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In Confartigianato Imprese Cuneo costituita la nuova categoria dei birrai

La Granda, storicamente patria del buon vino, oggi è riconosciuta anche quale territorio fecondo per la produzione di birra artigianale. Infatti, proprio nel Cuneese ha preso il via questo particolare filone produttivo, che ha poi rapidamente invaso tutto il Paese.

L’effervescente “bionda” nelle sue varie tonalità di colore e gusto ha rapidamente affascinato i cultori del buon bere, offrendo ad imprenditori artigiani, appassionati del settore e desiderosi di mettersi in gioco, un’opportunità professionale stimolante e remunerativa.

Una categoria che in questi ultimi anni ha rimpolpato le sue fila e che oggi avverte più pressante la necessità di un confronto comune per l’avvio di azioni di tutela e di sviluppo. In quest’ottica e con questo obiettivo, Confartigianato Imprese Cuneo ha costituito recentemente al suo interno la nuova categoria dei birrai, che attualmente raggruppa una decina di micro-birrifici artigianali, orientata ad impostare iniziative di collaborazione intersettoriali per migliorare qualità, immagine e business. La prima riunione, durante la quale verranno impostate le linee guida del nuovo percorso associativo, è fissata per martedì 9 febbraio alle ore 15,00 in videoconferenza.

«I birrifici artigianali – spiega Roberto Lerda, rappresentante provinciale dei Birrai di Confartigianato Imprese Cuneo – stanno incontrando il favore dei consumatori perché nascono dalla passione di chi ama la birra e desidera produrla con materie prime ricercate, proponendo sapori nuovi, diversi da quelli industriali.

E in provincia di Cuneo questo fermento è in costante crescita. Attraverso la costituzione di un’apposita categoria si è voluto rimarcare non soltanto il valore artigiano delle nostre produzioni, ma anche l’avvio di un cammino del buon bere e del buon mangiare, che sappia comunicare la vitalità del nostro mondo e il suo impegno per uscire dall’impasse di questo difficile periodo».

«Nonostante la tradizione da noi sia più recente rispetto ad altri Paesi, – commenta Luca Crosetto, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo – la birra artigianale piace e viene scelta da sempre più consumatori per i suoi aspetti di freschezza, intensità e bevibilità. È un elemento che valorizza il territorio in quanto utilizza ingredienti per la maggior parte di origine locale. Inoltre, la produzione avviene con l’impiego di impianti professionali di piccole dimensioni, tali da garantire l’assoluta qualità del prodotto.

Un’eccellenza che come Confartigianato abbiamo scelto di inserire nel nostro nuovo anno tematico dedicato alle Passeggiate Gourmet. I panini “gourmet” che ristorano gli escursionisti nelle nostre vallate vengono proposti in abbinamento alle birre artigianali cuneesi, un mix di vecchi e nuovi sapori della Granda che mette in evidenza l’abilità e la creatività di tanti nostri birrai».




Confagricoltura: “Il Piemonte potrà valorizzare i vini di montagna di cui la nostra regione è ricca”

La viticoltura eroica potrà godere di specifiche risorse finanziarie per realizzare gli interventi conduzione del vigneto con pratiche tipiche del territorio, quali il consolidamento delle strutture con tecniche tradizionali (muretti a secco, ciglioni); l’utilizzo di vitigni autoctoni, la valorizzazione, promozione e pubblicità delle uve e dei vini riconducibili alla “viticoltura eroica o storica” anche attraverso l’uso di un marchio nazionale: lo prevede – chiarisce Confagricoltura – il Decreto n. 6899 del 30 giugno 2020 pubblicato sul sito del Ministero delle Politiche Agricole, relativo alla “salvaguardia dei vigneti storici ed eroici” in attuazione della Legge n. 238 del 2016, cosiddetto Testo Unico del Vino.

Ci auguriamo che il provvedimento possa presto trovare attuazione – dichiara il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaroe contribuire alla valorizzazione di un prezioso patrimonio produttivo, ambientale e culturale, quale per esempio quello dei sorì del Moscato e dei tanti vigneti delle vallate alpine e appenniniche piemontesi”.

