le attività produttive e gravando di ulteriori costi le imprese”.

A livello tecnico Confagricoltura ha messo a punto una serie di osservazioni e suggerimenti affinché, rispettando l’impostazione e la sostanza del provvedimento, si possa definire una normativa che salvaguardi la tutela dell’ambiente senza mettere a repentaglio la possibilità di produrre e, di conseguenza, la sostenibilità economica dell’attività agricola.

Confagricoltura sottolinea come occorra innanzitutto effettuare una riflessione di fondo sullo stato attuale del comparto zootecnico piemontese, che sta attraversando un periodo di difficoltà per motivi economici (aumento dei costi per l’alimentazione degli animali e per l’energia), sanitari (rischio di diffusione della peste suina) e di mercato (contrazione dei prezzi e forte concorrenza dei prodotti esteri).

“La propensione agli investimenti e la fiducia nel futuro degli allevatori – sottolinea il responsabile dell’area ambiente di Confagricoltura Piemonte Marco Boggetti – sono piuttosto basse. Pur tenendo conto dei vincoli legislativi e normativi esistenti, imporre obblighi crescenti e onerosi dal punto di vista finanziario che richiedono la sostituzione in tempi ravvicinati, inferiori a qualsiasi periodo di ammortamento, di dispositivi e attrezzature per l’allevamento,  potrebbe causare la chiusura di numerose stalle, con un danno per l’economia piemontese nel suo complesso, o alimentare una certa propensione alla trascuratezza delle prescrizioni e degli impegni formali, che produrrebbero il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano e un danno per l’ambiente”.

Per Confagricoltura è perciò necessario favorire un percorso di adeguamento aderente alla realtà del comparto zootecnico e strettamente integrato tra l’introduzione di nuove tecniche, attrezzature e modifiche strutturali e le corrispondenti misure di sostegno e accompagnamento alle aziende.

“Siamo consapevoli dell’indifferibilità delle azioni da mettere in atto e disponibili come mondo agricolo a fornire il nostro contributo per il miglioramento della qualità dell’aria – conclude Enrico Allasia – e per questo invitiamo la Regione Piemonte a impegnarsi per contenere gli oneri e le limitazioni a carico dell’agricoltura, coordinando gli interventi con le altre regioni del bacino padano, anche al fine di omogeneizzare gli interventi da adottare”.