Il Piemonte – come evidenzia Confagricoltura – è ricco di questi vigneti, coltivati con enormi sacrifici in aree soggette a rischio di dissesto idrogeologico e di particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale.

La superficie complessiva di questi vigneti è superiore a 3.300 ettari (su un totale di superficie vitata regionale di circa 44.000 ettari), in grado di offrire una produzione annua di oltre 25 milioni di bottiglie di vini prevalentemente a denominazione d’origine controllata e controllata e garantita. I vigneti eroici, per esempio, sono diffusi tra le denominazioni Moscato d’Asti, Dolcetto d’Ovada, Pinerolese, Valsusa, Caluso, Carema, Canavese, Alta Langa, Colline Saluzzesi.

Il decreto – spiega Confagricoltura – individua i vigneti eroici in base al possesso di almeno un requisito fra: pendenza del terreno superiore a 30%; altitudine media superiore ai 500 metri sul livello del mare ad esclusione dei vigneti situati su altopiano; sistemazioni degli impianti viticoli su terrazze e gradoni.

Sono inoltre tutelati i vigneti storici, la cui presenza è segnalata in una determinata superficie/particella in data antecedente al 1960 e la cui coltivazione è caratterizzata dall’impiego di pratiche e tecniche tradizionali legati ad ambienti fisici e climatici locali che mostrano forti legami con i sistemi sociali ed economici, coltivati con l’utilizzo di forme di allevamento storiche legate al luogo di produzione o presenza di sistemazioni idrauliche-agrarie storiche o di particolare pregio paesaggistico.

 

 




Confagricoltura Piemonte: mercato del vino, bisogna intervenire prima che sia emergenza

Il mercato vitivinicolo, già duramente danneggiato dal lockdown primaverile, è nuovamente messo a dura prova.

Qualora si dovesse arrivare a nuove chiusure, ma anche solo col mantenimento dell’attuale blocco della ristorazione nelle ore serali e con i contingenti già in atto, si andrà inevitabilmente incontro a un drastico calo della domanda da parte di tutto il canale Horeca, con danni pesantissimi”.

 

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte esprime la preoccupazione dei viticoltori per il periodo che si prospetta. “Le feste natalizie e di fine anno – continua Allasia – rappresentano tradizionalmente un’occasione di significativo consumo dei vini di qualità: pranzi e cene in compagnia sono l’occasione per bere, con moderazione, vini importanti che non si consumano tutti i giorni”.

Le chiusure del mercato tedesco – sottolinea Confagricoltura Piemonte – preoccupano fortemente i viticoltori, in quanto la Germania è uno dei nostri più importanti mercati di esportazione, soprattutto per l’Asti spumante e il Moscato d’Asti.

L’aiuto che dovrebbe arrivare dal governo con le misure di attuazione del Decreto Rilancio, rappresentano per Confagricoltura “una goccia nel mare”.

Il decreto sullo stoccaggio privato dei vini di qualità, così come prospettato dal Ministero delle Politiche agricole, che andrà all’esame della Conferenza Stato Regioni giovedì 5 novembre non contribuirà sicuramente a risolvere il problema.

La dotazione finanziaria del provvedimento, seppur significativa, è totalmente insufficiente per il raggiungimento dello scopo. Secondo il direttore di Confagricoltura Piemonte Ercole Zuccaro il quantitativo di vino che potrà essere oggetto di uno stoccaggio privato a sei mesi non raggiungerà i 900.000 ettolitri, a fronte di una produzione nazionale che supera i 46 milioni di ettolitri.

In questo modo si potrà togliere temporaneamente dal mercato meno del 2% della produzione nazionale: per il Piemonte vorrebbe dire poter stoccare a sei mesi meno di 50.000 ettolitri di vino su una produzione totale di oltre 2,6 milioni di ettolitri.

Per attuare un intervento che abbia un impatto positivo occorrerebbero almeno 100 milioni di euro – dichiara Luca Brondelli di Brondello, componente della giunta nazionale di Confagricolturaaltrimenti si rischia di impegnare risorse comunque importanti senza ottenere nessun risultato tangibile. Ci auguriamo che il governo comprenda la situazione e trovi le risorse aggiuntive per dare significato alla misura“.

Confagricoltura Piemonte, che ha illustrato la propria posizione all’assessore regionale all’agricoltura Marco Protopapa in vista della Conferenza Stato Regioni di giovedì prossimo, chiede inoltre che si apra un confronto tra la filiera e le istituzioni per programmare, già all’inizio del prossimo anno, una politica di contenimento dell’offerta, se necessario anche attivando una nuova distillazione delle produzioni, per consentire di gestire in modo adeguato un equilibrio commerciale molto precario.




Uno studio rivela: chi mangia mele diventa intelligente

Uno studio dei ricercatori Tara Louise Walker dell’Università del Queensland e Gerd Kempermann, del Centro tedesco per le malattie neurodegenerative “Apple Peel and Flesh Contain Pro-neurogenic Compounds” ha messo in evidenza che le alte concentrazioni di fitonutrienti nelle mele favoriscono la produzione di nuove cellule cerebrali, in base al processo della “neurogenesi“.

La notizia è confortante per i frutticoltori, in particolare per quelli della nostra regione, come spiega Confagricoltura in una nota. In Piemonte – chiarisce Confagricoltura – si coltivano complessivamente 6.633 ettari di meleti, per una produzione annua di circa 2 milioni di quintali di frutta. La provincia che conduce la maggior superficie a meleto è Cuneo, con 5.133 ettari, seguita da Torino con 658. Nel corso degli ultimi 10 anni la superficie è aumentata di circa 1.500 ettari (+30%).

La ricerca condotta in laboratorio dagli studiosi ha rilevato come le cellule staminali cerebrali di topo coltivate, a cui sono stati aggiunti quercetina o acido diidrossibebzoico (DHBA), fitonutrienti presenti nelle mele (e, in minor misura, anche in altra frutta) producono più neuroni rispetto ai roditori non trattati con questa sostanza.

Ulteriori test hanno evidenziato che nelle parti del cervello adulto dei topi associate all’apprendimento e alla memoria le cellule staminali hanno generato più neuroni quando sono state trattate con alte dosi di quercetina. Di qui la conclusione, che dovrà essere  ancora verificata diffusamente, che i fitonutrienti delle mele favoriscono l’apprendimento.

 




Confagricoltura Piemonte: “Governo e Parlamento non trascurino la frutticoltura!”

Pur apprezzando l’annunciato intervento del Governo relativo all’esonero contributivo per i primi 6 mesi del 2020 per le filiere agroalimentari, esprimiamo profonda insoddisfazione per l’esclusione del comparto frutticolo, l’unico che non rientra nel regime degli sgravi contributivi e fiscali concessi a seguito del lockdown”.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, interviene sull’esonero dei versamenti previdenziali agricoli in scadenza domani (16 settembre), evidenziando come “un comparto di fondamentale importanza sotto il profilo economico e occupazionale sia stato trascurato, nonostante abbia contribuito a fornire un contributo essenziale alla nostra società nelle difficoltà della pandemia. Un comparto che in Piemonte – sottolinea il presidente regionale di Confagricoltura – coinvolge 8.000 aziende frutticole per una superficie coltivata di circa 18.500 ettari e che genera un fatturato di oltre 500 milioni di euro su un totale nazionale di 4 miliardi”.

Le imprese frutticole piemontesi – spiega Confagricoltura – si concentrano prevalentemente nel Cuneese (60%), seguite dal Torinese col 25% e dal Vercellese con il 10%.

Chiediamo al Governo e ai parlamentari del territorio – dichiara Enrico Allasia – di intervenire per riconsiderare il provvedimento che come Confagricoltura andiamo sostenendo da tempo, per dare risposte concrete ai frutticoltori che tra emergenze climatiche, insetti alieni e problemi connessi alla pandemia faticano a raggiungere un reddito soddisfacente: lo chiediamo per i produttori e per la filiera, perché è a rischio la sopravvivenza di un comparto strategico per la produzione di qualità piemontese e nazionale”.

 




Anche il consiglio regionale favorevole all’istituzione del distretto del cibo del Chierese-Carmagnolese

Dopo il Consiglio metropolitano, anche il Consiglio Regionale ha approvato una mozione per l’istituzione del Distretto del Cibo dell’area omogenea Chierese-Carmagnolese, la cui funzione sarà quella di valorizzare le produzioni agricole e agroalimentari e il paesaggio dei 22 Comuni di una delle 11 Zone omogenee in cui è suddiviso il territorio metropolitano.

Peperone e Salame di Giora di Carmagnola, Tinca gobba dorata del Pianalto di Poirino, Asparago di Santena, Ciliegie di Pecetto, Cipolla Piatlina bionda di Andezeno, Freisa di Chieri: sono solo alcune delle eccellenze agroalimentari e vitivinicole della Zona omogenea 11 che potranno essere valorizzate dal Distretto.

Come ricordano il Vicesindaco metropolitano e il Consigliere delegato allo sviluppo economico, nel novembre scorso il Consiglio metropolitano aveva approvato all’unanimità una mozione in cui si sollecitava la Regione Piemonte ad emanare il Regolamento che, in attuazione della Legge regionale 1 del 2019, consentirà di istituire il nuovo Distretto del Cibo. Il Consiglio Regionale si è quindi associato alla proposta, dando più forza al progetto.

I Distretti del Cibo sono intesi dal legislatore regionale come uno strumento per coniugare le attività economiche con la cultura, la storia, la tradizione e l’offerta turistica locale.

La mozione approvata dal Consiglio metropolitano faceva riferimento in particolare alla possibilità per tale territorio di accedere alle risorse del Piano di Sviluppo Rurale regionale 2021-2027 per sostenere l’avvio del Distretto.

Il Vicesindaco metropolitano sottolinea che l’emanazione del Regolamento, quando avverrà, sarà una vittoria dell’intero Consiglio ed è un passo fondamentale per la funzione della Città metropolitana, a sostegno di un progetto che deriva da un’attività politica trasversale.




L’assessore all’agricoltura Protopapa: “La Regione sostiene i Distretti del cibo”

Grazie a un emendamento approvato nella seduta di ieri dal Consiglio regionale, la Regione Piemonte potrà contribuire alle spese di costituzione e avviamento dei Distretti del cibo.

Lo ha sottolineato l’assessore all’Agricoltura Marco Protopapa rispondendo questo pomeriggio in Aula all’interrogazione a risposta immediata della consigliera Sarah Disabato (M5s) in merito alle azioni di sostegno alla filiera del food e, in particolare, dei Distretti del cibo del settore ortofrutticolo, per scongiurare possibili ripercussioni a livello metropolitano e regionale.

Disabato, prendendo spunto dalle recenti decisioni del titolare del gruppo T18 Piemonte di chiudere l’azienda, leader nella produzione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli di qualità, ha domandato “quali azioni intenda intraprendere la Giunta regionale per sostenere e incentivare nuove modalità di commercio per il reparto ortofrutticolo, favorendone la crescita, la riorganizzazione e l’aggregazione con altre aziende”.

Protopapa ha ricordato che l’individuazione e il riconoscimento dei Distretti del cibo sono previsti dalla legge regionale 1/2019 e che il presidente della Giunta ha approvato con un decreto del 2020 le procedure per la loro costituzione.

“A oggi – ha aggiunto – è stata inoltrata agli uffici regionali la domanda di riconoscimento da parte del Distretto del cibo Chierese-Carmagnolese, che aggrega 25 Comuni della cintura di Torino e l’istruttoria è in fase avanzata. Altri territori, Casalese e Cavourese in particolare, hanno manifestato interesse e hanno avviato incontri informativi con l’assessorato”.

Il sostegno alla filiera ortofrutticola, ha concluso, “è comunque assicurato, in particolare per quanto riguarda la riorganizzazione e l’aggregazione, da un intervento specifico dell’Organizzazione comune dei mercati (Ocm) dei prodotti agricoli. In particolare, è previsto un contributo del 5% del fatturato per le aziende che si aggregano in Organizzazioni dei produttori (Op)”.

Nel corso della seduta l’assessore alla Cultura Vittoria Poggio ha risposto a nome dell’assessore Luigi Icardi alle interrogazioni di Davide Nicco (Fdi) sul nuovo primario di Carmagnola e Moncalieri (To) e di Monica Canalis (Pd) sul tracciamento dei contagi. Ha anche risposto a nome dell’assessore al Welfare Chiara Caucino all’interrogazione di Silvio Magliano (Moderati) sul rischio di chiusura dell’Ufficio pubblica tutela di Ivrea (To) e a nome dell’assessore all’Ambiente Matteo Marnati alle interrogazioni di Domenico Rossi (Pd) sull’adozione di un Piano regionale per la bioeconomia e l’economia circolare e di Marco Grimaldi (Luv) sull’iter per l’individuazione del sito unico nazionale per lo stoccaggio delle scorie nucleari. L’assessore Marco Gabusi – infine – ha risposto alle interrogazioni di Alberto Avetta (Pd) sull’orario invernale della tratta Aosta-Ivrea-Torino e di Ivano Martinetti (M5s) sugli interventi alla linea ferroviaria Cuneo-Limone.




Genovesio (CNA Agroalimentare Piemonte): “Pronti a trovare soluzioni sul take away”

Mi si spieghi che differenza c’è tra fare la fila per comprare le sigarette dal tabaccaio e fare la fila per comprare una torta, un piatto di gastronomia o un gelato da un artigiano?”. In questi mesi le imprese del settore agroalimentare hanno accettato tutti i provvedimenti di limitazione, ma adesso la misura è colma.

 

È Giovanni Genovesio, presidente regionale di CNA Agroalimentare e portavoce Horeca, a dar voce al malcontento dovuto ai provvedimenti contenuti nel DPCM con le prescrizioni per la Fase 2 e alle possibili restrizioni al take away imposte, invece, dalla Regione Piemonte.

 

Mentre il Governo inserisce questo settore tra le ultime categorie in ordine di tempo a poter riaprire, la giunta regionale guidata da Alberto Cirio, ha già annunciato politiche più restrittive proprio nei confronti distribuzione del cibo da asporto.

 

“Come mai vanno benissimo le code chilometriche davanti ai supermercati, nei quali si è continuato a vendere, pasticcerie, gastronomia fresca liberamente, e tre persone non possono stare davanti a un ristorante per prendersi il pranzo da portare in ufficio o la cena da portare a casa?”, si chiede provocatoriamente Genovesio.

 

“C’è un protocollo sottoscritto tra le parti sociali, si applichi il protocollo e si conceda di riaprire per l’asporto. Siamo disponibili a confrontarci con la Regione, troviamo una soluzione , ma le imprese non hanno più tempo”, ha concluso Genovesio.

 




CNA Agroalimentare Piemonte: “Spengono il Natale e affossano un settore già in ginocchio”

Con il via libera al lockdown da “zona rossa” tra Natale e la fine delle Feste il settore agroalimentare certifica la sua tragedia. Per il comparto lo stop equivale ad almeno due mesi di chiusura ulteriore. Rischia una secca frenata quel periodo di forti ricavi che ogni anno cubava tra il 600% e il 1000% per gastronomie, cioccolatieri e pasticcerie rispetto gli incassi medi dell’anno. Tutto azzerato.

 

Così le perdite dall’inizio dell’anno superano abbondantemente l’70% sul 2019. I ristoranti le cifre sono simili. Con lo stop a pranzi e cene al 25 dicembre e il 6 gennaio si vanifica quel volume d’affari che in un periodo normale avrebbe occupato il 20% dell’intero bilancio dell’anno. Per 2020 il settore si ferma a una perdita del 75% rispetto allo scorso anno che aumenta per coloro che si sono visti azzerare anche l’attività di catering.

 

“Non si può pensare che siano bastate 8 ore di apertura di domenica scorsa per far cambiare completamente rotta. Cosa si immaginava che potesse capitare in una domenica a due settimane dal Natale? La conseguenza è il danno economico che ormai impattano fortemente sulle prospettive di lavoro di tutta la filiera alimentare. Chiediamo ristori reali per tutti sulla base del calo di fatturato dell’anno 2020 sul 2019, a prescindere dal codice Ateco. Ma soprattutto è vitale costruire una prospettiva per le imprese. Programmare azioni di lungo termine che diano respiro”, afferma Giovanni Genovesio, presidente regionale di CNA Agroalimentare.

 

CNA Piemonte sottolinea quanto già ribadito a livello nazionale. Dato che allo stato attuale previsioni di miglioramento sono ipotizzabili a partire da marzo/aprile, qualunque sia la decisione che il Governo intenderà di intraprendere è necessario un intervento strutturale forte. Servono per CNA l’abbattimento del costo del lavoro, l’esenzione delle tasse per tutto il 2021 e l’istituzione della transazione fiscale affinché con l’agenzia delle entrate e l’amministrazione pubblica in genere, si possa concordare una dilazione di pagamento a favore delle imprese. Inoltre, è opportuno istituire un fondo perduto a favore delle attività di ristorazione e delle attività di filiera diretta, dalla produzione primaria alle industrie alimentari e delle bevande, e delle attività di filiera indiretta come le tintorie, i fotografi e gli operatori dello spettacolo. CNA chiede infine l’esenzione delle imposte locali, comunali e regionali, e l’ampliamento del plafond di credito dei 30.000 euro, su richiesta, garantito dallo Stato, allungando il periodo di estinzione del debito, così come l’estensione anche a tutto il 2021 della moratoria sul pagamento di mutui e finanziamenti. Sul fronte del sostegno degli affitti, sono necessari provvedimenti ad hoc in aggiunta al credito d’imposta attuale.

Alessandro CAPPAI

Uff. stampa CNA Piemonte

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Carrello della spesa più caro. Confagricoltura Alessandria: i prezzi all’origine sono però ancora in calo

Aumentano i prezzi dei prodotti alimentari al consumatore, ma diminuiscono quelli pagati agli agricoltori: la forbice incide pesantemente sulle tasche degli italiani e sul settore primario”.

Il presidente di Confagricoltura Alessandria, Luca Brondelli, riprende l’analisi degli uffici confederali sui dati diffusi dall’Istat e sottolinea come negli ultimi mesi i prezzi nelle campagne siano stati sempre più compressi, mentre le filiere alimentari abbiano aumentato quelli al consumatore rispetto allo scorso anno, con un incremento continuo delle quotazioni che è rallentato soltanto negli ultimi due mesi, mantenendo comunque l’andamento in crescita.

Il costo del carrello della spesa è aumentato del 2,8% a maggio 2020 in confronto allo stesso mese del 2019, e del 2,7% a giugno 2020, ma i prezzi all’origine sono diminuiti rispettivamente del 3,5% e dell’1,7% nello stesso periodo.

Confagricoltura ha inoltre preso in considerazione il solo 2020, da gennaio ad oggi: dall’analisi emerge che i prezzi all’origine dei prodotti agricoli hanno registrato, mese dopo mese, una riduzione continua. E questo mentre da gennaio a maggio (ultimo mese con dati disponibili) i valori dei prodotti alimentari al consumo hanno avuto aumenti in successione.

“Il fenomeno deve far riflettere – avverte Brondelli ribadendo i concetti già espressi dal presidente nazionale Giansanti – questo andamento divergente fra prezzi alla produzione e prezzi al consumo denota un’evidente problema organizzativo e distributivo nella filiera agroalimentare che penalizza fortemente, oltre ai consumatori finali, le imprese agricole in termini di redditività, creando squilibri di assoluto rilievo”.

Altrettanto preoccupanti sono poi alcune promozioni di questi giorni, proposte da grande distribuzione-discount, che mettono in commercio frutta italiana a un centesimo al chilogrammo, procurando un danno economico e soprattutto di immagine al comparto agricolo che è uno dei fiori all’occhiello del Made in Italy a tavola. Svendere sottocosto i prodotti agricoli rappresenta un paradosso inaccettabile che vanifica le azioni di promozione della qualità che il mondo agricolo propone costantemente.

“Il settore primario italiano assicura alta qualità e sicurezza alimentare – commenta il presidente di Confagricoltura Alessandria – E’ indispensabile trovare l’equilibrio che riconosca il lavoro degli agricoltori, remunerandoli, e garantisca il giusto prezzo ai consumatori che scelgono la qualità italiana”.